Casalborgone (To) e il progetto Molo 50 – 2di10 – Nascita dell’idea, stato dell’arte e considerazioni.

Attualità di un progetto visionario proposto alla popolazione dieci anni fa.

Se chiedete a chiunque come poter uscire da una crisi economica e sociale vi sentirete rispondere in molti modi, tutti strettamente in relazione con lo stato emotivo e le condizioni contingenti, più o meno critiche, del soggetto interpellato.

Non può che essere così, ovviamente.

 

Tuttavia tali limiti non permettono mai di ascoltare una risposta che proponga una vera possibilità praticabile immediatamente mediante ciò di cui si dispone al momento. Solitamente diventa una elencazione di “si potrebbe”, “si dovrebbe”, “occorrerebbe”, di soluzioni che istituzioni, organizzazioni o imprese, pubbliche o private, dovrebbero mettere a disposizione belle fatte e funzionanti.

 

E in realtà già funziona così.

 

Però solo in alcuni ambiti, per esempio nell’istruzione (con tutti i suoi pro e contro) e nell’assistenza agli anziani e malati (anche qui con i suoi pro e contro).

 

Ma, se tutto ciò vale per determinate fasce di età, ovvero quelle in cui non si è ancora o non si è più in grado di provvedere con sufficiente autonomia al proprio sostentamento economico e alla propria partecipazione attiva al mantenimento e sviluppo qualitativo della società, lo stesso principio sembra non valere per la grande fascia intermedia degli adulti “in età produttiva”.

 

In tale fascia sembra che non ci sia la sufficiente capacità di “creare o crearsi le condizioni” per iniziative che possano modificare radicalmente lo stato di dipendenza passiva o di sfruttamento indecente dalle e delle risorse materiali energetiche ed umane disponibili (e in gran parte prodotte da altri prima di noi o da altri per noi).

 

Sembrano fronteggiarsi due opposti schieramenti:

 

  • chi dà possibilità e chi ne approfitta,
  • chi ha diritti e chi doveri,
  • chi sfrutta e chi viene sfruttato,
  • chi propone e chi critica,
  • chi cerca di costruire e chi cerca di distruggere a prescindere.

 

Con il risultato evidente di sprecare tempo e risorse fino allo stallo e poi al precipitare degli eventi in uno stato di crisi permanente in cui tutti si incolpano reciprocamente di ogni ambiguità, colpa, nefandezza ed altre amenità simili.

 

È così oggi, ma lo era anche ieri così come dieci anni fa, e lo sarà anche domani se nessuno comincerà a far da sé, aspettando passivamente la manna dal cielo.

 

Per riuscire a fare qualcosa occorre almeno iniziare, possibilmente consapevoli del fatto che occorrerà un certo tempo, di solito tra i dieci e i venti anni, e molti sforzi (che nessuno vuol fare e neppure si rende conto di chi li abbia fatti e quanti) prima che una idea diventi una realtà praticabile, anche oggi in tempi in cui tutto accade molto velocemente.

 

Ed ecco come e su quali principi è nata la proposta di progetto Molo 50.

 

Le note che seguono sono tratte dal Business Plan del progetto sviluppato, circa un anno dopo la presentazione alla Popolazione, per poterne discutere con la Direttrice dello IAAD (Istituto di Arte e Design di Torino) in vista di una eventuale collaborazione per la sua realizzazione.

 

 

NASCITA DELL’IDEA (come descritta dai proponenti).

 

Da diverso tempo con alcuni nostri cari amici eravamo alla ricerca di un luogo dove fare delle cose insieme, cose che potessero eventualmente coinvolgere figli, famiglia, e magari altre persone, disposte a condividerne principi e operatività.

 

Siamo ancora tutti troppo giovani e l’aspettativa di vita è sufficientemente lunga per capire che anche quando saremo in pensione, se mai sarà possibile, occorrerà comunque avere un’occupazione che integri le entrate economiche e tenga svegli e attivi socialmente.

 

Le basi di queste proposte sono state elaborate durante alcune corroboranti passeggiate sulle rive del lago d’Orta dove abbiamo passato una breve vacanza all’inizio nel marzo di questo anno (2009). In alcune di esse sono stati ripresi progetti e suggerimenti di proposte fatte in precedenza, alcune delle quali sono state realizzate (in luoghi diversi e in tempi successivi, come si potrà scoprire nei link ad alcuni siti contenuti nei prossimi articoli).

 

Da quel momento sono avvenuti molti cambiamenti intorno a noi, anche nel paese dove abitiamo, cambiamenti che ci hanno fatto pensare di poter fare qualcosa proprio qui.

