Rivelazioni su Giordano Bruno

Il Prof Marco Matteoli ci racconta il filosofo di Nola - seconda parte

https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=44383 Prima parte

 

Proseguiamo con la seconda parte dell'intervista al Prof Marco Matteoli su Giordano Bruno.

 

Giancarlo Guerreri: Spesso sentiamo parlare di Trascendenza e di Immanenza… 

E’ corretto affermare che il Nostro si ponesse a favore di una visione panteistica dell’Universo? Forse addirittura una visione animistica che donava ad ogni espressione naturale, dall’atomo alle stelle del cielo, una particolare identificazione con la divinità, dalla quale non sembrava distinguersi  a nessun livello?  

In altre parole: l’energia e la materia, che come dimostrò Einstein, sono fisicamente stati differenti di una medesima realtà, come potrebbero, secondo il pensiero del Nolano, essere pervasi o relazionati con la divinità? 

 

Marco Matteoli: Come ho detto in precedenza la chiave di volta della filosofia di Bruno è l’infinito. Ogni concetto e idea filosofica deriva teoricamente da tale nozione. Ad essere infinita è anzitutto la natura, che è appunto una sostanza (in senso aristotelico) e anche l’unico ente realmente esistente. Tutto ciò che esiste non è altro, dunque, che un accidente o affezione di questa unica sostanza universale. La natura è poi caratterizzata da due aspetti polari che riflettono nell’estensione infinita ciò che intensivamente è coincidente in Dio, inteso come principio creatore della natura (in questo la natura di Bruno si distingue da quella spinoziana, non essendo causa sui, cioè creata da se stessa).

Nella natura, infatti, potenza e atto non coincidono assolutamente, ma nel divenire eterno e incessante di essa, nel suo continuo trasformarsi; Dio invece è perfettamente ‘immobile’. Per essere in continua trasformazione, tuttavia, la natura non è meno divina, anzi lo è potentemente: non ha limiti, né spaziali né temporali, non ha centro e nessuna cosa dell’universo, per quanto grande, può essere proporzionabile con la totalità di esso che, appunto, è infinita. La reale sostanzialità e divinità della natura può essere individuata, se vogliamo, nella tensione dinamica che è frapposta tra potenza (la materia prima) e l’atto (la forma o anima del mondo) che continuamente e perennemente si «inseguono» per far sì che tutto ciò che è possibile sia. Ad essere ‘metafisica’, in questo senso, è proprio la relazione e la tensione tra questi due aspetti che, di fatto, fondano e definiscono l’infinità dell’universo, ne costituiscono la vera divinità. Su questa condizione – e per il fatto che noi, in quanto esseri naturali, ne condividiamo l’essenza – si basa anche la relazione dell’uomo rispetto al divino.

 

Noi possiamo, infatti, ambire a sperimentare, cioè a fare esperienza del divino della natura, contemplandone l’infinità, non esteriormente ed estensivamente però (o per lo meno, non solo così), ma cogliendo che l’attività del nostro pensiero è espressione dell’anima mundi che è intima a tutte le cose. Non esiste, infatti, un’anima differente per ogni essere vivente (e, addirittura, anche non vivente), ma un’anima unica per tutto ciò che esiste: «unendosi ad essa», come Bruno scrive nel Sigillus sigillorum, possiamo non solo conoscere molto di noi stessi e della natura, ma anche operare in sintonia e conformità con essa. Ciò prospetta una visione anche ‘magica’ dell’operatività umana, ovviamente una magia che si esercita in intimità con i corpi naturali, i moti vicissitudinali che li caratterizzano, i «vincoli» che legano tra loro i viventi e anche gli uomini nella società. «Profonda magia», scrive Bruno nel De la causa, principio et uno, «è saper trarre il punto dell’unione dai contrari» e i contrari per eccellenza sono l’anima del mondo e la materia prima, la cui unione è appunto il tutto, infinito e infinitamente mutevole. 

 

GG: Prof. Matteoli, in base alla Sua esperienza, ritiene che Bruno abbia in qualche misura anticipato alcune rivelazioni della moderna Astrofisica, correlate con il concetto di infiniti universi e infiniti mondi?  

Oggi si propone un modello cosmologico che prevede un Big Bang ed un Universo in crescente espansione, un modello che rinuncia alla vecchia ipotesi di un Big Crunch, ovvero di una implosione che riporterebbe tutta la materia-energia nel punto dal quale era stata scagliata verso lo Spazio-Tempo… 

Inoltre vi è qualche indizio sulla possibilità che abbia potuto prevedere i Buchi neri? 

Sono domande sicuramente ingenue, ma forse giustificate dalle ipotesi di alcuni incauti studiosi, che suggeriscono che il Nolano abbia potuto avere delle “visioni profetiche”… 

 

MM: Mi si permetta di mettere in rilievo critico due concetti che sono stati espressi in questa domanda. Anzitutto il termine ‘anticipazione’, che non trovo corretto riferito alla storia che, come sappiamo, va in una direzione sola. Del resto, di questa idea della storia è ben consapevole anche Bruno che, in una bella pagina de La cena de le Ceneri contesta l’idea che la sapienza degli antichi sia superiore a quella della sua età o abbia ‘anticipato’ temi e problemi del suo tempo. In quella pagina del primo dialogo, infatti, Bruno sottolinea che «noi siamo piú vecchi ed abbiamo piú lunga età, che i nostri predecessori», poiché abbiamo conservato la memoria delle loro scoperte e acquisizioni culturali e le abbiamo sapute migliorare. L’altro termine che mi risuona alieno sono le «rivelazioni» della scienza.

