L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Elio Ambrogio: Dopo il 25 settembre

Ragionamenti sul dopo-elezioni

Le elezioni politiche del 25 settembre non sono state elezioni come le altre, ma sono state un evento decisamente epocale, quanto meno nella prospettiva degli ultimi decenni. E ciò per una serie di motivi che vale la pena di evidenziare.

Intanto per il momento storico, sicuramente il più drammatico e inquietante che l’occidente ha vissuto  dalla fine della seconda guerra mondiale: eventi sanitari, bellici, economici che hanno portato a un punto di svolta della nostra civiltà così come l’abbiamo conosciuta sino ad ora. Il nuovo governo a guida Giorgia Meloni che si va delineando dovrà affrontare eventi e situazioni che nessun altro esecutivo ha dovuto affrontare dal 1945.

In secondo luogo, questo governo in via di formazione rappresenta anche un’inversione di tendenza culturale del tutto inedita: una coalizione di destra che si qualifica per tale, senza sfumature e senza ambiguità, e non assimilabile alle passate versioni di centro-destra con tutte le loro esitazioni, le loro reticenze, le loro ambiguità centriste. Per la prima volta una forza dichiaratamente di destra, senza complessi, si pone a capo di una compagine governativa che dovrà cambiare il paese. Non sappiamo se ci riuscirà, ma quantomeno, questa volta, sappiamo chi si propone di farlo. E il fatto che si tratti di un netto cambiamento di rotta è dimostrato dallo stordimento e dai singhiozzi di disperazione di una sinistra che sa di aver perso il consenso popolare e, in buona parte, anche la sua identità politica e storica.

In terzo luogo, il risultato elettorale rappresenta anche uno schiaffo su entrambe le guance del sistema informativo italiano e della sua più recente creatura immaginale, Mario Draghi, che ha dimostrato tutta la sua inconsistenza mediatica e politica. Non solo è stato premiato alla grande l’unico partito significativo, Fratelli d’Italia, che si è posto all’opposizione del Gran Banchiere, ma anche un partito come il Movimento Cinque Stelle che ne ha determinato sostanzialmente la caduta, anche se restano forti dubbi se il dimezzamento dei suoi consensi rispetto al 2018, in presenza di un fondato presagio di estinzione, possa considerarsi realmente un successo.

Forze ambigue di semi-opposizione o semi-governative come la Lega o Forza Italia, personaggi senza identità politica come Calenda e Renzi, forze pienamente incardinate nel sistema di potere e inebriate del personaggio Draghi oggi si leccano le ferite e vagano per il paese in cerca di un ruolo. Il sistema mediatico ha grandi responsabilità in tutto ciò in quanto per lunghi mesi ha supportato la visione di un Draghi escatologico, divinizzato, messianico, con la sua Agenda mitica e misteriosa, il suo credito mondiale, la sua superiorità intellettuale e morale, un personaggio che però oggi è latitante, scomparso dai radar giornalistici e televisivi, relegato suo malgrado negli indefinibili “affari correnti” governativi proprio nel momento in cui il paese non solo è precipitato in una depressione -economica e psicologica- senza precedenti ma è anche scosso dai venti impetuosi di quel mundus furiosus, più volte evocato da Tremonti, che porta con sé i tremori di una catastrofe globalizzata. Il vecchio governo non c’è più, quello nuovo non c’è ancora: l’Italia è appesa a un filo che la pazzia globalista in ogni momento minaccia di tagliare.

