L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: Governo. La grande abbuffata si chiama rimpasto

Prosegue la cinica e calcolata presa in giro degli Italiani

La pandemia avanza senza previsioni certe e di conseguenza le prospettive della ripresa economica si allungano nel tempo. Ma chissenefrega! La politica conduce la sua danza cinica e spietata. Si allungano i tempi della sintesi, con la convocazione del Consiglio dei Ministri che, a quanto si dice, dovrebbe slittare a metà settimana. Ma che succede veramente a Roma?

È partito il famelico gioco del rimpasto con tutte le sue liturgie, sfaccettature e conseguenze. C’è un filibustiere che gioca d’azzardo e rischia di deludere anche i suoi veri sponsor, mentre l’altro, dopo aver fallito in ogni prova cruciale, dalla sanità alla scuola, dai trasporti all’ostinata deificazione di Domenico Arcuri, si arrocca nella ricerca di chissà quale appiglio per non cedere il controllo dei servizi segreti. (Quali interessi inconfessabili potrà mai perseguire!).

Mal che vada, si ingegneranno i delusi e gli sconfitti nelle già usuali vendette che potranno sfociare al momento dell’elezione del presidente della Repubblica. Perché la posta grossa è ancora quella, non certo il riservare una poltrona di prima classe all’inquietante Davide Faraone o immolarsi alla difesa del ponte di Messina.

Stando alle ultime, ma forse superate news, Renzi non ci starebbe a rabberciare la compagine di governo, per puntare decisamente sul Conte ter, con apertura e chiusura di crisi formale nelle cui pieghe possono annidarsi innumerevoli insidie. Ma potrebbe acquietarsi ad accettare l’idea del rimescolamento, a patto di ottenere un bottino sostanzioso che i suoi numeri in Parlamento non giustificherebbero.

Se, in ipotesi, il presidente del Consiglio mollasse la presa sul controllo dei Servizi Segreti, licenziasse le ministre Azzolina e De Micheli rimpiazzandole con personalità di renziana provenienza, probabilmente la salita al Colle se la risparmierebbe. Ma siccome l’uomo è cocciuto e non meno lo sono i dirigenti del Pd e del M5S che vedrebbero nel nuovo scenario politico la proiezione della loro sconfitta e la vittoria dell’acerrimo nemico, è difficile che ciò accada. Infatti il bibitaro Di Maio sta già starnazzando.

Dunque, si torna alla casella principale, la crisi con quel che segue, ed un probabile governo non più guidato da Conte, ma da un signore che alcuni identificano in Draghi, o, ipotesi più attendibile da qualche reperto di partitismo estratto dalla naftalina, ma idoneo a fare la foglia di fico, condizione indispensabile per nascondere le tante bramosie e perpetrare la linea delle sconcezze, accontentando altri pretendenti.

Fonti maggiormente accreditate e realiste sostengono che l’ex-presidente della Bce non ha nessuna intenzione di bruciarsi in vista del Quirinale per il quale al momento è il solo candidato credibile e votabile. Infine per la contrarietà del Capo dello Stato che in questo momento tiene più a rafforzare la coesione sociale che ad avallare piani scriteriati in piena pandemia che non si sa dove potrebbero portare, pur escludendo le elezioni anticipate che anche l’opposizione non caldeggia.

C’è poi un piccolo particolare importante. La contesa politica dei prossimi mesi dovrebbe concentrarsi sulla nuova legge elettorale, perchè dopo che il referendum grillino ha tagliato i parlamentari, i collegi non risultano più rappresentativi e dunque bisogna porvi mano.

Tutti questi motivi, fanno presupporre che Renzi (e non solo) lo si può tenere buono con il rimpasto evocato in queste ore nel quale salterebbero teste mediocri, mentre altre, non di certo eccelse, soddisferebbero ambizioni covate a lungo e disattese da giravolte incomprensibili. Gli indiziati a lasciare le poltrone sono molti e altrettanti quelli che dovrebbero occuparle.

Se i tasselli del mosaico vanno a posto, cambierebbe davvero qualcosa? Poco o nulla; si tratterebbe del solito scambio di croste, anche se nessuno rimpiangerebbe Azzolina, De Micheli, Buonafede, Pisano o Spadafora. I loro sostituti, si equivalgono per valore politico e competenza provenendo da una classe politica vergognosa e mediocre.

Il problema, come si è capito, sono sì i ministri da cambiare, ma soprattutto sono le nomine da fare. E siccome Conte dovrà procedere ad una valanga di promozioni e rimozioni, ecco che Renzi, con spirito di servizio naturalmente, lancia il guanto di sfida al premier pur di non farsi mettere nell’ angolo nel corso della decisiva partita. E qui sta il vero bottino della grande abbuffata all’orizzonte.

Un tempo queste faccende venivano rubricate dai commentatori come esempi della peggiore partitocrazia. Il termine è andato in disuso, ma il suo spirito ferreamente è rimasto in tutte le formazioni politiche. Si gioca sulla pelle del Paese, in un momento peraltro drammatico, e non si tiene conto dell’ essenziale: l’interesse generale ed il “Bene Comune” che i cittadini vedono pericolosamente degradare.

Come spiegare tutto questo al Paese reale? Come si può definire un argine al populismo, offrendo all’antipolitica tutti i pretesti e i cliché necessari per riprendere forze e slancio?

Chi si assumerà la responsabilità dell’ulteriore sfascio del Paese? Ma nessuno naturalmente. Anzi, tutti gridano come se volessero far sapere di essere salvatori della patria cacciando qualcuno per mettere al governo qualche loro clone. Sarebbe divertente se non fosse drammatico. E, per di più, pericoloso. Il tempo è ampiamente scaduto, e così la pazienza degli italiani di fronte a un giallo di reciproche accuse che inizia a trascendere in farsa. Prima di scoprire il finale, se ha rotto Renzi oppure Conte, saranno loro a rompersi. Sempre che non si distraggano guardando il “Grande Fratello”, ma poi?

 

Francesco Rossa - Condirettore Responsabile e Direttore Editoriale

 

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Articolo pubblicato il 10/01/2021