Condono fiscale nell’uovo pasquale

Ha detto Mario Draghi, che questo “È un anno in cui non si chiedono soldi. Verrà il momento di guardare al debito ma non è questo il momento”. Infatti, presumiamo che egli lo sappia e che la ragione della sua affermazione non sia certo quella che segue, stiamo entrando nel periodo di una antichissima festività del mondo ebraico, nel corso della quale tutti i debiti andavano cancellati: Shemittah”. Ricorre ogni sette anni; dura un anno ed inizia con la Pasqua degli Ebrei, che ricorda, per quel popolo, il loro “passaggio” – pesach, donde il termine Pasqua – dall’Egitto alla Terra promessa, dall’asservimento all’affrancamento. Festa celebrata per la prima volta nel nuovo Stato di Israele a cavallo degli anni 1951-52, dopo dieci settennati, e quindi nel 2021-22, ricorre ancora Shemittah, che possiamo tradurre così: anno sabbatico (shmita, in ebraico, vuol dire affrancamento/liberazione).

L’anno sabbatico, da noi, libera un anno periodicamente per diritto i professori universitari dall’obbligo di insegnare per attendere esclusivamente agli studi (sic!); con terminologia inglese, specie nel mondo degli affari e della finanza, è conosciuto come “gap year” o “carreer break” e fa riferimento al periodo di apparente neutralità di chi si sta preparando invece a cogliere una nuova grande occasione di lavoro: è destinato, pertanto, a segnare il passaggio tra due fasi importanti della vita.

Se il paragone non è azzardato, vorremmo che fosse almeno di buon auspicio, avendo alle spalle il baratro oscuro del nostro sistema socioeconomico. Chiusi due conti con Conte, nel mare dei morti, sepolti dietro serrande aziendali abbassate per sempre, pare si stia aprendo davanti a noi un passaggio ad un mondo altro, non all’altro mondo, un mondo che la speranza si figura anche migliore, possibilmente, con gli immani stanziamenti di fondi previsti da “Next Generation Eu”, per il rilancio dell'economia dell’Europa, dopo il proditorio sgambetto di Covid-19.

E’ con questo spirito, che come alcool bruci ogni “spike” del maledetto coronavirus esiziale, con questo spirito voglio accogliere la cancellazione sabbatica, criticata e criticabile, di tanta parte dei debiti iscritti a ruolo nelle cartelle esattoriali: non tutte, infatti, saranno carta straccia, ma al momento, salve le modifiche attese dal Parlamento nella conversione del Decreto in Legge, saranno cestinate - sono più di 15mila - solo quelle di importo complessivo ancora da versare fino a 5.000 euro, affidate agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, relative ai debitori che nel 2019 hanno dichiarato un reddito inferiore a 30mila euro.

Tanti, dunque, di quelli che potranno ancora permetterselo, come sorpresa troveranno quest’anno nell’uovo pasquale il “condono fiscale”, che non piace a molti per motivi diversi, tutti con buoni fondamenti di ragionevolezza. Paolo Fallai, nella rubrica “La parola della settimana” su Corriere.it, dice che condono significa “liberare dall’obbligo di restituire un debito. Sarebbe un provvedimento straordinario, ma bisognerebbe intendersi su cosa significa straordinario, vista la ordinaria regolarità con cui è stato adottato”. Già, nella Treccani “straordinario” significa “anomalo, atipico”, ma anche “favoloso, meraviglioso, stupendo” e via di seguito, fino a “eccelso” e “sommo”. Ognuno, dunque, ci veda il suo significato, ma sullo spettacolo di questa tragedia allucinante, in scena da più di un anno, ci auguriamo cali presto il sipario e salga infine, da tutti, un corale applauso, giacché, proprio non ne può più nessuno. Si vales, vàleo.

armeno.nardini@bno.eu

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Articolo pubblicato il 28/03/2021