La più grande vergogna di Torino: palazzo Nervi, offesa memoria di Italia '61
Palazzo del Lavoro nel 1961, in trasparenza le magnifiche colonne; la monorotaia

Terzo capitolo vergato su queste pagine e dedicato ai resti deturpati dell’Expo 61.

Era il 1961 e Torino, città simbolo del boom economico, rendeva onore al primo centenario dell'Unità d'Italia ospitando "Expo 61", l'Esposizione Internazionale alloggiata in audaci opere architettoniche circondate da spettacolari impianti di contorno, tra cui: la monorotaia e l’ovovia che trasvolava il fiume Po.

Le magnifiche strutture svettavano dai 50 ha. di terreno restituiti alla città da una grande bonifica e trasformati in un'oasi verde solcata da Corso Unità d'Italia, nuovissima arteria che incanalava la mobilità della metropoli verso la futura rete autostradale diretta verso il mare.

La sequenza di moderne architetture infondeva orgoglio d’essere torinese, ancor prima che italiano. L’Expo pareva un distretto avveniristico proiettato verso un futuro che però non gli ha reso merito, umiliando le arti di chi lo edificò, tradito da una plurima, successiva incompetenza. È scomparsa la monorotaia, altrettanto l’ovovia e, a parte la riconversione di alcune palazzine nel BIT, il riciclo nel 2006 di palazzo Vela, da parte del sovrastimato architetto Gaetana Aulenti, lo ha smembrato nella sua ampia, originale tipologia tripoidale chiusa.

La vittima eccellente dell’oblio è stato il Palazzo delle Nazioni, grandiosa opera destinata ad accogliere, durante l’Expo, la rappresentanza di 18 paesi stranieri e l'eccellenza industriale italiana, icona di un'epoca florida e ottimista.

Il palazzo, progettato dagli Ing. Pier Luigi e Antonio Nervi, sui disegni dell'Arch. Giò Ponti, appariva come un solenne edificio reso leggero da un esperto impiego di superfici vetrate e luminosi spazi interni sorretti da audaci colonne; le più alte del mondo, fondendo tipologie dell'arte classica con materiali moderni, abbellendo Torino con un palazzo unico per la sua matematica bellezza.

Sono trascorsi quasi sessant’anni da quel 1961 e Palazzo Nervi è sempre là, disteso tra corso Unità d’Italia e via Ventimiglia, tempio esanime tra i refoli di vento che varcano il suo scheletro oltraggiato dall’abbandono.

L’opera è diventata un monumento alla decadenza italica e al tradimento delle promesse, eccellenza che abbiamo nell’umiliarci da soli, noi bugiardi italici sempre divisi su tutto, incapaci d’ogni lungimiranza. Il palazzo è uno scandalo a cielo aperto, scomodo reperto inutilizzato, giace derubato di tutto, ma più di ogni cosa, della sua memoria e della sua dignità.

Palazzo Nervi è un emblema di come qualsiasi siano i funzionari eletti dal popolo affinché si occupino della cosa pubblica, in realtà, puntuali come una disgrazia, figli della loro arrogante mediocrità, di fronte all’eccellenza non sappiano come valorizzarne l’eredità.

Dopo l’Expo 61, nei decenni a seguire, quell'edificio avrebbe potuto essere sfruttato per valorizzare qualunque reimpiego; più volte è stato ipotizzato il suo recupero, ma senza concretezza, limitandolo a sporadiche fiere ed esposizioni.

Nel nuovo millennio il palazzo pareva essere tornato al centro di alcune iniziative per un reimpiego, fino al 2008 come parziale, saltuario distaccamento universitario e luogo destinato a eventi musicali. A partire dal 2011, dopo il fallimento degli accordi con un gruppo commerciale olandese, l'edificio è rimasto in balia di se stesso e oggi, passando per via Ventimiglia, guardando oltre le piante, un ingombrante cadavere di cemento racconta anche degli ultimi propositi andati falliti.

Un comunicato stampa del Comune datato 18 gennaio 2016, pubblicava i provvedimenti della Commissione Urbanistica della allora giunta Fassino, dove si annunciava la riqualificazione del Palazzo del Lavoro con minuta descrizione del progetto, dei costi e delle sue funzioni. Sembrava cosa fatta, ma si è arenata nel suo plastico.

http://www.comune.torino.it/ucstampa/comunicati/article_14.shtml

La storia più recente dei progetti atti a restituire al palazzo una degna funzione, è lunga. Una delle prime stesure, redatta dall'architetto Alberto Rolla, risale al 2007 e il completamento del primo iter urbanistico, al 2011, firmato dalla società olandese Corio. Tuttavia,  nel 2013,  quando i lavori parevano imminenti, un  ricorso presentato al Tar  da un gruppo di associazioni ne ha bloccato l'avvio.

