L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: I capponi di Renzi

Quale scenario per il prossimo anno?

Le prossime chiusure natalizie disciplinate dal decreto, gelano ogni tentativo di ripresa per la nostra traballante economia, nel periodo dell’anno più fecondo per il terziario, la ristorazione e le attività del tempo libero. Si sta aggravando, di conseguenza, la già precaria situazione di milioni di famiglie italiane.

 

Nel frattempo, però, il Governo non sa far altro che imporre restrizioni ai cittadini e continuare a litigare al suo interno. Il notevole ritardo del varo del decreto natalizio è in parte dovuto agli screzi tra la ministra Bellanova e Conte.

 

La verifica promossa dal premier per andare a vedere le carte dei suoi alleati e capire se c’è ancora la volontà di sostenerlo avrà tempi più lunghi del previsto. Matteo Renzi, che agli occhi del resto della maggioranza passa come il guastafeste, continua a tenere sulla corda Giuseppe Conte e a chiedere l’abolizione della cabina di regia sul Recovery e una maggiore collegialità nelle decisioni.

 

Dietro il senatore di Rignano ci sono però ampi settori del Pd e del Movimento 5 Stelle che, pur beccandosi tra di loro, non vengono allo scoperto, ma che condividono la sua crescente insofferenza nei confronti di Palazzo Chigi. Ad inizio del nuovo anno, terminata la forzata fermata anti Covid ed espletati gli adempimenti parlamentari in materia di Bilancio dello Stato, riprenderanno le ostilità.

 

Il segretario di Italia Viva ha ampiamente ripetuto di essere pronto a ritirare le sue ministre dal governo, e quindi anche l’appoggio parlamentare, per cui Conte sarebbe destinato a non avere più i numeri per rimanere in sella. E probabilmente non basterebbe un drappello di responsabili a garantirgli la sopravvivenza. Conte oltretutto è ampiamente screditato a livello internazionale e non più ritenuto affidabile oltre Oceano.

 

Ciò che allarma di più, però, non è la ormai cronica instabilità politica, ma l’inesorabile dilagare di nuove povertà, dovuta anche all’incapacità dell’esecutivo di prendere decisioni coraggiose per sostenere le imprese evitando di continuare ad erogare sussidi a pioggia.

 

A sottolineare la gravità della situazione è stato nelle ultime ore anche Mario Draghi: “I responsabili politici devono agire con urgenza perché in molti settori e Paesi siamo sull'orlo del precipizio in termini di solvibilità, specialmente per le piccole e medie imprese, con i programmi di sostegno in scadenza e il patrimonio esistente che viene eroso dalle perdite. Il problema è peggiore di quel che appare perché il massiccio aiuto in termini di liquidità, e la vera e propria confusione causata dalla natura senza precedenti di questa crisi, ne stanno mascherando le vere dimensioni”.

 

L’ex Presidente della Bce siede nel comitato di direzione del G30 (Group of the Thirty, un think tank di consulenza su questioni di economia monetaria e internazionale), insieme anche a Raghuram Rajan, ex governatore della Reserve Bank of India, che alla presentazione del rapporto ha spiegato: “Non è troppo presto per iniziare a pensare al periodo successivo alla pandemia e provare quindi a evitare danni collaterali per le imprese”.

 

Il ragionamento di Draghi è semplice: le risorse del Next Generation EU, se ben indirizzate, avranno un impatto importante sulla sostenibilità del debito pubblico. Un problema, quest’ultimo, che da sempre rende l’Italia osservata speciale a Bruxelles. “Se le risorse del Recovery Fund saranno sprecate – ha detto ancora l’ex numero uno della Bce - il debito alla fine diventerà insostenibile perché i progetti finanziati non produrranno crescita.

 

Se invece i tassi di rendimento dei progetti fossero elevati e tali da giustificare l’investimento pubblico, allora la crescita arriverebbe e diventerebbe il fattore decisivo per la sostenibilità del debito”. Draghi ha messo il dito sulla piaga ed evidenziato un argomento basilare, mai preso in considerazione negli oziosi soliloqui dei nostri politicanti su Mes si o no.

 

Il rischio di accedere ai finanziamenti europei, risiede nell’incapacità di questa maggioranza di focalizzarsi sullo sviluppo del Paese, iniziando dalle infrastrutture. Sono tutti protesi, come  monatti a spartirsi la torta, limitati in strette ed avide visuali su interventi inutili e clientelari che come i precedenti ci insegnano, producono il nulla o controproducenti cattedrali nel deserto.

 

Che ci attenda quindi una lunga traversata nel deserto della recessione è ormai chiaro a tutti. Peraltro anche i dati Istat diffusi lunedì sulle crisi di impresa ai tempi del Covid certificano il declino del sistema produttivo: 73.000 imprese (che pesano per il 4% dell’occupazione) sono chiuse; 17.000 di esse non riapriranno.

 

L'85% delle unità produttive "chiuse" sono microimprese e si concentrano nel settore dei servizi non commerciali (58 mila unità, pari al 12,5% del totale). Le attività sportive e di intrattenimento presentano la più alta incidenza di chiusura, seguite dai servizi alberghieri e ricettivi e dalle case da gioco. Una quota significativa di imprese attualmente non operative si riscontra anche nel settore della ristorazione (circa 30 mila imprese di cui 5 mila non prevedono di riprendere) e in quello del commercio al dettaglio (7 mila imprese).

 

Il 28,3% degli esercizi al dettaglio chiusi non prevede di riaprire rispetto all'11,3% delle strutture ricettive, al 14,6% delle attività sportive e di intrattenimento e al 17,3% delle imprese di servizi di ristorazione non operative.

Tra le imprese attualmente non operative, quelle presenti nel Mezzogiorno sono a maggior rischio di chiusura definitiva: il 31,9% delle imprese chiuse (pari a 6 mila unità) prevede di non riaprire, rispetto al 27,6% del Centro, al 23% del Nord-ovest e al 13,8% del Nord-est (24% in Italia).

 

Imprese che chiudono significa tante altre famiglie in mezzo a una strada. Lo documentano le migliaia di persone in fila ogni giorno nelle nostre città per un pasto e un po’ di cibo presso le associazione di volontariato. La povertà dilaga, anche in ambienti insospettabili, che nessuno immaginava potessero essere toccati da questa emergenza alimentare.

In prevalenza italiani anche i nuovi poveri accolti dalla Caritas di Roma negli ultimi mesi.

 

Stando ad un Rapporto diffuso ultimamente dall’organizzazione, le richieste di cibo sono aumentate del 600% con oltre 21.000 persone accolte con aiuti e pasti caldi. Per la precisione 21.160, delle quali ben 7.476 per la prima volta (35,3%). Si aggiungono alle 40.607 persone che le parrocchie avevano già preso in carico nel corso degli anni. Il 54% ha meno di 45 anni mentre gli ultra 65enni sono il 14,7%.

 

E di fronte a questo spettacolo desolante la politica che fa? Discute di poltrone e difende il parassitario reddito di cittadinanza, come hanno fatto nei giorni scorsi, in Parlamento i grillini, pur di continuare ad alimentare i loro pascoli elettorali e per scongiurare la loro estinzione. Non sarà mai troppo tardi se le forze vive e pensanti del Paese, accantonate rivalità di ballatoio, si riconoscessero in un progetto credibile e verificabile, per dare un celere benservito a questi levantini, e voltare pagina, con contenuti positivi.

 

Francesco Rossa - Condirettore Responsabile e Direttore Editoriale

 

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Articolo pubblicato il 20/12/2020