Gualino il magnifico sognatore - Il personaggio
Riccardo Gualino (Felice Casorati)

Una sintetica riflessione su questa eccezionale figura (Terza parte - di Riccardo Manzini)

Il dottor Riccardo Manzini, medico chirurgo ed egittologo di lungo corso, ma anche attento osservatore di importanti personaggi ormai consacrati nella storia e tali da lasciare un’incancellabile eredità culturale nella società contemporanea, ci ha inviato a partire da venerdì 17 giugno 2022 la prima e la seconda puntata del suo studio Il magnifico sognatore Riccardo Gualino.

Ora ci giunge la terza parte dell’articolo in oggetto, che ci illustra l’incredibile esistenza e l’attività imprenditoriale, la creatività geniale che anticipava i tempi e le nuove esigenze della società, la sua ascesa finanziaria inarrestabile, bruscamente sabotata dalle scelte di politica economica del Fascismo, senza mai rinunciare ad essere un sincero estimatore - e benefattore - dell’arte.

Nel ringraziare l’Autore, per la sua precedente e attuale collaborazione, auguriamo buona lettura (m.b.).

 

IL MAGNIFICO SOGNATORE RICCARDO GUALINO

3) la sua parabola (1925-1964)

Se fino a quel momento le attenzioni di Gualino si erano indirizzate principalmente alla creazione del suo patrimonio che, malgrado improvvisi alti e bassi, aveva raggiunto rapidamente una consistenza eccezionale attraverso la continua vorticosa creazione di imprese redditizie, nel periodo 1924-25 si indirizzarono anche alla cultura promuovendo artisti emergenti e finanziando iniziative di rinnovamento culturale.

Il desiderio di estendere ad altri il piacere della cultura lo portò infatti alla realizzazione del Teatro di Torino e del Teatrino annesso alla propria villa: intraprese il primo per puro mecenatismo onde far conoscere quanto avveniva nel mondo in campo artistico ben sapendo di incamminarsi verso un passivo enorme, ed il secondo per un raffinato piacere da gran signore.

A questo periodo è infatti da ascrivere l’acquisto del decaduto Teatro Scribe (slide 1), che fece ristrutturare affidandone il progetto a Chessa e Casorati (slide 2) ribattezzandolo Teatro di Torino, per offrire ai torinesi a prezzi contenuti eventi ed interpreti internazionali di eccezionale importanza.

In quegli anni fece altresì costruire nella sua villa di via Galliari (già impreziosita da opere di Cimabue, Botticelli, Tura, Veronese, Manet, Fattori, Modigliani ecc.) un teatrino privato (slide 3), allestito da Casorati che lo decorò con pregevoli pannelli (slide 4), in cui organizzava serate con gli artisti che si esibivano al Teatro di Torino per poterne godere in esclusiva, le cui ambite partecipazioni furono sollecitate da reali, nobili ed industriali italiani ed esteri.

Desiderando però crearsi un’oasi esclusiva lontana dall’ambiente lavorativo fece costruire due grandiose ville a Sestri Levante riservate a sé ed agli amici (slide 5-6), valorizzando in tal modo questa località fino allora pressoché sconosciuta.

Nel 1926 la SNIA aveva raggiunto una tale fama internazionale da essere quotata nelle Borse di Londra, Parigi, New York, Berlino ed Amsterdam, oltre ad essere invitata ad un’alleanza con i suoi maggiori concorrenti mondiali e ad una partecipazione alla Banca Hambros di Londra. L’organizzazione delle fabbriche e la tutela dei dipendenti SNIA furono presi ad esempio di efficienza e costantemente ammirate, giungendo ad essere lodate da un Comitato dell’Unione Sovietica per la sanità degli ambienti e per la cura della vita dei lavoratori e delle loro famiglie.

Malgrado i successi ottenuti, essendo dominato da una costante irrequietezza creativa, cercò nuovi sbocchi investendo molto del suo capitale personale nella partecipazione alla attivissima banca d’affari francese Oustric (slide 7) di cui divenne maggior azionista (senza per altro rivestire mai alcuna carica), indirizzandola ad acquisire partecipazioni di imprese efficienti ma carenti di liquidità.

