Gli Anti-Italiani

Considerazioni sulla teoria del vincolo esterno secondo cui gli italiani si governano dall’estero, o quanto meno con l’aiuto di qualche potentato straniero, politico o economico.

Giulio Cesare Conte, dopo una lunga ed eroica battaglia contro i  brutali popoli del nord, ha vinto ed è tornato a Roma coi suoi carri carichi di miliardi di euro ed è stato portato in trionfo lungo i Fori Imperiali dalla stampa amica. L’Istituto Luce ne ha celebrato i fasti a reti unificate spiegando che l’Europa esiste, che è buona, che ha compiuto un’impresa storica che non si vedeva dai tempi di Carlo Magno. E che Conte è stata la gemma brillante di questa impresa.

Peccato che non tantissimi -oltre a Conte e Casalino- ci abbiano creduto. Una nutrita serie di economisti e semplici persone ragionevoli hanno fatto notare come la montagna di euro non sia per nulla certa quanto ad importo, erogazione, modalità e condizionalità varie. E, soprattutto, si è fatto notare come quei fantastiliardi non si sa quando arriveranno a fronte di una situazione economica italiana che è angosciante oggi. Il denaro serve quando lo si ha, non quando viene promesso. E questo lo capiscono drammaticamente le fasce deboli della popolazione che hanno  bisogno di risorse ora, non fra sei, dodici, ventiquattro, trentasei mesi. Nel lungo periodo, come diceva Keynes, saremo tutti morti.

Ma se Conte ha salvato la patria duellando nelle nebbie nordiche, come mai è stato sollevato un rischio immediato di insolvenza dello stato, come ha fatto il Ministro dell’economia qualche giorno fa?

La recente, sconsiderata, affermazione di Roberto Gualtieri -rilasciata al Sole 24 ore- secondo cui senza l’accettazione del MES l’Italia rischia “tensioni di cassa” è veramente incredibile. E’ stata sottolineata da molti l’estrema pericolosità di quella frase che mette in dubbio la sostenibilità del debito pubblico italiano e quindi la collocabilità delle future emissioni e quindi ancora la stabilità dello spread fra i rendimenti italiani e quelli tedeschi.

Qualcuno ha sostenuto in passato che i politici dicono quel che pensano solo quando non pensano a quel che dicono, ma non è probabilmente questo il caso. Per una serie di semplici e concatenate ragioni.

Intanto Gualtieri, seppure non sia un politico di lunghissimo corso, non è certo uno sprovveduto e non gli si può attribuire una distrazione così plateale. Nel PD, a certi livelli, la professionalità nel linguaggio politico è assoluta: e quindi l’affermazione incriminata è sicuramente pensata e voluta nonostante la sua carica dirompente.

E allora?

L’episodio si inquadra nella volontà granitica del PD di far accedere l’Italia al MES, ad ogni costo. Una ostinazione teutonica, dura, sorda a ogni obiezione e che probabilmente si concretizzerà in qualche modo nel futuro imminente. Il PD ha deciso che il MES va acquisito ad ogni costo, anche al prezzo di una rottura con l’alleato pentastellato, rottura che però difficilmente porterà ad una crisi di governo la quale avrebbe, come esito scontato, il ritorno della nazione alle urne, cosa che la maggioranza non può certo permettersi.

Certo, le giustificazioni formali ci sono, anche se di fatto si riducono ad una sola: il MES conviene per via dei tassi molto favorevoli rispetto ad altre forme di finanziamento. Ma questa giustificazione dimentica alcuni aspetti assolutamente fondamentali, rilevati da molti economisti, ma del tutto ignorati dai talebani del MES.

Primo: non è stata apportata alcuna modifica alla normativa europea che prevede forti condizionalità a questo tipo di finanziamento e pertanto non c’è la minima garanzia che in futuro queste condizionalità -accompagnate da una soffocante sorveglianza sui presupposti e sulle modalità di spesa- vengano imposte da eventuali nuovi assetti politici dell’UE.

Secondo: i tassi MES non sono fissi e quindi non c’è nessuna garanzia che non aumentino in tempi brevi.

Terzo: i crediti del MES sono privilegiati, cosa che trasformerebbe in obbligazioni subordinate gli altri titoli di stato con conseguente abbattimento del loro valore e relativo disastro per risparmiatori e investitori.

Quarto: le risorse del MES sono fornite dai Paesi che vi hanno aderito e potrebbero aumentare su richiesta dello stesso MES con conseguenze drammatiche per l’Italia che dovrebbe reperire denaro aggiuntivo.

Quinto: se l’Italia, la cui fragilità aumenta di giorno in giorno, non fosse in grado di ripagare quanto a lei prestato che succederebbe? Si andrebbe verso uno scenario greco con sequestro e confisca dei beni pubblici e commissariamento della sua politica economica?

Eppure, dopo aver conquistato il Recovery fund, il PD oggi vuole fortissimamente anche il MES in un folle cupio dissolvi che può trascinare il Paese in un’avventura spaventosamente azzardata.

Follia? Stupidità? Incompetenza? Coazione ideologica? Asservimento a potenze politiche o economiche straniere? Inconfessabili interessi antinazionali?

Tutto è possibile, ma forse c’è una spiegazione più sottile e sfumata, che ha radici nel passato: la convinzione oligarchica che gli italiani siano dei cialtroni incapaci di autogovernarsi. Una convinzione che parte dai padri del Risorgimento e, attraverso Mussolini e il fascismo, giunge -più o meno palesemente- sino ai nostri giorni; una convinzione che ha originato la teoria del “vincolo esterno” secondo cui gli italiani si governano dall’estero, o quanto meno con l’aiuto di qualche potentato straniero, politico o economico. Il PD, un partito che, dopo aver abbandonato le classi popolari al loro destino, ha abbandonato anche gli interessi nazionali, è forse il più significativo erede di questa tradizione, assieme ad alcuni residui tardo-democristiani.

E il MES, assieme agli altri guinzagli europei, è lo strumento ottimale per portare oggi a compimento questa vecchia pulsione anti-italiana che riluce nella frase di Gualtieri.

Chiudiamo riportando un episodio significativo raccontato da Giulio Tremonti nel volume Italia 20.20. Rapporto sull’interesse nazionale, appena pubblicato dalla fondazione Fare Futuro.

“Il 7 febbraio 1992, sul volo di Stato che li riporta da Maastricht a Roma, Guido Carli e Giulio Andreotti ( e quanto segue è stato verificato parlando con entrambi) commentano: «Al vincolo atlantico abbiamo aggiunto un vincolo ben più stretto: il vincolo europeo» (Guido Carli); «A Roma ancora non sanno quello che abbiamo fatto» (Giulio Andreotti)”.

Vero? Falso? Certamente verosimile, e soprattutto in grado di spiegare tutta una serie di cose fino a Conte e Gualtieri.

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Articolo pubblicato il 27/07/2020