Tetraplegica storia Vera e il suo drammatico grido d’aiuto

La dura vita di chi, non autosufficiente, è alla continua ricerca di personale a domicilio, in grado di sopperire alle funzioni perdute

Il problema è complesso e per renderlo più comprensibile ricorrerò a una storia Vera e simile a tante altre, dure, crude, autentiche e vissute. Per questioni di riguardo e di bibliografia chiamerò la protagonista con lo pseudonimo di Vera. Vera approverà.

Vera ha gli occhi grandi, stanchi se si gira a cercare il suo passato, spaventati se li volge verso il suo futuro. Vera parla con un filo di voce, ma si comprende tutto anche quando tace, racchiuso in ogni ruga del suo volto ancora bello, roseo e curato.

Ho conosciuto Vera circa vent’anni fa, la sua vita era da poco incappata in un rapace incidente stradale, uno di quelli che spengono movimenti, gesti e sogni di una gioventù destinata al resto della vita in tono minore; il peggiore.

La gaia vita “normale” si blocca in quel momento casuale o forse riscosso da un severo destino. Quella che resta è per sempre seduta su una sedia a rotelle, la nuova, migliore, detestabile amica. Così è successo a Vera, così era successo a me una quindicina di anni prima.

Si chiama tetraplegia, una prova severa per il corpo e per la mente che, per ulteriore sfortuna, sono sopravvissuti all’incidente. Dopo un anno trascorso in quelle cliniche di riabilitazione che allenano le abilità residue di un fisico per lo più disattivato, si torna a casa, in mezzo alla gente che, più ti è vicina e più è confusa, impreparata a sostituirsi in quel che manca di te. Cambia l'espressione dei volti, occhi bassi di madri piegate, sorrisi stirati e sguardi lontani, amori finiti, alcuni nuovi amici e poi, al cinema, al concerto o alla partita, posti in prima fila per chi sta in carrozzina….

Tra le mura ospedaliere ci si sente protetti e ben gestiti in quei dettagli quotidiani, intimi e fisiologici, senza espletare i quali, vivere non si può. Gli infermieri sembrano angeli agli occhi di chi, in un giorno sbagliato, si è ritrovato di colpo all’inferno. Quando si torna a casa poi, è in agguato un altro girone.

Spesso ci si ritrova a contare sulla sole mani di affranti genitori o parenti. Da quel ritorno, inizia la caccia a un aiuto esterno, a qualche badante che abbia le giuste abilità e un buon carattere con cui interagire, per reimpostare il futuro, inseguire un obiettivo, un amore, un lavoro, un ruolo nella società.

È un’impresa ardua, ne so qualcosa, ma nel mio dramma ho avuto fortuna. Un anno e mezzo tra le braccia amorose di “Giovanna d’Arco”, clinica sperimentale francese, tra l’87 e l’88, mi ha addestrato per "tornare al futuro" e lottare con ottimismo e caparbietà, handicappato sì, ma uomo apprezzato in quanto tale, pronto a un ritorno in Italia, a casa, in famiglia, pronto a una vita, per quanto possibile, attiva e indipendente. Ho un amore, sono organizzato, lavoro ancora …

Vera è stata dimessa potendo contare soprattutto e solo su un tirocinio ai bisogni primari trasferito ai familiari. Come lei sono in tanti. Ma gli anni passano, i genitori invecchiano, sono sempre più stanchi. Le famiglie stridono, gli aiuti dei "reparti" sociali spesso sono inadeguati. Un problema vitale è il reperire un’assistenza capace nell’affiancarsi a persone dai molteplici bisogni, in grado di sopperire alle necessità fisiche più basilari.

In vero non mancano le leggi: sono numeri e date, buoni propositi stilati a tavolino, con un occhio al servizio e l'altra al borsellino. ADI è un bell'acronimo: telefono verde… "Per il servizio di assistenza domiciliare prema pulsante 2", e poi, eterna è l'attesa… Piani Personalizzati che inciampano sui fondi, sulla mancanza di personale, sui tempi e sui servizi concessi…. Sovente l’offerta è monetaria, poi ognuno per sé e Dio per tutti. La gola si stringe, gli occhi lucidi scrutano un orizzonte degli eventi distante dalla realtà.

Quante storie si potrebbero scrivere bagnando la penna nelle lacrime che spillano da troppe, struggenti battaglie, combattute per un solo, decoroso alito di vita in più.