L’ascesa inarrestabile di questo vulcanico imprenditore, portato fino ad allora ad esempio anche dal Fascismo come testimone della genialità italica, terminò bruscamente nel 1927 quando scrisse la già citata Lettera a Mussolini in cui avanzò dure critiche alle scelte economiche del governo. Dopo questa esternazione che lo rese inviso al Regime, fu bruscamente abbandonato dal senatore Agnelli, suo socio in molte imprese, e dagli ambienti imprenditoriali e bancari di rilievo allineati con il Fascismo.

Sottovalutando le conseguenze che questa lettera stava provocando continuò nel suo desiderio di partecipare alla cultura italiana progettando nella collina torinese una villa (slide 8) che rimase incompiuta per gli eventi successivi. La villa era concepita con tre corpi separati ma integrati di cui uno destinato a propria abitazione, mentre gli altri due avrebbero dovuto divenire abitazione e studio momentaneo di artisti, le cui opere sarebbero state esposte nel corpo centrale.

Sebbene il Fascismo stesse quindi creando un isolamento attorno alla sua figura, a dimostrazione dell’importanza acquisita da Gualino nella società italiana, nel 1928 la regina d’Italia venne appositamente a Torino per inaugurare la collezione di quadri che l’imprenditore aveva fatto acquistare da Venturi per donarla alla Galleria Sabauda, di cui costituisce tuttora uno dei settori più importanti.

In quello stesso anno fondò a Rivarolo Canavese (Torino) la Salp (dia 9) per la rigenerazione del cuoio usato cui si interessarono subito grandi Gruppi finanziari nord-americani, la quale produsse rapidamente utili che portarono all’apertura di fabbriche a Sesto San Giovanni, Parigi e New York.

Per concentrare in un unico edificio le direzioni della ormai tentacolare SNIA e di gran parte delle sue numerose aziende fece costruire in corso Vittorio lo splendido palazzo (slide 10) che fu acclamato dalla stampa di settore come simbolo architettonico della nascente corrente razionalista in Italia.

Ma l’ostilità che la classe imprenditoriale italiana aveva covato nei suoi confronti fin dagli inizi e l’avversione del Fascismo dopo la lettera del 1927 riuscirono infine a concretizzarsi approfittando del tracollo finanziario della Banca Oustric in cui Gualino aveva una grande partecipazione.

Questa Banca francese, fino allora molto stimata ed in espansione tanto da dare ombra ai maggiori Istituti di Credito, aveva acquisito interessi nell’industria automobilistica ed in quelle della pelletteria, tessuti, lana, tele cerate, linoleum, costruzioni elettriche, cementi ed immobiliari. Sebbene avesse un ingente capitale depositato di 275.000.000 di lire e disponesse di circa 325.000.0000 di lire di liquidità, le eccessive attività, una insufficiente coordinazione ed alcuni acquisti sproporzionati per false o errate informazioni portarono la banca sull’orlo del fallimento (1929).

In quell’anno Gualino, ormai acclamato come uno dei maggiori imprenditori europei con un capitale netto personale di oltre 600.000.000 lire e più di 80.000 dipendenti, cercò quindi di intervenire con gran parte del proprio patrimonio per salvare quell’Istituto di Credito che lo aveva aiutato in passato. Ma le conseguenze del crollo di Wall street ed il conseguente intervento dei Governi per stabilizzare le monete portò ad una grave crisi economica ed al crollo dei titoli che colsero Gualino in un momento di massima esposizione finanziaria.

Per non coinvolgere la SNIA si dimise innanzitutto da ogni incarico in quella società, ma non essendo sostenuto dal Governo e meno che mai dagli industriali, fu sufficiente una mancanza di liquidità di 100.000.000 di lire per portare la Banca Oustric al fallimento ed il patrimonio di Gualino al tracollo. Per una corretta valutazione delle reali motivazioni politiche e delle invidie che generarono questo tracollo basti pensare che la Banca d’Italia non intervenne a soccorrere le imprese di Gualino, ma nello stesso anno impegnò cifre ben maggiori di quella richiesta in quel caso per salvare la Comit ed il Credito Italiano di cui Agnelli era azionista di maggioranza.

