Un giorno sul Lago Maggiore: Meina e Belgirate
Belgirate (VCO): Chiesa vecchia di Santa Maria

Di Ezio Marinoni

È nell’aria, più che nei dati: da lunedì 1° marzo 2021 il Piemonte tornerà “zona arancione” anti covid 19 e non si potrà più uscire dal proprio comune. Le giornate sono belle, la temperatura primaverile... pronti, partenza, via, decido di trascorrere un giorno sul Lago Maggiore!

Dopo la fila d’asfalto delle autostrade A4 e A26, imbocco l’uscita al casello di Meina, un piccolo paese che conta poco più di duemila abitanti. Il centro storico è un francobollo di strette vie che si incrociano, adatte a far transitare una sola auto sulla ridotta carreggiata.

Si respira un’aria ben diversa da Torino, per il clima meteorologico e per l’ambiente umano. Aria rarefatta, che aiuta a liberare i pensieri e poche persone, in gran parte anziani, che si dirigono ai due negozi aperti nel centro, una panetteria/pasticceria e un negozio di alimentari e generi vari, come usava un tempo nei paesi (i meno giovani si ricorderanno delle scomparse drogherie!).

Per la colazione scelgo il Bar Tra Noi, in cima ad una viuzza in salita che si diparte dalla statale che fiancheggia il lago: il locale si affaccia da un lato sulla piccola piazza del Municipio e dall’altro lato offre una bella visuale sul lago Maggiore attraverso una ampia vetrata finestrata. Due giovani ragazze, Alice e Francesca, lo gestiscono con il sorriso dell’entusiasmo, pur nelle tante asperità di questo difficilissimo periodo. Ad una parete è affisso un poster pubblicitario del vermouth Bellardi, ormai non più reperibile in commercio e della cui storia e produzione si sono perse le tracce.

Da Meina, in epoca romana, transitava la Via Severiana Augusta, la strada consolare che congiungeva Mediolanum (Milano) con il Verbanus Lacus (il Lago Verbano o Maggiore) e raggiungeva il Passo del Sempione; fa parte, sin dal Medioevo, della Comunità del Vergante, avendo sottoscritto nel 1389, insieme al comune di Lesa, gli Statuti del Vergante approvati dall’Arcivescovo Antonio da Saluzzo (nato nel 1330, figlio del Marchese di Saluzzo Manfredo V e nominato come prelato nel testamento redatto dal padre in Milano il 5 agosto 1389).

Gli Statuti di Meina, Lesa e del Vergante contengono 146 norme di carattere amministrativo che servivano a regolare la società di allora da un punto di vista morale, amministrativo, economico e patrimoniale. Su tutto presiedeva, a fianco del Podestà, nominato dall’Arcivescovo, il Consiglio Generale del Vergante, composto da dodici consiglieri nominati dai consoli delle comunità.

Filippo Borromeo nel 1455 dispone la revisione degli Statuti del Vergante ai quali aggiunge nove capitoli. Nello stesso anno si decise anche che l’Assemblea dei Consoli dei vari paesi si dovesse tenere a Lesa nella casa di tale Eustachio Landomi che diventò il Palazzo della Comunità del Vergante. Alla fine del XVIII secolo la Comunità del Vergante si dissolse sotto l’incalzare delle armate napoleoniche e del nuovo ordine europeo.

Un bando del 1793 elenca tutte le comunità che facevano parte del Vergante qualche anno prima della sua fine: Arona; Baveno con Feriolo; Belgirate; Brisino con Vedasco, Passera e Binda; Brovello; Calogna; Carpugnino; Chignolo (composto dall’Isola Bella, Isola dei Pescatori, Isola Madre, Levo, Sommararo, Campino e Carciano); Colazza; Comnago; Corciago e Nebbiuno; Dagnente; Dormelletto; Fosseno; Ghevio con Silvera; Graglia; Lesa con Solcio, Solcietto e Villa Lesa; Magognino; Meina; Nocco; Pisano; Sovazza; Stresa con mezza Stresa; Stropino; Tapigliano; Vezzo.

Già dall’Ottocento, Meina diventa luogo di villeggiatura di molte famiglie appartenenti alla nobiltà e alla alta borghesia lombarda e piemontese, in particolare i nobili novaresi Caccia-Piatti, i Fossati de Regibus, i Faraggiana e altre famiglie, il cui nome si lega al possesso di ville ed edifici storici meinesi come i Mondadori, i Faraone, i Bonomi, i De Savoiroux ed i Favini. Molte di queste ville, pur trasformate nel tempo, rimangono a testimoniare tale passato signorile.

Villa Faraggiana-Ferrandi è una villa signorile in stile neoclassico, fatta costruire nel 1852 dal nobile e senatore Raffaele Faraggiana come residenza di villeggiatura della famiglia. Il vasto parco costituisce il Museo Botanico voluto da Catherine Faraggiana Ferrandi, moglie di Raffaele, sepolta nel cimitero locale. 

