Torino - La sindrome di marzo

La gente si ignora di proposito o no?

Oggi, secondo giorno di primavera a quanto dice l'equinozio, mi rifaccio ad un successo musicale della Premiata Forneria Marconi, gruppo famoso degli anni 70, per raccontare ciò che percepisce una persona qualunque, a spasso con il cane nei “minuti d’aria”.

Il successo di “Impressioni di settembre” tale era il titolo della composizione, si traduce nella trasposizione attuale che desta più di una perplessità.

Premesso che è indispensabile per la sopravvivenza attenersi alle "disposizioni governative", ciò che preoccupa maggiormente la persona qualunque è l’improvviso distacco dei rapporti fra i pochi, non sempre purtroppo, che si incrociano per strada e si sottraggono, con o senza mascherina, a quel semplice gesto di umanità che è un saluto, un sorriso o un semplice cenno della mano.

E pensare che la terapia migliore per superare i momenti più brutti della vita è la semplicità nel rapporto interpersonale che, in questo particolare momento, deve pur rispettare le rigide regole che evitano ogni possibile forma di contagio, ma non deve inaridire i sentimenti naturali che taluni hanno deciso di sacrificare sull’altare della paura.

E così si incontra, anzi non si incontra, gente che cambia direzione appena si accorge che sei sulla loro traiettoria per evitare un chissà quale pericolo visto che è sufficiente rispettare le distanze raccomandate.

Ed ancora, succede anche con le persone che si conoscono e che evitano, forse di proposito, l’opportunità di donare una sensazione di speranza.

Una sorta di sindrome da Coronavirus, per non dire cinese come fu immortalata nella famosa pellicola del 1979 che narrava di un incidente in una centrale nucleare. Un’agghiacciante ipotesi, peraltro mai dimostrata, che descrive come fosse inarrestabile la fusione del nocciolo del reattore con effetti devastanti come la perforazione della crosta terrestre e tutto ciò che ne deriverebbe.

E così la persona qualunque si sente ancor di più tale mentre sono questi i momenti in cui la semplicità del gesto dona assai più degli improvvisati concerti musicali sui balconi, a determinate ore, mentre c’è chi non ha potuto nemmeno abbracciare i propri cari nel momento più triste.

Ed allora riprendiamo quegli atteggiamenti che scacciano la solitudine e l’angoscia per un male che c’è, ma si può combattere e vincere.

Un cenno ed un sorriso sono la cura migliore per evitare che il male abbia il sopravvento sulla mente ancor prima che, nella peggiore ipotesi, sul corpo.  

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Articolo pubblicato il 21/03/2020