Nella sorpresa generale il 19 gennaio del 1930 Gualino venne improvvisamente arrestato senza alcuna imputazione precisa, ogni sua proprietà fu posta sotto sequestro e tutte le opere d’arte in suo possesso furono incamerate dallo Stato ed in parte disperse nel volgere di 10 giorni.

La società fascista, fomentata da alcuni grandi imprenditori italiani, trovò quindi in Gualino un capro espiatorio per la crisi economica seguita al 1929, imputandogli di aver disonorato la Patria provocando il fallimento della Banca Oustric “...non avendo controllato se gli avvocati ed i notai della Banca e delle società dipendenti verificavano a dovere gli statuti e gli atti costitutivi". In realtà Gualino si era limitato a fornire ingenti fondi alla Banca senza mai interessarsi alla sua gestione, avendo fiducia nel proprietario Oustric come tutti gli altri consiglieri di Amministrazione.

Sebbene il suo arresto, ostentato ripetutamente dal Regime come prova di giustizia imparziale, non sia stato seguito da alcun processo, fu cancellato dall’Ordine degli Avvocati ed immediatamente inviato al confino a Lipari (slide 11) per tre anni.

Instancabile e fremente creatore, al termine del confino (1933) si trasferì a Parigi dove, a causa del divieto ad intraprendere qualunque attività imprenditoriale in Italia, l’anno successivo fondò con lungimiranza le case di produzione Lux Cinematografique e Lux Italia che confluirono nel 1935 nella Lux Film (che divenne ironicamente un vanto fascista di Cinecittà). A ennesima riprova della genialità delle iniziative di Gualino, questa Casa di Produzione conquisterà un posto rilevante nella cinematografia italiana del dopoguerra, sapendosi attorniare da collaboratori che sarebbero diventati famosi come Totò, Fellini, Germi, De Laurentis, Ponti ecc.

Dopo la guerra Gualino, stabilitosi definitivamente a Roma, venne riabilitato dallo Stato italiano dalle infondate accuse e per le ingiustizie patite con conseguente restituzione di alcune sue imprese sopravvissute alle vicende belliche (Venchi Unica e Rumianca), ma non i beni immobili e le collezioni d'arte. In particolare, eccettuato il Teatro di Torino vittima di un bombardamento (slide 12) e la villa di via Galliari distrutta da un’inspiegabile esplosione attribuita ad una unica bomba fuori bersaglio (sebbene fosse lontana da qualunque obiettivo), le Ville di Sestri Levante furono pressoché regalate ad una finanziaria che le trasformò nell’attuale albergo (slide 13) e la costruenda Villa in collina venne incamerata dal Comune di Torino.

Malgrado quanto aveva subìto dall’Italia fascista e l’inspiegabile iniquo trattamento dello Stato italiano post bellico, Gualino continuò a sostenere giovani artisti promettenti ed a collaborare alla costruzione ed allo sviluppo del nuovo Cinema italiano. Riguardo alla volontà di Gualino di partecipare attivamente alla ricostruzione del Paese ed al suo vero amore per l’arte e la cultura, particolarmente meritevole di menzione va sottolineato che si impegnò per recuperare in giro per il mondo e ricomprare con il proprio patrimonio i quadri che avevano fatto parte della sua collezione della Galleria Sabauda per donarli nuovamente nel 1959 alla pinacoteca.

Pressoché del tutto ignorato dagli Organi di informazione e dalle autorità, nel giugno del 1964, all’età di 84 anni, Riccardo Gualino morì nella sua villa di Firenze per un’emorragia cerebrale e fu seppellito privatamente nella tomba di famiglia nel cimitero del Santuario di Oropa.

In questo modo si concluse la parabola umana e professionale di questo affascinante personaggio che raggiunse un enorme potere partendo dal nulla e contribuì a dare fama e ricchezza al Paese; parabola generalmente ignorata dall’Informazione e comunque tuttora ammantata di un’aura quasi spregevole ereditata dal Fascismo per non essersi mai allineato politicamente e non aver mai fatto parte del salotto bene della finanza italiana.

Riccardo Manzini

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Articolo pubblicato il 25/07/2022