Vera è una ragazza orgogliosa, una vera combattente. Ha portato la sua voce nelle scuole, ragionando di sicurezza stradale. Un paio di volte l’abbiamo fatto insieme, anche in convegni regionali di una certa importanza. Iniziative serie, figlie dell’esperienza, raccontate senza fronzoli, perché un incidente non è mai per caso. Lontani dall’essere inutili, abbiamo sempre fatto un lavoro fantastico. Questo ed altro, chi c’era lo sa.

Vera mi ha telefonato con voce tremolante, angosciata. Vera cerca personale anche non qualificato, anche se non parla l’italiano, l’ultima badante ha trovato un altro lavoro e Vera è sola. Il grido spacca il cuore e trafigge il cervello! È un rantolo modulato dal senso di abbandono, triste, rassegnato, impaurito. 

Trovarsi soli è disumano. Perdere l’autonomia del corpo insegna il senso della vita e qualche risvolto perverso. Colpa della scienza e della medicina, una volta morivamo molto prima e rientravamo in un budget "sostenibile". Ultimamente… "mala tempora currunt!" Bisogna risparmiare.

Eppure molto si potrebbe fare se ci fosse un servizio pilotato dal centro ospedaliero, così da disporre un dignitoso reinserimento dei disabili dimessi, affidati troppe volte ai parenti e a se stessi.
Quella clinica sperimentale nel centro della Francia dovrebbe fare scuola, certe intuizioni funzionavano già 36 anni fa. Prima di ogni cosa l’ambiente trasudava di rapporto umano che, prima del corpo curava l’anima, poi c’era il resto. Troppo da condensare in poche parole, ho scritto due libri per non dimenticare.

Al momento di tornare a casa, un gruppo di esperti seguiva i lavori necessari agli spazi di una nuova vita, adattando interni ed esterni con progetti semplici, funzionali e messi in atto da operai qualificati per il rientro in un contesto accogliente, ben sapendo che per dare un senso al termine "reinserimento" occorreva anche altro. 

Nella clinica Giovanna d’Arco veniva addestrato anche personale sanitario esterno, per interagire in modo mirato e dignitoso con il bisogno quotidiano dell’utente. In segreteria c’era una banca dati, un servizio in grado di soddisfare domande & offerte di lavoro collegato con il territorio anche a grande distanza. Un programma teso a garantire un seguito di vita decoroso e non vanificare quanto di buono fatto tra le mura di un’unità spinale, offrendo un efficiente e duraturo servizio di sostegno al nucleo familiare. Vera avrebbe gradito.

Vera grida aiuto in un mondo distratto da profumi e balocchi, che ha perso il contatto con: "amatevi gli uni e gli altri come io ho amato voi". Molto si potrebbe fare a costo zero mobilitando: volontà, lungimiranza, solidarietà e poi volontariato. C'è poca sinergia tra gli enti, spesso manca un Centro Volontari Comunale, un faro, una presenza.

Vera è un faro spento in una notte buia. Accenderlo si può, ma occorre gestire e pilotare un insieme di lavoratori del settore, diversificato e abilitato, che sappia coniugare i bisogni di ognuno e lenirli con gesti semplici. Carezze per l'anima che danno fiato quando il respiro smarrito inciampa sui denti

L’Italia è la patria di una burocrazia asfissiante e di una politica sociale molto politica e poco sociale, spesso demandata ad altri enti, a cooperative individualiste e affamate di contanti. Nel frattempo, Vera, e come lei tanti, spengono le menti e si trasformano in gomitoli di fili delusi e inascoltati, attorcigliati su se stessi in attesa dell’ultimo giorno, dell’ultimo sospiro, sperando che non sia troppo avanti.

Eppure avremmo un ruolo, stateci a sentire, noi che ricordiamo ciò che conta e ciò che vale a una platea di nervosa gente che vive "normalmente", noi che recitiamo a soggetto la Vera magia della vita, noi cantori d'ogni bellissima cosa ormai perduta, noi gettiamo forza e vitalità dal palco dell'appartenenza. Prestateci ascolto politici e incantatori di serpenti seduti ai piani alti, intenti a far di conto o a ragionare su pianeti lontani dai problemi presenti!

L'esperienza non ci manca, scenografi & registi della nostra storia Vera, siamo pronti per ogni consulenza, ovviamente a costo zero.

Immagine: dal teatro Erba di Torino, la compagnia di "Terapia D'Arte" condivide la commedia "L'Ospizio nello Spazio". 10 anni di parodie e di successi. Un trittico di spettacoli in cui si è messo sul ridere quel che c'era da dire, prima di peggiorare e non farcela più. Indimenticabile storia Vera di amicizia e umanità.

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Articolo pubblicato il 04/03/2023