Paolo VI e la stima per i mass media

Elogio dei mezzi di comunicazione di massa ed avvertenze per un loro corretto uso.

Sessant’anni fa, nel bel mezzo dei lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II, i Vescovi provenienti da tutti i Paesi del mondo hanno voluto dedicare un decreto ai mezzi di comunicazione sociale, meglio conosciuti come mass media.

Alla commissione che ha preparato il documento conclusivo hanno partecipato 2124 presuli. Il testo sottoposto al Santo Padre è stato votato ed approvato da 1960 presuli favorevoli e solamente 164 contrari.

Il decreto di cui andiamo a parlare porta il titolo di “Inter Mirifica”, terminologia latina traducibile come “Tra le meraviglie”, dalle prime parole del decreto stesso.

Papa Paolo VI, il pontefice che ha portato a termine e compimento il Concilio voluto e iniziato da Papa Giovanni XXIII, ha approvato e dato alle stampe l’“Inter Mirifica” il 4 dicembre 1963, durante la terza sessione.

Questo documento ha un importante valore per la presa di coscienza che la Chiesa Cattolica ha fatto sull’importanza della comunicazione e sul ruolo fondamentale che ricoprono i mezzi d’informazione e divulgazione nella società e tra i fedeli.

Paolo VI, grande precursore dei tempi, ai Cattolici spiega che “La madre chiesa riconosce che questi strumenti, se bene adoperati, offrono al genere umano validi sostegni, perché contribuiscono efficacemente a sollevare e ad arricchire gli animi, nonché a estendere e consolidare il regno di Dio. Ma sa pure che gli uomini possono usarli contro il piano di Dio creatore e volgerli a propria rovina; anzi, è afflitta da materno senso di dolore per i danni che molto spesso il loro cattivo uso ha provocato all’umanità”. (Inter Mirifica, paragrafo 2)

Parole dense di valore e significato se si pensa che il Papa le ha scritte nel 1963 quando, ad esempio, non esisteva internet, non esistevano i giornali online, YouTube, Vimeo, Tik Tok ed altri grandi applicazioni in grado di raggiungere milioni di persone con un solo click.

Nonostante a quel tempo non vi fosse il dramma della pornografia dilagante – assolutamente sfuggito di mano con l’avvento di internet – Paolo VI mette in guardia i fedeli dai rischi di un cattivo uso degli strumenti di comunicazione. Il Pontefice scrive infatti: “si consideri il modo di agire proprio di ciascuno strumento, cioè la forza di suggestione, la quale può essere tale che gli uomini, soprattutto se insufficientemente preparati, riescano con difficoltà ad avvertirla, a dominarla e, quando occorresse, a respingerla”. (Inter Mirifica, paragrafo 4)

Nel 2023 queste cose sembrano scontate e pressoché ovvie ma nel 1963 questi ragionamenti erano assolutamente futuristici. Non a caso i Cardinali più conservatori e meno inclini al Concilio hanno osteggiato Paolo VI in modo forte e nemmeno poi tanto velato.

Paolo VI ha sempre avuto molta stima dei giornalisti; ne diede prova durante il suo periodo di episcopato a Milano. L’allora Arcivescovo Montini, ogni volta che faceva qualche intervento pastorale o qualche atto d’importanza dottrinale, chiamava gli organi di stampa – cattolica e non – per far sì che le sue parole raggiungessero quante più persone possibili.

Monsignor Montini era persuaso che una buona informazione potesse giovare alla formazione dei giovani e, più in generale, dei fedeli affidati alle sue pastorali cure.

Nel decreto sui mass media, quindi, ha sottolineato questo aspetto dicendo chiaramente che “la pubblica e tempestiva comunicazione degli avvenimenti e dei fatti offre ai singoli uomini una più adeguata e continua conoscenza così che possano contribuire efficacemente al bene comune e promuovano tutti insieme più agevolmente la prosperità e il progresso dell’intera società”. (Inter Mirifica, Paragrafo 5)

I giornalisti, coloro che si occupano di cronaca, dopo la promulgazione di questo documento sono stati investiti da una grande responsabilità. Ciò che si scrive, ciò che si offre al lettore, deve tener presente il carattere di verità, di autenticità delle fonti e, soprattutto, il principio di terzietà rispetto alla vicenda narrata.

La notizia non è – e non deve essere – fine a se stessa ma deve tendere indiscutibilmente alla “prosperità e al progresso dell’intera società”.

A sessant’anni dalla promulgazione di questo decreto pontificio restano forti l’attualità e la freschezza del messaggio in esso contenuto. Era importante farne memoria e proporne una riflessione.

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Articolo pubblicato il 01/02/2023