 

Tuttavia, tutto ciò non sarebbe bastato se, oltre alla presenza di fattori predisponenti, non si fosse presentato l’elemento catalizzante, l’elemento che dà il via ad un processo di realizzazione, che fornisce il punto di appoggio per “la leva che solleverà il mondo”.

 

E l’elemento catalizzatore si è presentato sotto forma di una persona con la quale si è immediatamente stabilito un rapporto di stima reciproca, a pelle, anche se non ci conosciamo che da poco tempo. A lei va il nostro ringraziamento, comunque vadano le cose, anche solo per il fatto di averci ascoltato e permesso di sviluppare queste proposte su basi reali.

 

Il tutto è stato pensato per essere installato nel territorio di Casalborgone, ma potrebbe essere utile per un bacino di utenza assai più vasto; del resto il progetto non sarebbe esclusiva vincolante di un specifico paese, in quanto, avendone i presupposti, qualunque altro luogo si potrebbe prestare ad accoglierlo.

 

 

Si tratta di riutilizzare un capannone industriale open space, completamente libero (*) e in buono stato, di circa 7.700 mq a 20 metri dalla piazza Cavour, sulla quale sono presenti diversi esercizi pubblici, e dove si incrociano le principali strade di collegamento del paese da e per l’esterno.

 

Per farlo si prevede l’insediamento su tre livelli (per un totale di circa 23.100 mq di area disponibile) di infrastrutture leggere e mobili adatte allo svolgimento di attività compatibili con l’attivazione di un tessuto socio-economico-culturale in grado di assorbire alcune realtà presenti sul territorio, sia private che pubbliche, che non trovano spazio per il proprio sviluppo o miglioramento, e di crearne delle nuove in grado di occupare occasionalmente, parzialmente o a tempo pieno fino a 200 persone.

 

Tutto il complesso potrà essere contemporaneamente luogo di lavoro, di intrattenimento e ritrovo come una fiera permanente e sarà punto di partenza e motore di altre attività attrattive e ricettive ubicate su tutto il territorio.

 

 

Per la realizzazione del progetto si costituirà una associazione, denominata MOLO 50, i cui associati saranno tutti coloro che intendono partecipare al progetto, a qualunque titolo (**), e il cui scopo sarà la gestione dello spazio disponibile, delle tipologie di attività che potranno essere svolte, dei rapporti tra le persone partecipanti, come meglio di seguito specificato.

 

La denominazione MOLO 50 è originato dal numero di attività “che vi possono approdare” e dalla flessibilità e durata della loro permanenza, come avviene per le navi in un porto.

 

Sebbene il modello di business studiato sia riferito specificatamente al paese di Casalborgone (TO) come centro di un possibile bacino di utenza, tale modello potrà essere esportato in altri luoghi, con eventuali modifiche secondo necessità specifiche.

 

L’impostazione del modello di business si basa su analisi e deduzioni  relative alla particolare situazione economica venutasi a manifestare successivamente all’estate del 2008 e inseritasi prepotentemente in un contesto sociale già in evidente crisi, al punto che molte attività, necessarie allo sviluppo della società e qualità della vita attesa, ma non più in grado di sostenersi secondo modalità convenzionali, sono state prese in carico da attività associative di ogni tipo (***), i cui associati rappresentano trasversalmente tutte le componenti pubbliche e private dello Stato Italiano.

 

L’analisi economica si è ispirata a criteri di prudenza e buonsenso secondo l’esperienza dei proponenti.

 

Questa stesura è da considerare quale bozza concettuale è dovrà essere perfezionata secondo necessità e termini di legge vigenti al momento della sua attivazione definitiva.

 

Molo 50 è inserito in un contesto coerente di cui costituisce la parte centrale.

 

Grazie alla sua presenza è possibile sviluppare in modo autosufficiente ogni tipo di realtà lavorativo-ludico-turistico-social-educativo-culturali che ne creano il terreno fertile per formare insieme una realtà basata su una diversa e migliore qualità della vita in ogni sua espressione.

 

Esame dello stato dell’arte e deduzioni.

 

Allo stato dell’arte di questa crisi internazionale, risultano quanto mai evidenti alcune caratteristiche dei modelli di sviluppo che si trovano in difficoltà.

 

Una di queste caratteristiche è che attualmente esistano solo poche attività che possano essere avviate vincendo l’inerzia iniziale, da qualsivoglia aspetto costituita, economica, normativa, finanziaria, legale, di mercato etc etc.

 

Un’altra è che ci sono poche possibili alternative sulle basi delle quali procedere per costruire un nuovo modello di sviluppo sostenibile, a misura d’uomo e intrinsecamente in grado di permettere una migliore qualità della vita.

