Artemide Zatti, santo salesiano (seconda parte)
Artemide Zatti nel 1942

Infermiere e santo

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Era dunque la fede a spingere Artemide Zatti ad un’attività instancabile nel quotidiano. La sua consacrazione religiosa lo ha indirizzato alla cura dei poveri, dei malati e di coloro che cercano la salute e la consolazione misericordiosa in Dio. Egli lavora nel mondo della sanità a fianco di medici, infermieri, personale sanitario, Figlie di Maria Ausiliatrice e tante persone che, insieme a lui, collaborarono al sostegno dell’ospedale San José, il primo della Patagonia argentina, nella Viedma della prima metà del XX secolo. La tubercolosi che aveva contratto all’età di vent’anni non sarà un ostacolo a perseverare nella sua scelta professionale, in quanto Artemide trova nella figura del salesiano coadiutore uno stile ed un incentivo per l’impegno a lavorare sempre più a contatto con i poveri. La sua consacrazione religiosa, vissuta nella professione di infermiere, è stata il punto più alto di una vita dedicata a Dio e ai fratelli.

“Parente di tutti i poveri”. Il suo contatto con i poveri è finalizzato a ricercare la salute e a lenire il dolore, a sopportare la sofferenza, ad accompagnare gli ultimi momenti della loro vita, ad offrire un sorriso di fronte all’irreversibile. Per tali motivi, Zatti diventa una “presenza-medicina”: egli curava i malati anche con la sua presenza discreta e amorevole. Al suo principale biografo, il salesiano Raul Entraigas, dobbiamo una scoperta originale. Egli individua nella frase di un compaesano la sintesi della vita di Artemide Zatti, “il parente di tutti i poveri” (diventerà il titolo della sua biografia). Artemide vede Gesù stesso negli orfani, nei malati e negli indigeni, che tratta con spirito di vicinanza, con apprezzamento e amore, al punto che sembrava fossero tutti suoi familiari. Con la sua bicicletta, il mezzo di trasporto che preferiva, percorre le strade di Viedma. Una bella risposta scritta in una lettera alla nipote Maria Elisa Zatti, Figlia di Maria Ausiliatrice, dice così: “Grazie a Dio sono in buona salute, e mi è stato dato di andare in giro per la città con siringhe, termometro, canti, ecc. Spero che anche tu sia in buona salute, ma non andare in giro come tuo zio” (Archivo Histórico Salesiano de Argentina Sur, sede di Bahía Blanca. AR AHS ARS/BB. Bahía Blanca, Argentina, n. 100).

Formarsi per aiutare. Man mano Zatti si perfeziona nella sua professione, fino a diventare responsabile dell’ospedale. I medici che lavorano con lui, ad esempio i dottori Molinari e Sussini, testimoniano che possedeva una grande conoscenza medica, frutto non della sua esperienza e dei suoi studi. Don De Roia aggiunge: “Per quanto riguarda la sua formazione culturale e professionale, ricordo di aver visto libri e pubblicazioni di medicina e, chiedendogli una volta quando li leggeva, mi disse che lo faceva la sera o durante il riposo pomeridiano dei pazienti, una volta finite tutte le mansioni all’Ospedale”. A questo proposito è stato ritrovato un documento, “Credenziali Professionali”, rilasciato dalla Segreteria della Salute Pubblica dell'Argentina con la matricola professionale di infermiere numero 07253, grazie gli studi intrapresi all’Università Nazionale di La Plata nel 1948, oltre ad una precedente certificazione, ottenuta nel 1917, come “Idoneo” in Farmacia.

Il suo stile di vita lo porta ad un impegno in cui incontra direttamente i poveri, i malati, i più bisognosi. La professione infermieristica ha per lui un valore aggiunto, nella quale la sua presenza sul campo diventa una testimonianza della bontà di Dio. Questo semplice modo di guardare la realtà può aiutare a comprendere meglio la vita di Zatti. In questa prospettiva troviamo ciò che di più genuino c’è in lui, con riferimento alla “vita religiosa” o “consacrazione”: a partire da qui Artemide è un salesiano santo, è un infermiere santo. Questa è la sua eredità, lasciata a tutti noi.