Il 1° luglio 2014 è ripartita l'intera procedura per l'approvazione di una nuova variante. Nel frattempo, il 20 agosto 2015 un incendio ha coinvolto una parte della struttura, provocando seri danni.

Solo nel gennaio 2016 quindi, per il Palazzo Nervi, destinato a diventare una galleria per lo shopping di alta fascia, la riqualificazione sembrava finalmente senza ostacoli.

Sulla carta, il rifacimento dell'area prevedeva un rinnovo del parco con l’aggiunta di una ruota panoramica, un parcheggio sotterraneo per 1500 vetture e la realizzazione entro il 2018 del sottopasso in corso Unità d'Italia, in corrispondenza dell’intasato nodo sulla rotonda Maroncelli. Non vi è traccia di tutto questo ben di Dio.

Nel 2019, il nipote di Pier Luigi Nervi, Marco Nervi ha rifiutato un riconoscimento dall’Ordine degli Architetti con una lunga lettera in cui sottolineava il triste abbandono del Palazzo delle Nazioni, citando anche la mesta sorte del magnifico sito di Torino Esposizioni al Valentino, altra opera di fama internazionale legata all’Expo 61 e progettata dal medesimo Maestro, la cui riqualificazione prospettata nel 2018 è stata oggetto di troppi ridimensionamenti.

L'imponente spazio luminoso di palazzo Torino Esosizioni

L'Italia è un paese che non si smentisce. Giuste o sbagliate che siano le decisioni, quando avviene un cambio della guardia nei colori politici, ogni progetto viene rimesso in gioco. Una routine alla quale, anche una gran parte di quei maestosi edifici costruiti per l’Expo ‘61, si è dovuta sempre piegare.

Nel settembre 2016, l’assessore all'urbanistica della giunta Appendino Guido Montanaro intimava stop al progetto, avanzando la necessità di molte revisioni, il vicesindaco avvalorava l'importanza dell'edificio, ma stimava carente la precedente scelta progettuale.

La nuova mozione era diretta a uno studio per una destinazione a Museo della Scienza e dell'Innovazione. Una interessante proposta bene in sintonia con la storia dell'edificio, mentre la voce popolare, regolarmente ignorata, ha sempre sostenuto che il palazzo avrebbe dovuto ospitare gli uffici della Regione, oggi situati nel discusso grattacielo eretto poco distante.

http://www.comune.torino.it/ucstampa/comunicati/article_475.shtml

Su un articolo di questa stessa testata datato 7 dicembre 2016, la speranza nella giovane giunta pentastella auspicava una lezione di concretezza da impartire agli inconcludenti governi precedenti, sperando in un cambio di ritmo nelle delibere. Errore. 

A oggi, la proprietà amministrativa Fintecna-Gefim dell'immobile, pare aver fatto scelte non compatibili con disponibilità & obiettivi dell'amministrazione pubblica, quindi il palazzo, forse vittima della sua stessa, imbarazzante, grandiosa bellezza, resta nell'oblio, esposto aigli elementi .

http://www.bdtorino.eu/sito/articolo.php?id=22461

2020 post emergenza CoViD 2019.

Ormai da alcuni anni il Palazzo del Lavoro è diventato un tempio offerto al vandalismo e all’abbandono. Non c’è più vetro per i teppisti, non più ferro ancora da arrugginire. La solida struttura resiste, scheletro di un gigante ucciso senza poter lottare contro la stupidità dell’uomo. Il traffico scorre distratto a fianco della struttura inutile; nessuna ruota panoramica, nessun sottopasso per la congestionata rotonda.

Le straordinarie colonne a raggiera di Pier Luigi Nervi, celebrate sui libri dell’architettura fanno mostra di sé attraverso i vuoti di vetro e di speranza. A guardarle sembra che non sia mai esistito quel 1961 che celebrava un’Italia miracolo economico, terza potenza industriale europea, momento perduto nelle nebbie d’altri tempi.

Un romantico pensiero di chi scrive; da mediocre architetto, immagina quegli anni ancora vivi nella memoria della grande, malinconica opera ingegneristica, perché l’arte ha un’anima a cui l’uomo, non sempre corrisponde.

Argomento trattato su queste stesse pagine già nel 2014.

http://www.bdtorino.eu/sito/articolo.php?id=14016 

Fotografie da Civico 20 News

 

Altre fonti

http://www.italia61.it/   

https://mole24.it/2018/07/18/torino-il-palazzo-del-lavoro-rinasce-dal-2019-partono-i-lavori-per-la-conversione/

https://www.lastampa.it/torino/2017/11/15/news/palazzo-del-lavoro-il-grande-saccheggio-1.34384610

 

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Articolo pubblicato il 04/06/2020