L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: Serva Italia! Urge un governo adeguato

L’esempio di Angela Merkel

Da febbraio in poi Stato, Regioni e sindaci, hanno commesso parecchi errori. Si viaggiava al buio. Tutti erano a conoscenza della seconda ondata della pandemia, ma per procacciarsi cialtronescamente voti alle elezioni di settembre, hanno taciuto, contribuendo, nei fatti a diffondere il virus, con la concessione dei buoni vacanza e altre amenità del genere. Il tempo scorre velocemente, ma il contagio avanza inesorabile e nulla è più scusabile; ora bisogna fare presto. Siamo ormai all’emergenza. Quindi sono urgenti scelte idonee, soprattutto necessitiamo di un governo adeguato. 

Vi era tutto il tempo necessario per organizzare una risposta forte.  E’ stato disposto solo il contrario; dai banchi a rotelle, sino al massiccio finanziamento per  l‘acquisto di monopattini. Retorica fumosa e pressapochismo hanno fatto la loro parte. Si balbetta con decreti, già superati nel giorno in cui vengono approvati,  mentre le regioni vanno a ruota libera: ognuno per sè, i ministri vengono smentiti dai governatori, non vi è un piano nazionale, regna la confusione.

Il partito di maggioranza relativa, il M5s, è uscito malamente sconfitto in tutte le elezioni e si dibatte tra scontri interni e lotte di potere, e ha un gruppo dirigente impreparato e pasticcione. Il presidente del consiglio assomiglia sempre più ad un pugile suonato che cerca comunque di resistere sul ring. 

La situazione sociale è al limite e non sono da escludere esplosioni di violenza, come si sono verificate a Napoli. La criminalità organizzata è pronta a lucrare e a fomentare disordini. C’è sempre un puparo pronto a muovere pedine beote. Il cittadino pensante e dotato di ragione, guarda, invano al Colle.

Urge  un vero governo e un autorevole presidente del consiglio sorretto da tutte le forze responsabili del Paese. Se “qualcuno” fosse più attento, vicino a noi, ci sarebbero esempi preziosi, perché a fronte di questo spettacolo indecente messo in scena dall’Italia di Conte e dei De Luca e dei Toti, ce n’è uno virtuoso, quello offerto dalla Germania guidata da Angela Merkel. Il quale, se comparato con il nostro, non solo svetta, ma finisce involontariamente con l’infierire esaltando ancor più le italiche miserie.

La cancelliera tedesca ha parlato alla Nazione – pratica tanto più efficace in quanto esercitata raramente e sobriamente – non per accompagnare con delle chiacchiere decreti impositivi, ma per far leva sul senso di responsabilità dei suoi concittadini. Usando un tono materno ma tutt’altro che paternalistico  Merkel ha chiesto ai tedeschi di usare prudenza e di ridurre al minimo indispensabile i contatti relazionali. Sostanzialmente le stesse cose che, con tutt’altro metodo, si chiedono agli italiani. Ma, appunto, è la modalità a fare un’enorme differenza: da noi il metro è paternalistico-impositivo, in Germania è responsabilizzante.

Inoltre, Conte e i governatori che in queste ore si rincorrono nell’aggravare i coprifuoco fino a veri e propri lockdown, si presentano al cospetto dei cittadini avendo mostrato tutta la loro inettitudine nel dar seguito con atti concreti alle decisioni assunte e agli impegni presi, mentre la forza di convincimento della cancelliera tedesca deriva dalla credibilità acquisita in questi mesi in cui sono state concretamente messe in campo politiche efficaci sul piano economico, sanitario, dei trasporti pubblici e dell’istruzione.

Inoltre, il consolidato sistema federale tedesco – autentico, non da avanspettacolo come il nostro – consente di rendere fluido il processo decisionale tra istituzioni centrali e periferiche, senza conflitti né forzature. Noi, invece, abbiamo trasferito la fisiologica dialettica parlamentare tra maggioranza (eterea) e opposizione (svaporata) in quella patologica tra Governo e Regioni, e in particolare quelle guidate dal centro-destra (14 su 20). Così la conflittualità istituzionale è assicurata, la confusione massima e il sistema nel suo complesso s’indebolisce.

Non è un caso che Conte abbia detto “dipenderà da come si comporteranno gli italiani”, e Merkel “conterà quel che faremo ogni giorno, il destino è tutto nelle nostre mani”. Paiono frase simili, ma a ben vedere tra loro corre una distanza enorme, quella che corre tra un levantino che si specchia nei sondaggi tracotante o tremebondo e uno statista che si mette in gioco scambiando con i suoi concittadini il coraggio di dir loro la verità in cambio dell’assunzione di responsabilità da parte di ciascuno di loro.

Sarebbe opportuno, non dimenticare che la politica ha il diritto di ascoltare tutti gli esperti che vuole o anche nessuno, ma poi ha il dovere di fare delle scelte univoche e chiare per assumersi tutte le responsabilità conseguenti. È solo così che si vincono le guerre, e questa è chiaramente una guerra.

Il  governo parli poco e chiaro, faccia quel che dice e non consenta a nessuno di scavalcarlo nelle decisioni, altrimenti i comportamenti di contenimento da parte dei singoli non potranno che essere poco efficaci, ma non certo per colpa loro. D’altra parte, come sostiene Sabino Cassese, se il vero dato che ci deve allarmare non è quello dei positivi, considerato che per oltre il 90% dei casi si tratta di asintomatici, ma il numero delle terapie intensive e il loro eventuale esaurirsi, il fatto che ci siamo fatti prendere in contropiede su questo punto – perfettamente prevedibile – la dice lunga sull’incapacità di programmare e progettare, a tutto vantaggio del chiacchierare e del dileggio dei problemi reali.

Auguriamoci innanzitutto di salvare la pelle. Se in ciò saremo fortunati, la forza dirompente dei cittadini pensanti, oggi, ancora distratti e schifati dal potere politico ed al pari detestati dall’oligarchia dei partiti, dovrebbe trovare un momento di sintesi, di unione e poi di azione. Domandiamoci perché quel degrado e dabbenaggine che rischiano di travolgerci in quanto persone fisiche e mandar l’Italia alla malora sia così rilevante.

Oggi il potere politico, al centro come in periferia, si distingue per la prevalenza del cretino, dell’inetto, dell’incolto, di colui che per meriti esclusivamente partitici, si trova a  dover assumere decisioni dirompenti, come ministro o assessore regionale,  lontane dalla sua formazione culturale ed esperienza di vita.

In primis, mettiamo mano e cancelliamo quelle leggi che hanno tolto il voto di preferenza e, con il placet dei leader dei partiti, hanno portato in parlamento una schiera maggioritaria di evirati cantori ed analfabeti di ritorno. In modo particolare nella conduzione del Paese, urge un ritorno alla meritocrazia ed alla selezione per meriti e requisiti verificabili e spendibili. I cerebrolesi lasciamoli a casa. Solo cacciando i mercanti e gli incapaci dal Tempio, riusciremo ad assurgere alla dignità di Paese, cui necessitiamo urgentemente, per solcare percorsi vincenti.

 

Francesco Rossa - Condirettore Responsabile e Direttore Editoriale

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Articolo pubblicato il 08/11/2020