Parte il festival di Sanremo. Polemiche sul dualismo Chiara Ferragni-Zelensky che invierà soltanto un testo

Il festival della canzone italiana ha forse perso l’occasione di farsi testimonial di fede, di umiltà, di pacifismo e di fratellanza?

L’annuncio è ufficiale: Chiara Ferragni sarà co-conduttrice durante la prima e l’ultima serata del festival di Sanremo 2023. Per quanto riguarda il collegamento con Volodymyr Zelensky, previsto dalla Rai nell’ultima serata, sembrava cosa fatta, ma la tempesta scatenata su social e mass-media ha ridimensionato l’intervento ad un dispaccio. Ed è cosa buona e quasi giusta.

Due personaggi sulla cresta dell’onda, ma per cause raramente più opposte.

Chiara Ferragni è un’imprenditrice, influencer, blogger, designer e modella italiana che ha fondato TBS Crew srl & Chiara Ferragni Brand, e dal 2021 membro del Consiglio di Amministrazione del gruppo Tod’s, dell’imprenditore Diego della Valle. Una donna dalle infinite risorse, tutte legate all’universo della moda e a marchi prestigiosi connessi al futile, ricco mercato del bello. Feticci dell’eleganza che avrebbero cozzato frontalmente con il verde militare, casacca di Zelensky, emblema di una nazione in balia di una guerra che ha dispensato orrore e morte, e nei nostri cuori un quotidiano velo di tristezza.

All’apparenza, il duo Morandi-Amadeus, aveva scelto bene i partner per far schizzare alle stelle l’audience di uno show sempre più teatrale, audace e trasgressivo, ma per certi versi, in ribasso di gradimento rispetto a quel festival della canzone un tempo melodico, garbato, devoto e pacifista.

A differenza di un comizio, un festival di musica leggera dovrebbe elargire emozioni "leggere", eppure, sempre più spesso si fa strada un paradosso: anche attraverso la musica, una crescente fetta di popolazione sembra riconoscersi e inorgoglirsi nel comunicare di non avere fede e di essersi sbarazzati di Dio. Nei nei testi musicali, anche l tema dell'amore è sempre più intrecciato con l'evoluzione della nuova sessualità liquida e forme di trasgressione che interagiscono con la fantasia giovanile e i bisogni della dopamina.

Tornando sui due ospiti, la notizia di Zelensky al festival ha suddiviso gli opinionisti più accreditati de Il Fatto Quotidiano, La Repubblica, La Stampa, Byoblu eccetera, oltre a politici e conduttori di talk show, compreso Fiorello, scatenando un putiferio di rara divergenza. Tra i tanti ho apprezzato un sapiente e pacato intervento a La7 di Vittorio Sgarbi: “certo è uno spot per Amadeus, ma non per Zelensky, che senso ha presentarsi in un festival del genere mentre il suo popolo muore di freddo e di fame o nelle trincee?”. Non avrei saputo dirlo meglio e pare che il messaggio sia stato ben recepito.

Forse c’è dell’altro di su cui soffermarsi a ragionare.

Tornando sull’invito alla co-conduzione della Chiara Ferragni, divinità del marketing che seduce ed influenza passioni e desideri dei giovani e non solo, deglutiti nel vortice dell’apparire e del possesso, il misticismo cede il passo a vecchi e sempre nuovi semidei.

Tra i tanti altri ospiti, pare che Fedez, consorte della Ferragni, interverrà in diretta da una nave da crociera, onnipresente rapper collezionista di gaffe che emette frasi inammissibili a chiunque altro. Da ogni social divulga un ribrezzo verso la religione e nei suoi videoclip la sessualità liquida è uno spot per adolescenti in cerca di tendenza, favorendo confuse emulazioni che, per dati conclamati, portano a bullismo, depressione e talvolta al suicidio, eppure fa audience un certo tipo di costume.

In questo party di influenze che snaturano la spiritualità dell’arte, delle canzoni e dell'amore emotivo, il collegamento con Zelensky, era stato accolto con un coro di contrarietà che spaziava dal cattivo gusto, all’imbarazzo di un’intera società, fino ad un diffuso disappunto nei confronti del presidente ucraino, coinvolto a torto o a ragione in un demenziale conflitto che ha rimesso in moto l’industria degli armamenti in mezzo mondo.

Un altro settore in cui il marketing si avvale di ogni mezzo pur di lucrare nell’immenso, maledetto mercato delle bocche da fuoco.

Dunque, lo scoop si limiterà a un messaggio del leader ucraino che per mestiere, conosce bene il mondo dello spettacolo. Sulla letterina che Amadeus leggerà al popolo dei tele-ascoltatori, scivola già un certo disagio preventivo. L’appello che stringerà cuori e bocca dello stomaco della bella gente griffata Tod’s & company, sarà un ulteriore, seppur disperato appello in streaming, destinato ai fornitori d’armi? Ma perché farlo a Sanremo?

Molto tempo è passato da quando Gianni Morandi cantava: “c’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stone” (album “Un mondo d’amore”… 1967). Anni in cui i Giganti cantavano: “Mettete dei fiori nei vostri cannoni” e “Give peace a chanche” dell’immortale John Lennon diventava inno pacifista contro la guerra nel Vietnam. Anni di Woodstock e Memphis, megaconcerti e hippy. “Fate l’amore non fate la guerra”. Poco è cambiato nel guerresco animo umano.

Quest'anno il festival di Sanremo aveva una grande opportunità. Farsi promotore di un grande, nuovo programma di pace e di un ritorno a una dimenticata spiritualità di cui oggi più che mai il mondo ha bisogno e della quale ogni cristiano dovrebbe essere fiero. Occasione perduta, eppure era a costo zero, il nome di Dio non richiede alcun cachet.

Eppure, solo nel 2007 una splendida Antonella Ruggiero intonava: “Canzone tra le guerre”. Nel 90 i Pooh, si rivolgevano a Dio nel noto ritornello: “Dio delle città e dell’immensità…” Infiniti i riferimenti a Dio con garbata riverenza fino a solo una quindicina d’anni or sono. Quante volte Adriano Celentano, ci ha regalato brani intrisi di buona musica e di ringraziamento? Era dunque un influencer in senso uguale e contrario?

Sanremo ormai è alle porte e niente fermerà il gaio happening del business lanciato a tutto vapore. La curiosità sul dispaccio dal fronte sale. Se l’audience schizzerà alle stelle qualche imbarazzante motivo di costume ci sarà….

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Articolo pubblicato il 07/02/2023