La santità. Zatti è un uomo del popolo: tutti lo sentono come uno di loro, anche per questo è stato chiamato “parente di tutti i poveri”. La sua presenza tra la gente del distretto di Viedma e Carmen de Patagones trasmette gioia e serenità, una presenza che accorcia le distanze, un fratello che esce per incontrare i suoi vicini (come ama dire oggi Papa Francesco). Nelle sue azioni, nell’ospedale San José e nella comunità salesiana, irradia la sua gioia e la sua bontà, che generano una immediata simpatia; la sua bicicletta diventa un segno dell’andare incontro agli altri e accorciare le distanze. Nel suo cuore, di salesiano e infermiere, tutti sono importanti e lui si “moltiplica” per raggiungere tutti e servire Gesù in ogni persona sofferente, in ogni prossimo. Grazie alla sua semplicità, la gente semplice e i poveri sono i primi a cogliere la sua statura spirituale; è la stessa gente del quartiere che si sente accompagnata e curata dal cuore caritatevole di Zatti e lo considera un santo mentre è ancora in vita.

“Bisogna saper ingoiare amaro e sputare dolce”. Zatti ha sperimentato nella sua vita le difficoltà e i dolori della povertà e della malattia. Lui e la sua famiglia sono dovuti emigrare in cerca di una vita migliore. Arrivano lasciando la loro terra, la loro gente, portano nel cuore la tristezza di chi deve lasciare il proprio posto, ma anche la forte speranza di un mondo con maggiori opportunità. La sua storia, letta con fede, lo forma e lo prepara ad essere medicina in mezzo a fratelli e sorelle malati e poveri. Il suo cammino gli permette di avere un cuore compassionevole e fraterno per tutti, specialmente per i sofferenti. Il suo sorriso, le sue parole e i suoi gesti diventano medicina che incoraggia e rafforza. Quando gli si chiedeva delle difficoltà e dei problemi che doveva affrontare, rispondeva: “Bisogna saper ingoiare amaro e sputare dolce”, una espressione di chi abbraccia e trova nella croce la forza di essere manifestazione dell’amore di Dio per gli altri.

Zatti, “un santo in vita”. Come raccontato da coloro che hanno testimoniato all’inizio del processo della sua causa di beatificazione, già durante la sua vita l’intera popolazione aveva una grande stima e apprezzamento per l’infermiere. Una chiara espressione di ciò è stata la risposta della popolazione al suo funerale. Tutta la città si è mobilitata per accompagnare il corteo funebre. Così riporta Feliciano López: “L’accompagnamento al cimitero è stato impressionante. Il feretro era accompagnato da mons. Borgatti, dalle autorità del governo e del comune, che avevano ordinato la chiusura e la sospensione di tutti gli uffici pubblici. L’impresario delle pompe funebri ha organizzato un servizio di prima classe. Al termine della funzione, l’Ispettore ha proposto a tutti il compito di raccogliere testimonianze, ricordi e aneddoti per preparare una biografia”. Nel 1956 gli abitanti di Viedma inaugurano il primo monumento a don Zatti, che oggi sorge davanti all’ospedale regionale che porta il suo nome. Nel 1977 i vescovi argentini chiedono al Papa di avviare il processo di canonizzazione, che si è concluso a ottobre scorso.

La preghiera che invoca l’intercessione di Artemide Zatti recita: “La gioia di vederlo risplendere nel Cielo dei tuoi santi ci aiuti a testimoniare la tua Luce”.  In questo tempo, in cui tanto si è sofferto a causa della pandemia, e in cui la salute e i suoi servitori hanno acquisito importanza, Zatti si presenta come un intercessore attento ed un testimone efficace. Auguriamoci che questo modello di vita, nello stile di Don Bosco, incoraggi ciascuno a riesaminare il proprio cammino di vocazione e professione, e a lasciarsi plasmare e ispirare da Dio nelle azioni quotidiane.

 

 

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Articolo pubblicato il 04/12/2022