1302 - Bonifacio VIII pubblicò l’enciclica Unam Sanctam Ecclesiam, sancendo definitivamente, per suo tramite, la superiorità del potere spirituale su quello temporale. (parte IIª - ultima)
Bonifacio VIII

I presupposti giuridici che hanno assoggettato il mondo

(parte Iª)  https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=47824

 

Nel precedente articolo abbiamo esaminato la bolla pontificia Unam Sanctam Ecclesiam, quale concreto e determinante passo nella direzione della soppressione del riconoscimento degli esseri umani come esseri viventi in corpi di sangue, carne ed ossa e del libero arbitrio che ne è prerogativa.

La Chiesa di Roma era sempre stata, fin dalle sue fasi iniziali, alla ricerca del controllo e l’enciclica di Bonifacio VIII costituisce nei fatti, come abbiamo visto, il primo Trust globale della storia ossia un affidamento creato da libero e deliberato atto delle parti interessate (la chiesa ed il suo papa), in base a documenti scritti (la Bibbia), che coinvolge l’intera compagine umana ed i territori da essa abitati.

Non essendo mai stato contestato, assunse un valore giuridico effettivo i cui effetti si perpetrano ancor fino ai giorni nostri. Si diceva che non fu tuttavia l’unico documento volto a delineare i presupposti completi sui quali basare la relazione tra autorità costituita e sudditi (o cittadini in tempi più recenti).

Alla bolla di Bonifacio VIII ne seguirono altre, tra le quali evidenziamo, a questo riguardo la bolla “Romanus Pontifex”, creata dal papa Niccolò V nel 1454 (https://it.cathopedia.org/wiki/Romanus_Pontifex).

Questa ulteriore enciclica potremmo definirla di natura, per così dire, più testamentaria. In essa, cioè, il papa dispone come deve funzionare in perpetuo il diritto d’uso di tutti i privilegi e di tutte le proprietà derivanti dalla bolla precedente di Bonifacio VIII.

Citiamo un paio di estratti significativi:

«Niccolò vescovo, servo dei servi di Dio, a ricordo perpetuo della cosa.

Il romano pontefice, successore del celeste chiavigero (san Pietro) e vicario di Gesù Cristo, interessandosi con paterna considerazione a tutti i climi del mondo e alle qualità di tutte le nazioni che vi dimorano, desiderando e cercando la salvezza di ogni singolo, salutarmente ordina e dispone con attenta deliberazione le cose che egli sa gradite alla Divina Maestà e con le quali può condurre le pecore, affidategli per ordine divino all'unico ovile del Signore e acquisti per esse il premio della felicità eterna e venga il perdono per le loro anime. E crediamo che ciò potrà più sicuramente provenire dall'azione di Dio, se ricompenseremo con particolari favori e speciali grazie quei re e principi cattolici, di cui conosciamo fatti evidenti che come atleti e intrepidi combattenti della fede cristiana non solo reprimono la ferocia dei Saraceni e degli altri infedeli nemici dei Cristiani, ma anche conquistano i loro regni e luoghi, anche se esistenti in lontanissime e incognite parti da noi, per la difesa e l'aumento della fede, li sconfiggono e li assoggettano al loro dominio temporale, nulla risparmiando in fatiche e spese; affinché gli stessi re e prìncipi, sollevati da ogni possibile ostacolo, siano animati a proseguire sempre più tale salutare e lodabile opera. […]»

Ed ancora:

«[…]5. Noi, pensando con debita meditazione a tutte e alle singole cose premesse, con altre nostre lettere, abbiamo già concesso, tra le altre cose, piena e completa facoltà al suddetto re Alfonso di invadere, conquistare, espugnare, sconfiggere e soggiogare tutti i Saraceni e pagani e altri nemici di Cristo ovunque vivono e i loro regni, ducati, principati, signorie, possessi e tutti i beni mobili e immobili da loro detenuti o posseduti e le loro persone ridurre in perpetua schiavitù e di occupare, appropriarsi e convertire a proprio uso e profitto proprio e dei suoi successori tali regni, ducati, contee, principati, signorie, possessioni e beni.[…]»

 

Quindi, riassumendo, Dio avrebbe dato tutto il mondo al papa (Unam Sanctam Ecclesiam-Bonifacio VIII) e il papa concederebbe pezzi di questo mondo in amministrazione ai Re cattolici in termini di concessioni di territori e possedimenti, esortandoli, inoltre, ad invadere e ridurre in schiavitù perenne i popoli contrari alla sua dottrina (Romanus Pontifex-Niccolò V).