 

Così come è altrettanto vero che gli indicatori economici e sociali a cui siamo abituati non si rivelano totalmente validi al variare degli scenari.

 

Uno scenario diverso può essere per esempio costituito dal fatto che:

 

  • molte delle risorse necessarie per nuove attività siano disponibili gratuitamente,

 

  • o a costi minimi,

 

  • tali costi siano in funzione percentuale dei ritorni economici conseguenti l’utilizzo in conto prestito d’uso, gratuito o meno, delle attrezzature e materiali, o forme simili;

 

  • per recarsi nel posto dove si svolgono tali attività non occorra disporre di mezzi di trasporto, essendo raggiungibile a piedi, in pochi minuti, da ogni parte del bacino di utenza principale,

 

  • ci siano persone che possono rendersi disponibili per alcuni compiti a titolo gratuito,

 

  • oppure richiedano un semplice rimborso spese,

 

  • un compenso minimo per dare il proprio contributo in cambio della partecipazione a tale scenario;

 

  • un’altra possibilità sia costituita dal ritorno economico dovuto ai risparmi conseguibili se molte attività e servizi, attualmente svolti in luoghi diversi e gestiti separatamente, possono essere concentrati in un solo luogo,

 

  • e gestiti centralmente,

 

  • con la possibilità di funzionare come vasi comunicanti permettendo in tal modo il riequilibrio costante tra le necessità e la disponibilità a soddisfarle;

 

  • ovvero, in altre parole, le risorse presenti e disponibili possano essere temporaneamente distratte dalle situazioni che lo permettano ed essere dirottate dove necessitino per il tempo richiesto e sempre secondo modalità rispettose dei diritti sanciti dalla Costituzione della Repubblica Italiana nel suo articolo 1.

 

Per contro si vanno sempre più delineando le caratteristiche di nuove tipologie di attività sufficientemente remunerative da indurre lo sforzo necessario per attuarle, mantenerle in vita, e resistere alle variazioni di contesto, sempre più all’ordine del giorno.

 

Infatti si può avviare una attività in base all’analisi della situazione esistente, ma non si può sapere a priori quanto tale situazione durerà e come tale attività si potrà e dovrà adattare ad eventuali cambiamenti, soprattutto se a breve termine o frequenti.

 

Per poter essere meno sensibile e meno legata ai cambiamenti, questa attività dovrà essere strutturata in modo flessibile, per adattarsi con relativa facilità alle nuove opportunità che si presenteranno.

 

Proprio per tale caratteristica essa non potrà fallire, al massimo potrà ridurre il suo impegno o chiudere, ma senza mai creare debito.

 

Per sviluppare tale flessibilità occorre ribaltare almeno un parametro consolidato.

 

Solitamente si mette in piedi un’impresa dalla quale ci si attendono determinati risultati; se ad essa viene chiesto di più di quanto possa dare ne consegue prima un debito e poi un fallimento.

 

Per evitare tali situazioni ormai molto diffuse, occorre che l’impresa sia costituita da più tipologie di lavori o occupazioni, e da persone responsabili direttamente delle proprie azioni, che guadagnino o paghino in funzione dell’andamento positivo o negativo del quadro generale e specifico dell’impresa.

 

 

schema della frequenza e durata dei cicli delle attività previste

 

schemi della modalità di scelta delle attività previste.

 

 

Essendo tale impresa costituita da diverse tipologie di lavori o occupazioni e dalla somma dei singoli occupati, ne consegue che la difficoltà di un settore o di alcuni occupati non rappresenti automaticamente la difficoltà degli altri settori e degli altri occupati.

 

Quindi l’impresa complessiva non ne viene toccata se non marginalmente.

 

Fine di citazione dal Business Plan del progetto Molo 50

 

 

Dunque flessibilità compresa e condivisa da parte dei partecipanti, quale condizione preliminare, ma non ancora sufficiente per l’iniziativa senza quanto troverete descritto nei prossimi articoli.

 

schemi e testi

pietro cartella

 

note:

(*) situazione al tempo della proposta. Tuttavia la proposta può sempre essere sviluppata mediante l’insediamento, in altro luogo, di una nuova struttura temporanea, per esempio una tensostruttura, adatta e adattabile alle necessità del momento.

(**) vedere nei prossimi articoli le varie tipologie di associati in relazione al loro specifico coinvolgimento nel funzionamento dell’impresa.

(***) nel 1999 l’ISTAT ha censito 221.412 istituzioni no profit, di cui il 55% nate dopo il 1990, che impiegano circa 630.000 lavoratori retribuiti, pari al 3% della forza lavoro totale, e circa 3.000.000 di volontari. - fonte Wikipedia

 

 

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Articolo pubblicato il 05/07/2020