La Chiesa Anglicana pronta ad aprire agli LGBT

La maggior parte dei Vescovi pare essere in linea con la Lobby Gay ma il Primate, Mons. Welby, prende subito le distanze.

In questi mesi ci siamo occupati più volte della questione LGBT e di come essa venga trattata dalla Chiesa Cattolica di Roma. Lo abbiamo fatto perché la Lobby LGBT è da sempre ferocemente contraria alla Dottrina Cattolica e non perde occasione per attaccare la gerarchia che chiede ai fedeli di diffidare dalle posizioni gay friendly imposte dal pensiero unico.

Oggi ci occupiamo della Chiesa Cristiana d’Inghilterra, meglio conosciuta come Chiesa Anglicana, nata nel XVI secolo per volontà del re Enrico VIII come atto di scisma dalla Chiesa Cattolica Romana.

Questa chiesa conta all’incirca 25 milioni di fedeli in tutto il mondo ed ha una giurisdizione territoriale divisa in due grandi Provincie Ecclesiastiche, quella di Canterbury e quella di York, e in sette Arcidiaconie assoggettare alla Diocesi di Gibilterra in Europa.

In questi giorni è trapelato un documento programmatico che verrà discusso nel Sinodo Generale della Chiesa Anglicana che si riunirà questo mese per decidere i temi dottrinali, pratici e necessari per la vita delle varie comunità anglicane sparse nel mondo.

In questo documento si parla della questione LGBT e lo si fa in modo molto approfondito e chiaro.

La gran parte dei Vescovi anglicani che prenderà parte al Sinodo Generale di Londra, infatti, ha espresso chiaramente il suo appoggio alla Lobby Gay scrivendo: “Vogliamo scusarci per il modo in cui la Chiesa d’Inghilterra ha trattato le persone LGBTQI+, sia quelle che frequentano le attività delle nostre chiese sia quelle che non lo fanno. Per le volte in cui abbiamo rifiutato o escluso voi e coloro che amate, siamo profondamente dispiaciuti. Le occasioni in cui avete ricevuto una risposta ostile e omofoba nelle nostre chiese sono vergognose, e per questo ci pentiamo”.

Queste poche righe obbligano il cronista ad una riflessione.

Quando i Vescovi anglicani affermano di aver posto in essere “una risposta omofoba” hanno certamente contravvenuto al passo biblico in cui il Signore comanda: “Non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso” (Levitico 19:18).

Quando gli stessi Vescovi, invece, sostengono di aver “rifiutato o escluso” gli LGBT dalla vita sacramentale della Chiesa hanno semplicemente aderito al dettame neotestamentario per il quale san Paolo scrive: “Non v’illudete; né fornicatori, né idolatri, né adùlteri, né effemminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il Regno di Dio”. (1 Corinzi 6:9-10).

Per quale motivo dunque i presuli sentono il dovere di scusarsi con chi – dalla Bibbia stessa – è condannato all’esclusione dal Regno di Dio? Non ci è dato saperlo.

La cosa che lascia un poco perplessi è quella secondo cui il matrimonio limitato tra un uomo e una donna rimarrà in vigore. In pratica, i Vescovi si scusano con le Lobby LGBT per averle escluse dalla vita sacramentale della Chiesa, ma fanno loro presente che non permetteranno ugualmente di contrarre matrimonio religioso in quanto contrario alle Leggi di Dio.

Il documento preparatorio al Sinodo Generale di Londra ci pare quantomeno confuso.

Che senso ha porre delle scuse ad una comunità se poi si impedisce alla stessa di accedere a ciò per cui si sono fatte le scuse? Difficile rispondere ad un simile paradosso.

I presuli hanno ideato una sorta di surrogato liturgico al matrimonio sacramentale preparando una cerimonia con preghiere, atti di ringraziamento e benedizione di Dio a quelle coppie LGBT che hanno contratto un matrimonio o un’unione civile.

Questo ha creato all’interno della Comunione Anglicana non pochi dissapori, malumori e malcontenti.

Il Vescovo Primate della Chiesa d’Inghilterra, Monsignor Justin Welby, Arcivescovo di Canterbury, appreso del controverso documento preliminare al Sinodo ha immediatamente fatto sapere che, pur riconoscendo queste preghiere come “un momento di gioia e di celebrazione”, non le userà e non le promuoverà.

Rivolgendosi agli organi di stampa britannici ha infatti dichiarato: “A causa della mia cura pastorale e della responsabilità di essere un centro di unità per l’intera Comunione Anglicana non le userò personalmente per non compromettere quella cura pastorale”.

Mons. Welby ha ben chiaro che un’apertura alle coppie LGBT – in chiara contrapposizione con il testo biblico – creerebbe una frattura sì forte all’interno della Chiesa da minarne i principi stessi di esistenza.

Ovviamente non si sono fatte attendere le recriminazioni della Lobby Gay che, per voce del suo attivista Jayne Ozanne, ha dichiarato: “Abbiamo avuto scuse dopo scuse, dopo scuse, e questa, francamente, suona vuota e crudele perché se ti scusi e poi continui con l’abuso, è simile all’abuso domestico. Il fatto che i vescovi non lo vedano è ciò che mi fa arrabbiare”.

Come sempre diciamo: è giusto che ogni essere umano viva la propria vita sessuale ed affettiva come più ritiene consono, nel rispetto delle leggi, ma è altrettanto corretto che si renda conto di non poter imporre la sua scelta al prossimo.

Essere Cristiani, siano essi Cattolici, Evangelici, Ortodossi o Anglicani, non è obbligatorio. Se si sceglie di seguire la figura straordinaria di Gesù Cristo si sceglie anche di adottarne la linea di comportamento, di seguirne l’insegnamento e di osservarne la dottrina.

Non si può certamente pretendere di dirsi Cristiani e di farsi beffa della Bibbia e di ciò che Essa magistralmente insegna da ben duemila anni.

Certamente torneremo sul tema con la speranza che possa finire presto l’imposizione omosessualista che in tutto il mondo ammorba chi non la pensa come la Lobby LGBT.

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Articolo pubblicato il 02/02/2023