Villa Paradiso o Pernot-Favini, anticamente detta Villa Carlotta, edificata nella seconda metà dell’Ottocento dalla famiglia Pernot e ultimata nel 1892-‘93, quando viene acquistata dal giureconsulto milanese Gaetano Favini, che la dedica alla nobile madre Carlotta Sessa; la villa, costruita in poggio e a dirimpetto sul lago, appariva già allora caratterizzata da imponenza e dotata di sobria eleganza, il parco retrostante diradava verso la collina. Alla morte di Gaetano Favini la villa passa alla nipote Alessandra, figlia di suo fratello Luigi, e al marito Luigi Sessa, Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia e Podestà di Arzago d’Adda. Oggi la villa, trasformata in albergo, è nota come Hotel Villa Paradiso.

Nel corso dell’Ottocento Meina diventa un rilevante centro industriale: sfruttando le acque del torrente Tiasca si insediano tre importanti cartiere dotate di macchine a vapore continuo, e una fabbrica di torcitura di cotone. A queste si aggiunge nel 1854 una filatura di seta e quindi, per iniziativa dell’imprenditore Emilio Foltzer, una grande fabbrica di oli lubrificanti e grassi per macchine.

Tra il 15 e il 23 settembre 1943 il paese di Meina è stato teatro della strage di sedici ebrei italiani provenienti dalla Grecia, compiuta dalle SS naziste nell’Hotel Meina di proprietà di Alberto Behar, cittadino turco di origine ebraica. Su questa tragica vicenda è stato realizzato nel 2007 il film Hotel Meina, diretto da Carlo Lizzani, che ha preso spunto dal reportage giornalistico di Marco Nozza. La locanda dove si girano alcune scene del film è l’ex Hotel Meina, diventato poi Hotel Victoria Palace, da tempo in stato d’abbandono.

Riguardo alla presenza del turismo e del cinema sul Lago Maggiore, proprio Marco Nozza ha scritto, nel suo “Hotel Meina”: “Meina si era ormai scoperta un’altra vocazione, luogo di villeggiatura sulla scia di Stresa e Baveno, ed anche il cinema se ne accorse, richiamato certamente dal nome prestigioso di Alberto Mondadori nella cui villa c’era un continuo viavai di personaggi illustri. Dell’arte, della letteratura, della politica. Alcune scene del film di Mario Camerini, Gli uomini che mascalzoni, furono girate a Meina. Alcuni interni nella hall dell’Hotel Meina ribattezzato Hotel Corona. De Sica andava avanti e indietro sulla statale con la Balilla, accanto alla Elsa Merlini. Fu girato anche un pezzetto di Luciano Serra pilota il cui protagonista era Amedeo Nazzari, idolo dell’epoca, e ci sono ancora a Meina quelli che ricordano Nazzari che prendeva il volo, sull’idrovolante, dallo scivolo di villa Foltzer”.

Su un suggestivo promontorio del paese di Belgirate scopro la graziosa chiesa vecchia di Santa Maria: da qui si gode la vista di un meraviglioso panorama sul Lago Maggiore e sulle montagne circostanti. Questa antica chiesa conserva l’originale campanile romanico del secolo XI, è preceduta da un elegante portico seicentesco eretto a seguito delle prescrizioni di San Carlo Borromeo; sulla facciata si leggono a fatica avanzi di affreschi del XV secolo, uno dei quali raffigurava un San Cristoforo secondo la più genuina tradizione alpina.

L’interno, ricostruito nel XVI secolo, è riccamente decorato da affreschi dell’epoca: una Crocifissione; i Santi Rocco, Sebastiano, Lucia, Apollonia, Defendente, Caterina e Cristina; alcuni profeti.

Sant’Uguccione (o Ugo) sul fianco destro dell’ingresso, è ritratto nel gesto di tagliare una forma di formaggio. La chiesa non è abitualmente aperta al pubblico, se non in occasione dei matrimoni che vi vengono celebrati. È attigua al cimitero, probabilmente sorta per assolvere a questa funzione nei secoli del Medioevo.

Il tramonto si annuncia, la giornata di fuga al lago volge al termine. Due cigni solcano l’acqua con la loro maestosa bellezza, qualche barca va e viene in direzione delle isole che hanno visto svilupparsi la dinastia dei Borromeo nei secoli, oggi testimoniata dal palazzo principesco sull’Isola Bella.

Anche il tempo ha una dimensione diversa e rarefatta, come l’aria: la vita e anche le tracce di morte nel piccolo cimitero di Belgirate trasmettono un senso di calma e tranquillità. Forse per questo Antonio Rosmini aveva prescelto la vicina Stresa per ritirarsi a pregare e meditare, mentre continuava a scrivere pensieri che il suo tempo non ha compreso. E questa è un’altra storia...

 

Bibliografia

Marco Nozza – Hotel Meina – Mondadori - 1993

 

@ Ezio Marinoni

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Articolo pubblicato il 12/03/2021