 

Che oggi la fisica della materia, dell’energia e del cosmo ci presentino quadri ‘vertiginosi’ per la nostra concezione del mondo è certamente un fatto straordinario, ma non penso che si possa fare ‘filosofia’ di essi, cioè trasformarli in prospettive che hanno senso sul piano etico, esistenziale, personale. Credo che la filosofia, dopo la ‘rivoluzione’ kantiana, debba assumere un punto di vista intellettuale diverso sull’uomo, certo pur tenendo conto delle scoperte scientifiche, ma non per donare a loro senso, ma per donarlo a noi, cioè comprenderle e, attraverso di ciò, trovare il senso di ciò che è l’humanitas, ossia cosa sia e come funzioni il linguaggio, la conoscenza, il pensiero, come si formino le espressioni culturali, sociali, antropologiche, affettive, ecc.

 

Ciò premesso, non voglio negare che la filosofia di Bruno abbia proposto dei paradigmi interpretativi della natura e del cosmo assolutamente inediti e innovativi per il proprio tempo e perfino per i secoli successivi: si veda, ad esempio, il non riconoscere alcuna distinzione tra artificiale e naturale e quanto ciò strida con il conflitto tra tecnica e natura che affligge sempre di più e sempre più drammaticamente il nostro tempo. Credo, dunque, che ci siano molte riflessioni della filosofia di Bruno che siano ancora in grado di provocare risposte ‘filosofiche’ diverse o divergenti rispetto alla cultura attuale dell’occidente e che comunque valga la pena leggerlo non come ‘profeta’ di quello che c’è stato e si è scoperto, ma casomai, come profeta di quello che ci è sfuggito e di cui non ci siamo accorti per riuscire, finalmente, a metterlo a fuoco adesso, ascoltando una voce che risuona ancora con forza, da più di quattro secoli.

Mi rendo conto di avere eluso la domanda postami, ma è anche «in base alla mia esperienza», scarsissima rispetto alle difficoltà tecniche della fisica contemporanea, che non mi sento in grado di dire quanto il pensiero di Bruno possa essere considerato in linea con essa; di contro, posso testimoniare che ho molti amici che studiano o insegnano fisica all’università e spesso questi considerano Bruno un ‘precursore’ dei problemi studiati dalla fisica contemporanea; ma in questo caso, credo, che la questione si rovesci: quei fisici conoscono benissimo la loro disciplina, ma forse non sono tanto bravi conoscitori della storia della filosofia del Rinascimento e degli scritti di Bruno. 

 

GG: Giordano Bruno propone un concetto di “Infinito” che destabilizza le menti dei suoi contemporanei. Avviluppati e protetti dalle Sfere celesti, di aristotelica e tolemaica memoria, gli studiosi e i teologi del suo tempo provarono, probabilmente, uno smarrimento totale che generò una sorta di Horror vacui, in grado di generare quella “paura” di natura atavica che impedisce alla mente di volare verso l’alto.  

Aristotele contestò a Democrito la presenza di vuoto nella materia… ora la Fisica Quantistica ci dice che il mondo sensibile è fatto di vuoto, con qualche traccia di materia…   

L’Infinito di Bruno come potrebbe essere descritto? 

 

MM: L’idea di infinito di Bruno è straordinariamente potente per il proprio tempo; nessuno, se non in parte Cusano e non volendo uscire dalla cornice teologica del cristianesimo, aveva osato pensare una realtà naturale e fisica realmente e così infinita in estensione e durata. Il cosmo concepito da Bruno è ‘così’ infinito che egli stesso non può che considerarlo divino, se non proprio Dio.

 

Una tale visione poneva, alla cultura del suo tempo, non pochi problemi: sradicava l’uomo dal centro di un cosmo antropocentrico e antropomorfico e, di fatto, inficiava il concetto stesso di libertà e libero arbitrio prospettando un orizzonte naturale per certi versi quasi iperdeterministico, in cui tutto ciò che è possibile è posto realmente in atto, secondo una prospettiva teorica che verrà ripresa anche da Spinoza. Nonostante ciò, l’idea di infinito bruniana non è così ‘potente’ come quella che poi è stata elaborata dalla matematica contemporanea: l’infinito per Bruno è unico, così come è unico l’universo, sebbene costellato da innumerevoli mondi; la stessa prospettiva spaziale e temporale di Bruno è meno complessa di quella contemporanea (e, per certi versi anche rispetto a quella di Spinoza): non ammette una pluralità di dimensioni oltre a quelle note e l’estensione fisica si risolve in un’infinita combinazione di minimi fisici – come vengono denominati gli atomi negli ultimi scritti – che, fra l’altro non ammettono neppure il vuoto, come invece era prospettato nell’atomismo classico di origine democritea.

 

A questo ultimo ciclo di opere, tuttavia, è centrale un concetto, quello di monade-minimo che è declinato sul piano metafisico – cioè sostanziale –, fisico (l’atomo del quale ho appena detto) e logico (inteso come punto geometrico): è un concetto che ribalta tutta l’idea di infinito di Bruno, perché se, nelle altre opere, l’infinito si esprimeva come ‘massimo’, adesso la totalità infinita è l’esito della reiterazione infinita di un minimo che, proprio per questo, è anche massimo, è tutto.

 

È senz’altro un punto di svolta teorico significativo sul quale gli studi bruniani si sono soffermati forse un po’ sporadicamente e senza raggiungere un giudizio ‘stabile’ o approfondito, anche a causa della difficoltà tecnica degli scritti matematici di Bruno nei quali questi aspetti vengono delineati estensivamente e sui quali, devo confessare, sto lavorando da molti anni assieme ad altri studiosi dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento di Firenze, cercando di redigerne un’edizione critica che spero sarà presto ultimata. 

 

Termine della seconda parte

 

 

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Articolo pubblicato il 10/04/2022