Migranti da salvare

Per salvare la economia del nostro Paese che sta morendo di vecchiaia

In ampia parte della arena pubblica ci sono diffusi pregiudizi sociali, atteggiamenti razzistici e sentimenti di intolleranza verso i migranti; la associazione diretta tra questi e la criminalità, inoltre, genera paura, rifiuto e diffidenza.

In ampia parte della arena politica, sempre a caccia di consensi, gli immigrati sono considerati essenzialmente un costo per lo Stato e si privilegiano pertanto i respingimenti piuttosto che gli investimenti sulla ospitalità.

Ma L’Italia senza migranti non ha un futuro - scrive Simone Alliva su espresso.repubblica.it del 18 gennaio scorso - In un Paese che invecchia sono una risorsa.

In tema di migranti, nel cuore nascono sentimenti di empatia, di solidarietà, di compassione, ma anche di intolleranza e d’odio; nella mente, però, la ragione porta ad altre considerazioni, di contenuto pratico: riguardano la loro disponibilità a farsi carico di certi lavori, di certi servizi da noi aborriti e la loro possibilità, con loro, di porre rimedio alla denatalità del nostro Paese, che vede diminuire il numero delle persone in età lavorativa e crescere il numero degli anziani.

Siamo stati Paese di emigranti; ora lo siamo di immigrati: sono 5 milioni e per oltre la metà sono lavoratori occupati in maggior parte nel settore dei servizi: agricoltura, ristorazione, edilizia. Per molti di loro, però, siamo un Paese di transito perché come tanti nostri figli, che cercano all’estero posti di lavoro remunerativi o più remunerativi, anche gli stranieri migrati da noi, quando possono, abbandonano il nostro Paese, dove trovano scarso riconoscimento sociale e limitato accesso ai benefici del welfare. Così, regaliamo ad altri le capacità qui acquisite dai migliori, stranieri compresi, mentre a noi restano solo le spese per la loro formazione.

I migranti, comunque, sono un costo; ma ce lo potremmo permettere, continuando ad accoglierli? L’Ocse è una organizzazione internazionale di studi economici con sede a Parigi, cui l’Italia partecipa con altri 35 Paesi del mondo. Nell’International migration outlook 2022 di questo Istituto, pubblicato a fine dell’anno scorso, si legge che i migranti contribuiscono in tasse più di quanto ricevono in prestazioni assistenziali, salute e istruzione.

In effetti, secondo recenti dati ISTAT, i migranti col loro lavoro partecipano per circa il 10 % al Prodotto interno lordo dell’Italia e, a fronte di quasi 27 miliardi di nostre spese per loro, ammontano a più di 28 miliardi di euro le entrate da loro per Irpef, addizionali comunali e regionali, Iva, Imu, Tasi, Tari, canone tv, imposte su rifiuti, tabacchi, bollo auto, luce, gas, rilasci e rinnovi di permessi di soggiorno e acquisizioni di cittadinanza, contributi previdenziali e socioassistenziali.

I numeri impongono quindi riflessioni che dovrebbero spingere i nostri governanti a serie indagini sull’avvenire economico del Paese. Bisognerebbe come minimo considerare che sono sempre meno le persone tra i 20 e i 50 anni, nella prospettiva delle necessità per il mercato del lavoro, e che sono sempre più gli anziani, nella prospettiva di un allungamento della vita media e in generale delle aspettative di vita: senza i contributi versati dai lavoratori oggi, potrebbero mancare, infatti, i soldi per i pensionati domani e senza i lavoratori di oggi, tante imprese chiuderebbero oggi stesso.

Non dovrebbe inoltre essere ignorato il fatto che molti sono i figli di migranti nati e formati qui professionalmente spesso insieme coi genitori. Significativo, ad esempio, quanto riferisce la Associazione medici stranieri in Italia: tra loro, nel nostro Paese, ci sono circa 38 mila infermieri e 22 mila medici, spesso ancora senza cittadinanza e quindi impossibilitati a concorrere per occupare posti di lavoro scoperti del nostro sistema Sanità, le cui carenze sono emerse tutte nel tragico periodo della recente pandemia.

I migranti sono un problema, che sempre più difficilmente potrà trovare risoluzione coi respingimenti, i blocchi navali e la chiusura dei porti per la paura della invasione. Questo nel nostro Paese, che rischia di morire di vecchiaia e rende necessario il loro apporto quantitativo e qualitativo, porta a concludere che occorre salvare i migranti: occorre il loro accoglimento per salvare la nostra economia e il loro guidato inserimento civile nella vita sociale di qui, diversa da quella del Paese di provenienza.

Termine di derivazione greca, economia significa letteralmente gestione della casa. Una scuola di pensiero la vede come scienza della massimizzazione degli utili con minimizzazione dei costi. Con altri, ritengo con i più, in aderenza al significato letterale da cui il termine deriva, salvare la nostra economia per me significa poter soddisfare i bisogni della collettività nel Paese, utilizzando al meglio le risorse disponibili, come farebbe una buona massaia nella conduzione della propria casa, senza prevaricare nessuno, in modo che ognuno possa avere uno stile di vita conforme alle proprie aspettative sulla soddisfazione dei propri bisogni civili.

 

Si vales, vàleo.

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Articolo pubblicato il 19/04/2023