Sale la tensione nel Pacifico: sarà Guerra?

Di giorno in giorno Pechino è sempre più insofferente verso la nuova Governance americana. Ci sarà guerra a Taiwan?

Oltre alla guerra in Ucraina e la crisi balcanica si aggiunge anche la crisi nell’Isola di Formosa. Vero luogo dello scontro fra le superpotenze. Quello che si prefigurava mesi fa sembra si stia avverando. Una sorta di profezia che si auto adempie prestata alla geopolitica.

Qualche giorno fa, a scatenare l’ira di Xi Jinping, presidente della Repubblica Popolare cinese, è stata la visita lampo a Taiwan di Nancy Pelosi, presidente della Camera americana. Il viaggio sull’isola contesa (Pechino la rivendica come propria provincia, Taiwan si è autoproclamata indipendente anni fa) è considerato una “provocazione” dal Dragone che ha reagito con lo stop all’export di sabbia naturale verso l’isola (materia necessaria per i semiconduttori) e con una serie di “operazioni militari mirate” che accerchieranno l’isola dal 4 al 7 agosto. Un linguaggio che sinistramente evoca l’operazione militare speciale della Russia contro l'Ucraina come ha scritto Caracciolo prima di avvertire: “Data la robusta presenza aeronavale americana nell'area, il rischio di un conflitto per incidente è palpabile. Né Washington né Pechino paiono oggi disposte allo scontro. Ma, si sa, le guerre non sempre si decidono. Accadono. C'è un paradosso nella missione di Pelosi. Biden l'aveva sconsigliata, riferendo in pubblico che il Pentagono non la considerava una buona idea”.

Ad oggi, né Washington né Pechino paiono disposte allo scontro. Ma, si sa, le guerre non sempre si decidono. Accadono.

Cina e Stati Uniti si trovano su un pericoloso piano inclinato che porta dritti alla guerra. Questione di tempi e di modi. L’unica via per impedirla è che entrambi riconoscano il pericolo e accettino di regolare per via negoziale le loro dispute. Ne siamo più lontani che mai.

Dopo le parole di Biden nei giorni scorsi, e di Pelosi, gli Usa affermano che l’Era dell’unica Cina riconosciuta potrebbe essere finita. Si è spenta così la luce sul teatro geopolitico sino-americano allestito mezzo secolo fa da Henry Kissinger e Zhou Enlai e codificato nel 1992.

Obiettivo inespresso ma condiviso dagli strateghi americani è la fine del regime comunista e la nascita di diverse Cine più o meno indipendenti. Così scongiurando la minaccia del sorpasso della Cina sull'America. In ogni caso, l'America non vuole la guerra, né oggi né domani. Spera che dopodomani la questione cinese si risolva da sola, per suicidio del regime comunista, in perfetto stile sovietico. Ma è pronta a combattere oggi, domani o dopodomani se Pechino attaccasse Taiwan.

La Cina dal canto suo continua a fare prove muscolari nelle acque taiwanesi, e non solo. Sembra che nelle sue “provocazioni” voglia coinvolgere anche il Giappone e gli stati limitrofi a Formosa. Nei giorni scorsi Pechino ha effettuato diversi sconfinamenti, tramite jet militari e lancio di missili. Chiaramente solo semplici prove militari, ma che dietro hanno un significato geopolitico ben preciso, ovvero quello di lanciare un monito all’Occidente filo-americano: se Washington e Bruxelles riconosceranno anche Taipei ci sarà la Guerra!

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Articolo pubblicato il 07/08/2022