In quarto luogo, resta in tutti noi la paura del compromesso, il timore che a una vittoria netta segua una politica tutt’altro che netta. Giorgia Meloni e i suoi alleati hanno conquistato una maggioranza parlamentare assoluta, anche se non tale da consentire riforme costituzionali autonome in quanto non hanno conseguito i due terzi dei seggi nelle camere, e questo potrebbe allontanare quello che era uno dei loro obiettivi principali: una riforma delle istituzioni in senso presidenziale. Ma c’è anche il pericolo che i grandi poteri nazionali e sovranazionali sfianchino il lavoro riformatore della futura maggioranza su temi altrettanto fondamentali: il sovranismo politico, la preminenza del diritto nazionale, l’autonomia monetaria, le politiche espansive di bilancio, le politiche energetiche, le politiche immigratorie e, soprattutto, la ridefinizione delle alleanze strategiche e delle politiche militari. Tutti temi capitali e sovrastanti ogni possibile altra piccola e scontata politica nazionale.

In quinto luogo, la nuova maggioranza e il nuovo governo non dovranno dimenticare come una larga fetta di aspirazioni popolari, diffuse, profonde, ad un tempo frammentate ma reali, sia rimasta oggi senza rappresentanza politica. Alludo a quelle forze politiche “antisistema” che vanno da Italexit a Vita, da Italia Sovrana e popolare a Unione Popolare fino ad Alternativa per l’Italia che, non avendo superato la soglia di sbarramento elettorale, non saranno presenti in parlamento e rischiano quindi di disperdere non solo i voti di coloro che le hanno votate ma anche una importante e degnissima visione del mondo. Una visione che contiene molte delle istanze che la maggioranza destro-meloniana ha portato avanti nella sua battaglia elettorale e che andrebbero in qualche modo ripescate nel prossimo dibattito politico e nella prossima azione governativa.

In sesto luogo, l’affermazione di Giorgia Meloni e delle forze che l’hanno supportata è anche indice di un profondo rivolgimento culturale che da molto tempo andiamo auspicando su queste pagine: il rivolgimento della visione corrente del mondo che, finora, in un’ottica di egemonia culturale gramsciana, è stata prerogativa della sinistra, o meglio, delle sinistre in tutte le loro nuances politico-cromatiche: rosse, rossastre, fucsia, rosé, arancioni, arcobaleno, verdi... Un’egemonia che, mascherata da difesa dei diritti, si è molto spesso tradotta in spregio e sfregio di diritti altrui, in totalitarismo intellettuale, in arroganza moralistica, in snobismo pieno di orgoglio e pregiudizio, in conformismo e perbenismo piccolo e alto-borghese. Tutti atteggiamenti che l’intellettualità liberale e di destra -ma anche una sinistra genuina, piccolissima e minoritaria- vanno da tempo rinfacciando alla grande sinistra istituzionale e pariolina, a quella padrona del discorso e signora della comunicazione. Oggi, dopo la sconfitta, anche questa sinistra ormai penitente, in alcuni suoi esponenti, sembra aver compreso come il PD, partito patinato e plastificato nelle sue mode culturali, sia stato micidiale nel diffondere e alimentare questa mentalità masochistica, e qualcuno auspica addirittura lo scioglimento di quel partito (non solo l’ennesimo cambio di nome) per lasciare che la sinistra “diffusa”, e vera, si riaggreghi spontaneamente in un nuovo soggetto politico più vicino alla realtà, alle persone e alla grande tradizione umanistica e umanitaria del socialismo in tutte le sue antiche ma ancora attuali declinazioni.

A Giorgia Meloni, donna sicuramente intelligente e determinata, dopo queste amichevoli considerazioni vada un augurio sincero ma anche un invito a vigilare con circospezione su tutti i segnali oscuri che possono venire da quegli ambienti -nazionali e internazionali- che certamente porranno in atto tutta la loro perfidia e utilizzeranno tutti i mezzi leciti e illeciti per frenare ogni piccolo sintomo di cambiamento nel nostro paese.

E’ necessario che, accanto ad una sincera convinzione nelle proprie idee, la signora di Fratelli d’Italia diffidi del maggior numero possibile di persone, nemiche e amiche, secondo l’antico principio evangelico: siate candidi come colombe e cauti come serpenti.

 

Elio Ambrogio - Vice Direttore - Editorialista

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 02/10/2022