Alle origini della storia cristiana per capirne l'evoluzione

Esseni e Samaritani, due gruppi religiosi degli inizi della storia cristiana.

La settimana scorsa abbiamo parlato di una parte dei raggruppamenti religiosi nel Nuovo Testamento che si sentono spesso nominare durante la lettura del Vangelo domenicale. Abbiamo dissertato su tre gruppi più piccoli e sui quali – ad oggi – ci sono meno informazioni documentali.

In questo nuovo articolo ci concentreremo su due realtà numericamente più consistenti e sulle quali vi sono anche documenti e materiali più dettagliati. Parleremo degli Esseni e dei Samaritani.

Nel parlare degli Esseni bisogna dire anzitutto che essi vivevano attorno al Mar Morto ed affondavano le loro radici nelle comunità dei Sadducei da cui hanno preso le distanze – al tempo di Gionatan Maccabeo (160 -143 a.C.) – per via dell’ellenizzazione che i seguaci di Sadoq stavano prendendo.

Il fatto che discendessero dai Sadducei, peraltro, è confermato dal fatto che gli Esseni si sono opposti in ogni modo ai Farisei e alle loro varianze sui dettami biblici. Gli Esseni, infatti, erano molto rigorosi nel prendere la Bibbia alla lettera e nel viverne – anche a costo di grandi sacrifici – gli insegnamenti.

Lo storico Giuseppe Flavio, nato ebreo con il nome di Yosef ben Matityahu ma naturalizzato romano, parlando della Comunità Essena disse che era ammirata per la sua condotta di vita e per le virtù dimostrate nella vita quotidiana.

La stragrande maggioranza degli Esseni viveva una vita di celibato, non contraeva perciò matrimonio, e condivideva le quotidiane fatiche con gli altri aderenti alla comunità come in una sorta di monastero ante litteram. Tuttavia è lo stesso Giuseppe Flavio a dirci che all’interno degli Esseni vi erano dei soggetti “di un altro rango” che contraevano matrimonio; una porzione molto esigua e residuale della comunità.

Al centro della vita quotidiana della comunità c’era senza dubbio – come scrive l’eminente professor Massimo Grilli, docente emerito di Esegesi e Teologia del Nuovo Testamento presso la Pontificia Università Gregoriana – “il principio secondo cui le esigenze della Legge vanno adempiute rigorosamente e pienamente”.

Per entrare a far parte di questa rigorosa comunità, infatti, bisognava accettare le regole dell’ordine dettate dal “Maestro di Giustizia” che “assicurava la perfetta adempienza della Legge”. Anche in questo aspetto il paragone con il monachesimo ha basi abbastanza solide.

Per gli Esseni vi erano due categorie di uomini: “i figli delle tenebre” e “i figli della luce”. I primi erano quelli che pur essendo a conoscenza dei dettami biblici vivevano in modo autonomo, dissoluto e non aderente agli insegnamenti; i secondi erano tutti quelli che cercavano con tutti loro stessi di vivere alla lettera l’insegnamento della Scrittura.

Molte di queste informazioni le deduciamo dai rotoli trovati a Qumran presso il Mar Morto e, pertanto, vanno prese in considerazione, senza però assolutizzarle, perché la ricerca storica e storiografica è tutt’ora in corso.

Parlando dei Samaritani, invece, dobbiamo dire che la loro nascita è verosimilmente attribuibile ad un certo Manasse, sposato con una donna non ebrea, che – per sfuggire al rigorismo ortodosso degli Ebrei di Gerusalemme – riparò a Sichem, dove nacque di fatto una nuova comunità di “Ebrei indipendenti” della Samaria.

Alcuni esegeti biblici e non pochi storici, al contrario, sostengono che i Samaritani siano nati dopo la conquista macedone dei territori circostanti Gerusalemme.

Su una cosa, però, sono tutti concordi: la Comunità di Samaria è nata “in seguito ad un conflitto tra rigoristi e meno rigoristi”.

Ciò nonostante gli studiosi dei Samaritani e del loro culto ci dicono che essi, pur contrapponendosi al rigorismo vissuto dagli Ebrei in Gerusalemme, avevano una serie di tradizioni e pratiche di pietà non da poco.

Tra queste sicuramente risalta la scelta di accettare come Scrittura ispirata da Dio soltanto il Pentateuco, ossia l’insieme dei primi cinque libri dell’Antico Testamento: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio.

A questi cinque libri che gli Ebrei chiamano ancora oggi Torah, ossia “Legge”, i Samaritani davano somma importanza ritenendoli – a quel tempo – attribuibili a Mosè.

Il luogo di culto più santo ed importante per i membri della Comunità di Samaria è sicuramente il Tempio di Garizim, costruito all’epoca di Alessandro Magno (328 a.C.) e raso al suolo da Giovanni Ircano nel 128 a.C.

Per gli abitanti della Samaria quello era il luogo ove bisognava rendere onore, gloria e culto al Signore Iddio come conferma, peraltro, anche l’evangelista Giovanni quando scrive: “I nostri padri hanno adorato su questo monte, ma voi dite che è a Gerusalemme il luogo dove bisogna adorare” (Giovanni 4:20).

Anche qui ci viene in aiuto il professor Grilli che – a tal riguardo – scrive: “La comunità gerosolimitana, comunque, ritenne sempre illegittimo il tempio sul monte Garizim e il culto ivi celebrato”.

Questo spiega perché fece tanto scalpore la “Parabola del buon samaritano” narrata da Gesù ai suoi discepoli. Per la comunità ebraica di Gerusalemme i Samaritani non erano buone persone e non potevano esercitare degnamente la carità dal momento che non adoravano Dio nel luogo e nel modo corretto.

Conoscere queste realtà dei primi secoli, approfondire gli aspetti storici della Bibbia, aiuta senz’altro ad entrare più profondamente nell’essenza dell’insegnamento di Gesù Cristo, e della sua stravolgente dottrina, che accompagna l’umanità da ormai duemila anni.

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Articolo pubblicato il 19/02/2023