Enrico Reffo e la sua Scuola di pittura

«Valsesiano come Gaudenzio Ferrari, Enrico Reffo continua la tradizione sacra piemontese nella Torino dei santi sociali …» (Prima Parte)

Enrico Reffo nasce a Torino il 31 luglio 1831 nella modesta famiglia di Pietro Reffo, originario di Cravagliana in Valsesia, che abita con la moglie Carolina in un modesto alloggio nel cuore della capitale. Ha due fratelli, Eugenio ed Ermanno, e due sorelle, Ildegarde e Adila.

inizia gli studi presso il Collegio del Carmine di Torino poi viene avviato dal padre al mestiere di orafo presso una bottega torinese e soltanto dal 1853, all’età di 22 anni, può cominciare a frequentare i corsi serali dell’Accademia Albertina di Torino. Qui segue le lezioni di vari maestri, Alessandro Antonelli, Michele Cusa, Enrico Gamba e Gaetano Ferri che lo orienta verso una pittura ispirata a valori morali e educativi, sostenuta da un continuo impegno di studio.

Nel 1857 esordisce alla Promotrice, con una miniatura che rappresenta l’Addolorata, e fino al 1866 vi espone, nelle mostre annuali, ritratti e scene di genere (“Un rinfresco” è esposto nel 1863) oltre a soggetti sacri. Sono degli anni ‘60 i suoi pochi ritratti di parenti e amici e alcuni soggetti profani.

Nel 1866 comincia a svolgere, presso il Collegio degli Artigianelli diretto da Leonardo Murialdo, l’insegnamento del disegno lineare e dell’ornato. Partecipa così al programma educativo di Murialdo: la sua attività didattica si inserisce fra gli obiettivi della formazione religiosa e professionale dei giovani operai che il Collegio si propone di realizzare.

Compie brevi viaggi di istruzione a Roma, a Firenze, a Bologna, a Venezia e a Padova. A Torino vive molto modestamente, appartato da ogni manifestazione artistica pubblica e lavora nello studio messo a sua disposizione dalla Direzione del Collegio degli Artigianelli, dove dirige una scuola di pittura e scultura di arte sacra. Tra i suoi non numerosi allievi si ricordano Federico Siffredi, Giovanni Massoglia, Anacleto Barbieri e Luigi Guglielmino che gli succederà nella direzione. Reffo è molto esigente con i suoi allievi, ha fatto suo l’insegnamento di Michelangelo “disegno, disegno, disegno…” così, prima che mettano mano ai pennelli, impone loro di esercitarsi per parecchi anni e per molte ore ogni giorno.

Reffo con i suoi allievi si dedica alla decorazione di numerose chiese torinesi e della provincia. Gli elenchi delle sue opere sono sempre approssimati per difetto, abbiamo cercato di sintetizzarli in una tabella con particolare riguardo alle opere torinesi, anche come invito ad andarle a vedere in loco.

Si racconta che la sua scelta artistica derivi da un voto fatto a 25 anni quando, gravemente ammalato e in pericolo di vita, avrebbe promesso che dopo la guarigione si sarebbe consacrato alla pittura sacra. Anche se da giovane Reffo è di salute precaria, questa idea appare piuttosto riduttiva. Pare sottovalutare l’influsso della famiglia e, soprattutto, il suo forte legame col fratello Eugenio, braccio destro di Don Murialdo, col quale collabora anche in altre iniziative come il teatro per i giovani, come si dirà più avanti.

Enrico Reffo è un pittore di arte sacra che dimostra la sua adesione profonda e sincera ai valori cristiani. Tecnicamente molto competente, è nel contempo profondamente coinvolto dai concetti formativi e divulgativi di questa corrente artistica.

Gli esperti dicono di lui: «Valsesiano come Gaudenzio Ferrari, Enrico Reffo continua la tradizione sacra piemontese nella Torino dei santi sociali, Don Bosco e Leonardo Murialdo soprattutto, promotori del decoro e dell’abbellimento neomedievale di numerosi edifici di culto» (Silvia Cestari, 2011); «La sua arte, personale, religiosamente sentita, è contrassegnata da sicurezza disegnativa e da forza coloristica. Vi si ravvisa una discendenza spirituale dai Fiorentini, dai Senesi e dagli Umbri primitivi» (A.M. Comanducci); «La pittura parietale “tecnica dell’arte cristiana per eccellenza” diventa per Reffo una sorta di diario esistenziale, redatto in modo appartato, in adesione sincera e profonda ai valori morali - tale da valergli l’appellativo di “Beato Angelico torinese” …» (Silvia Cestari, 2011).

Nella sua attività, Reffo impiega un procedimento da artigiano con l’impiego successivo di cartoni e bozzetti, dove figure nude vengono drappeggiate di panni, santi mutano emblemi e personalità e angeli si riaggregano in nuove composizioni.

Isolato dal mondo artistico del suo tempo, ottiene i primi riconoscimenti solo nel 1912, con la nomina a professore onorario presso l’Accademia Albertina.

Muore a Torino, il 16 luglio 1917.

La Stampa, nella cronaca del funerale che si svolge il giorno seguente, parla di Reffo come uno dei più noti maestri italiani nell’arte della pittura religiosa, morto in età avanzata dopo una vita che ha conosciuto i conforti dell’Arte e della Fede, circondato dalla venerazione degli allievi. Il funerale imponente, con una folla di artisti, autorità, rappresentanti di Associazioni con bandiera, attesta l’alta stima da cui era circondato in vita. Secondo l’uso dell’epoca, quattro cordoni sono posti ai lati del carro funebre e ciascuna estremità non è tenuta da parenti come avviene di solito ma dallo scultore Rubino, in rappresentanza del sindaco, dall’avvocato Anselmi, per il Collegio degli Artigianelli, dal pittore Calderini e dal professor Borgogno, rappresentante degli antichi allievi. Al Cimitero monumentale sono tenuti discorsi di lode dell’illustre estinto (La Stampa, 18 luglio 1917).

Fine della Prima Parte - Continua

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 14/05/2020