Carola story

I sogni mediterranei di una giovane crucca

Mentre viaggiava con la sua imbarcazione  sulle coste della Libia, alla ricerca di gommoni carichi di immigrati da trasferire in Italia, Carola Rackete, detta “la capitana”, era ossessionata da una visione. Quella della Sicilia e soprattutto quella dell’isola di Lampedusa.

Quando era ancora bambina il nonno, acceso ammiratore di Rommel, che per mesi era stato al comando di una batteria tedesca dislocata sulle alture adiacenti ad Agrigento, con il compito di opporsi e se possibile contrastare lo sbarco in Sicilia delle forze anglo americane, le aveva parlato a lungo degli abitanti dell’isola italiana.

Era stato colpito dalle donne sicule, dotate di pelle ambrata, di occhi neri, espressivi ed ammiccanti, da lineamenti pronunciati. Molte di loro esibivano tette che si potevano intravedere in vistose scollature.

Erano donne ben diverse da quelle pallide ed emaciate  che si potevano incontrare in quei tempi di guerra nelle strade del terzo Reich.

Ma quello che più aveva sorpreso la scialba Carola, e ne aveva suscitato qualche sospetto,   era stato l’ entusiasmo che il nonno artigliere le aveva manifestato per gli uomini siciliani, e per i loro caratteri, ben diversi da quelli proposti per il prototipo ariano, allora in vigore in Germania.

Statura più bassa, colorito scuro, lineamenti marcati, capigliature corvine, abbondanti e ben pettinate. Evidenti le tracce della secolare dominazione araba.

Carola, che era rimasta affascinata dai racconti del nonno, non vedeva l’ora di incontrarne qualcuno e, raccolti in mare un soddisfacente numero di profughi, aveva puntato decisamente con la sua Sea Watch verso Lampedusa.

Dopo avere dichiarato di ritenere quello di Lampedusa l’unico porto sicuro, e’ stata fermata sui confini marittimi dell’Italia.

Dopo pochi giorni di stallo, memore delle storiche azioni dei reparti corazzati del Reich, che, in guerra, violavano senza remore i confini di stato, e spinta anche dal desiderio di conoscere quegli uomini che tanto avevano affascinato nonno Rackete, la Carola ha deciso di rompere gli indugi ed ha spinto con violenza la sua imbarcazione sul molo di Lampedusa, speronando un battello della finanza.

Conscia dell’appoggio e della approvazione delle organizzazioni clericali e cattocomuniste del nostro paese, che la avevano applaudita in nome del buonismo e dell’accoglienza indiscriminata, dovette prepararsi all’incontro con i magistrati agrigentini che l’avevano convocata.

Si è emozionata. Finalmente poteva incontrare di persona quegli uomini dagli occhi neri che nella sua mente evocavano film come quelli su Lawrence d’Arabia e sulll’ambiente di Casablanca.

Un magistrato in particolare, di cui aveva visto un ritratto fotografico, l’aveva colpita. Un volto duro, uno sguardo volitivo come quello degli eroi del far west. Ed uno di essi portava una folta chioma a pagoda che ricopriva anche tutta la regione frontale.

Carola Rackete si è guardata allo specchio. Come poteva far colpo su simili individui? Non certo con il suo volto da vera crucca, un ovale insignificante, scialbo, senza rilievi, sormontato da un fascio di capelli, in parte aggrovigliati, in parte disposti in trecce irregolari all’uso africano. Non aveva seni da esibire perchè le sue tette non superavano in volume quelle della sedicenne svedese Greta Thurnberg.

Poteva contare solo su dei capezzoli grossi e voluminosi e, dopo qualche incertezza ha deciso di puntare su quelli, adottando una camicetta trasparente.

Sapeva di esporsi alle critiche di mezzo mondo, che puntualmente le piovvero addosso, ma le cose nella procura di Agrigento andarono per il verso giusto.

Le fu addebitato qualche reato, ma i magistrati democratici di quella procura, gli stessi che avevano messo sotto accusa il ministro degli interni dell’Italia, per sequestro di persona, la lasciarono libera di circolare in Europa e di fare conferenze nel corso delle quali veniva applaudita dai suoi UBER ALLES e dai cervelli surgelati dei paesi del nord Europa.

Tutti grati perché la crucca aveva certificato al mondo, che i confini marittimi dell’Italia potevano essere violati liberamente e che gli unici porti sicuri nel mediterraneo erano quelli della Sicilia.  

(immagine The Guardian)

 

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Articolo pubblicato il 15/10/2019