Calcolosi Renale. Nuova tecnica per trattare il paziente sofferente

Possibile eliminare il problema senza dover ricorrere alla chirurgia.

Ottime notizie sul fronte della sanità e della cura del rene giungono dalla Scuola di Medicina dell’Università di Washington.

Oggetto dello studio e della ricerca la Calcolosi Renale, una patologia fastidiosissima che crea lancinanti dolori a causa della formazione di “pietruzze”, i calcoli renali, lungo tutto il percorso delle vie urinarie.

La notizia è degna di menzione dal momento che l’Istituto Superiore di Sanità ci fa sapere che in Italia ne soffre un italiano su dieci in età compresa tra i 30 e i 60 anni.

La maggior parte dei chirurghi specializzati in Urologia fa sapere che in taluni cali la Calcolosi Renale può essere attribuibile ad una predisposizione genetica mentre invece molti casi hanno origine da obesità, consumo di acqua molto calcarea, sedentarietà e cattiva alimentazione.

I dolorosi e fastidiosi calcoli si formano all’interno dei reni nel momento in cui la concentrazione delle urine si fa molto accentuata e facilita la solidificazione dei materiali di scarto. Per stabilire di che tipo di “pietruzze” si tratta l’urologo ne studia la dimensione, la composizione, la forma e il luogo ove esse sono posizionate. I calcoli, infatti, possono collocarsi nel rene, nell’uretere, nella vescica o nell’uretra.

La calcolosi renale più dolorosa e difficile da diagnosticare è quella ureterale che si verifica quando il calcolo si sistema all’interno dell’uretere, il canale che conduce i liquidi dal rene alla vescica. La letteratura medica ci dice che nel 23% dei casi il paziente espelle in autonomia il calcolo senza necessità di accessi al Pronto Soccorso purtroppo, però, il 6% dei pazienti necessita di essere sottoposto ad intervento chirurgico ablativo.

Il team di Urologia della Scuola di Medicina dell’Università di Washington, per affrontare i casi da trattare chirurgicamente, ha inventato una nuova tecnica che non necessita di anestesia e quindi meno invasiva.

Il paziente sveglio e non sedato viene posto sul lettino e trattato con un sistema di tecnologie ad ultrasuoni. L’urologo, per far espellere in modo spontaneo i calcoli nelle urine, usa un trasduttore portatile – ossia, un apparecchio che converte una grandezza fisica in un’altra – e lo posiziona sulla pelle del paziente sofferente.

In questa posizione, il medico indirizza le onde ultrasoniche sui calcoli facendo in modo che queste onde possano spostare e posizionare le “pietruzze” in una zona più facilmente trattabile. Nella maggior parte dei casi, utilizzando questa tecnica, il calcolo viene posto in una posizione più favorevole all’espulsione.

In caso che il paziente non riesca ad espellerlo mediante l’urina entra in gioco una speciale propulsione ad ultrasuoni – la litotrissia - che frantuma letteralmente le “pietruzze” trasformandole in sabbia facilmente espellibile.

La rivista scientifica internazionale “The Journal of Urology” – ove lo studio è stato pubblicato – dice che “dei 29 soggetti reclutati per lo studio, 16 sono stati trattati con la sola propulsione, 13 con la litotrissia a onde d’urto. In 19 pazienti (66%) i calcoli si sono spostati. Dopo due settimane di follow up, 18 pazienti (86%), in cui i calcoli si erano spostati dall’uretere nella vescica, avevano espulso i calcoli in circa quattro giorni. Infine, in 7 pazienti trattati con la litotrissia ad onde d’uro, i calcoli si sono frammentati. Tutti i soggetti hanno ben tollerato la procedura, che si è rivelata sicura ed efficace. Gli effetti avversi previsti si sono limitati all’ematuria [sangue nelle urine] all’inizio della minzione post-procedura e al dolore lieve”.

Straordinaria scoperta scientifica che giunge da oltreoceano e che promette di ridurre al minimo le ospedalizzazioni. Il decorso di guarigione sarà più rapido e lieve e non soggetto alle infezioni post-operatorie che spesso subentrano dopo aver subito incisioni chirurgiche.

Ovviamente monitoreremo l'evolversi dello studio attendendo contributi di altre università ed equipe mediche. Questo studio segna un buon punto da cui partire per progredire nella ricerca e nell'evoluzione della medicina.

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Articolo pubblicato il 13/02/2023