Asimplyseatcar for future.

Risparmiare una ruota può costare molto caro.

A volte la ricerca del risparmio e dell’efficienza può tradursi nel suo opposto.

Oggi vediamo sfrecciare ovunque biciclette a pedalata assistita e monopattini elettrici sui marciapiedi o in contromano. Non ci sono regole precise né precisamente commisurate alle reali capacità di intendere e volere di molti utenti. Tutti possono fare tutto e abbandonare tali mezzi nel bel mezzo del nulla o dove intralciano pericolosamente sia il traffico pedonale che quello dei mezzi altrui sembra essere diventato un must che distingue “il grande senso di libertà e del rispetto civico e sociale” che cervelli cresciuti oltremisura in uno spazio cranico ristretto esprimono in modo documentato da se stessi a evidente riprova.

 

Non basta infatti provvedere a ideare e realizzare mezzi di trasporto intelligenti se poi possono essere liberamente utilizzati da utenti non dotati di sufficienti caratteristiche per comprenderne le corrette modalità d’uso.

 

Ecco perché, a volte, conviene ripiegare su mezzi molto meno evoluti ma che siano in grado di limitare naturalmente una gran parte degli effetti collaterali dovuti ad un uso improprio e pericoloso.

 

Certo biciclette e monopattini (elettrici) sono belli, comodi, ed efficienti, ma non proprio green (basta farsi due conti per capire che hanno un costo energetico totale di produzione e gestione per chilo, superiore ad un suv) e non proprio sicuri, come, invece, generalmente richiesto a mezzi di ultima generazione teoricamente concepiti secondo le norme ergonomiche più avanzate e sempre più obbligatoriamente dotati di dispositivi automatici di sicurezza passiva ed attiva a salvaguardia della salute pubblica (i costi degli incidenti stradali gravano sulla collettività).

 

Sono stato a lungo un ciclista (corridore ciclista) in tempi meno caotici di questi e tuttavia ne porto ancora, sparsi ovunque sul corpo, i segni dell’uso e degli incidenti occorsi negli oltre 140.000 chilometri percorsi, per cui parlo per esperienza diretta. Ho lavorato per oltre 35 anni nel campo della progettazione di mezzi di trasporto di ogni genere e conosco piuttosto bene le esigenze di sicurezza richieste da un autoveicolo (sono stato tra i primi, nel 2002, a proporre un dispositivo di sicurezza per limitare i danni dell’impatto di un auto contro pedone – brev.n° 0001335055 del 05.09.2006) e sono stato docente di ergonomia presso lo IAAD di Torino fino al 2018.

 

Di conseguenza mi risulta assai incomprensibile come sia stato possibile dare il via libera all’utilizzo indiscriminato di tali mezzi, assistiti per di più da un motore elettrico avente la caratteristica di poter disporre immediatamente di tutta la potenza motrice che, anche se automaticamente modulata per essere graduale, viene scaricata a terra attraverso una coppia motrice sempre rilevante.

 

Faccio notare che sulle automobili, mezzi ben più sicuri di quelli appena citati, ogni servomeccanismo, elettrico o meno, ha un dispositivo di sicurezza che lo disattiva immediatamente nel caso di ostacolo (per esempio l’alzacristallo della porta si blocca immediatamente se il vetro non scorre liberamente). Inoltre molti veicoli oggi dispongono di un rilevatore di ostacoli che aziona automaticamente il sistema frenante.

 

Alla luce di quanto finora citato e senza voler insegnare niente a qualcuno che ne sa certamente di più, ed è sicuramente più aggiornato in materia, mi viene in mente che qualche volte è meglio qualcosa di meno efficiente ma assai più efficace, come sa essere uno schiaffo al momento giusto piuttosto di miliardi di raccomandazioni e prescrizioni inutili rivolte a chi non ha recettori cerebrali sufficienti ad elaborarle praticamente.

 

Ecco perché mi è ritornata in mente una vecchia proposta (di alcuni decenni fa) per un veicolo leggero monoposto adatto agli spostamenti in città avente un evidente difetto congenito che ne limita le prestazioni in modo intrinseco e definitivo (ovvero i suoi limiti prestazionali non possono essere superati in alcun modo, cioè non si possono incrementare neanche volendolo).

 

Infatti chiunque abbia un po’ di dimestichezza con la dinamica dei veicoli a tre ruote conosce il limite imposto da una ruota posteriore sterzante: una sterzata troppo brusca, o oltre il limite (basso) di stabilità, ne provoca l’immediato ribaltamento sul fianco. Per tale motivo e la conseguente necessità di proteggere l’occupante, tale mezzo deve essere dotato di una cellula resistente, meglio ancora se dotata di seduta integrante un dispositivo fisso (ovvero non disinseribile in alcun caso) simile ad un air bag come descritto nello schizzo che segue.

 

 

Ne risulterebbe un mezzo leggero, monoposto, sicuro, dotabile di dispositivi di sicurezza al pari di un’auto, in grado di fornire un minimo riparo dalle intemperie e impossibile da manomettere nelle sue prestazioni.

 

Perfino come impronta al suolo occuperebbe, da fermo, poco più spazio di una bicicletta, e, nell’uso, addirittura di meno (occorre ricordare che il nuovo codice della strada prescrive tassativamente il rispetto di una distanza minima dal ciclista durante il sorpasso).

 

Inoltre sarebbe sicuramente più comodo, usufruibile da chiunque, non potrebbe così facilmente zigzagare sui marciapiedi e potrebbe essere parcheggiato nel vano bagagli di un suv, opportunamente strutturato.

 

E contribuirebbe all'educazione dell'utenza più recalcitrante o refrattaria.

 

schizzi, modellino, foto e testo

pietro cartella

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 30/09/2020