È così che, a partire da questo momento, i Re del mondo cattolico hanno un mandato esplicito, arbitrariamente ritenuto di origine divina.

La bolla Romanus Pontifex di Niccolò V, essendo frutto di una decisione pontificia, in virtù della pretesa infallibilità papale, non potrà mai venir smentita e di fatto mai lo verrà. Ragion per cui i suoi effetti si protraggono ancora fino a giorni nostri.

La situazione si precisa maggiormente alcuni anni dopo ad opera del papa Sisto IV, che nel 1481 emanò la “Aeternis Regis Clementia” che si diversifica di poco (https://la.wikisource.org/wiki/Aeterni_regis) dalle Bolle precedenti.

Tale enciclica conferma sostanzialmente la “Romanus Pontifex” del 1454 di Niccolò V, che abbiamo appena visto e la bolla “Inter Caetera” del 1456 di Callisto III, la quale, in sintesi, oltre a confermare a sua volta l’estensione territoriale indicata nella “Romanus Pontifex”, concedeva in aggiunta all'Ordine di Cristo l'autorità ecclesiastica in quegli stessi territori acquisiti e da acquisire.

Su questa base, la “Aeternis Regis Clementia” pone ufficialmente nel 1481 il suggello pontificio al trattato di Alcáçovas, siglato nel 1479 tra i rappresentanti del re del Portogallo e dei re cattolici di Castilla ed Aragona determinando, tra le righe, che il “bene” concesso ai Re per la loro opera siano gli esseri umani che abitano le terre conquistate. 

Citiamo:

«Sisto, vescovo, servo dei servi di Dio. Per un ricordo perpetuo.

Poiché, per la clemenza dell'Eterno Re, per mezzo di cui i re regnano, siamo stati posti nella più alta torre di guardia della Sede Apostolica, cerchiamo ardentemente la stabilità, la prosperità, la quiete e la tranquillità di tutti i re cattolici, sotto la cui auspicabile guida i fedeli di Cristo sono custoditi nella giustizia e nella pace, e desideriamo ardentemente che la dolce pace possa prosperare tra loro. Inoltre, applichiamo benevolmente il potere rafforzativo della conferma apostolica a ciò che troviamo sia stato fatto con questo scopo dai nostri predecessori, i papi romani e da altri, affinché rimanga per sempre saldo, incrollabile e lontano da ogni rischio di controversia. […]»

Tirando, a questo punto, un po’ le fila di tutto il discorso, Dio avrebbe dato tutto il mondo al papa (Unam Sanctam Ecclesiam-Bonifacio VIII) e il papa concederebbe pezzi di questo mondo in amministrazione ai re cattolici esortandoli ad invadere e ridurre in schiavitù perenne i popoli contrari alla sua dottrina (Romanus Pontifex-Niccolò V). Infine, ai Re solerti nel compiere l’opera di Dio secondo la particolare visione papale, vengono dati in premio gli esseri umani che abitano i territori conquistati ed amministrati (Aeternis Regis Clementia-Sisto IV).

A questo punto viene totalmente offuscata la visione naturale di “essere umano vivente” dotato di libertà personale e di libero arbitrio. Non essendo stata fino ad oggi contestata alcuna di queste disposizioni, esse hanno assunto valore giuridico a tutti gli effetti, cosa che, ancorché arbitrariamente come vedremo, ha radicalmente condizionato fino ai giorni nostri la giurisprudenza che pretenderebbe di determinare le regole della comune convivenza; il diritto positivo, argomento sul quale ritorneremo.  

Divagando ora un pochino, è interessante notare come la bolla “Inter Caetera” di Callisto III confermasse, come abbiamo detto, la validità di una precedente bolla papale, la Romanus Pontifex del 1455, che concedeva al re del Portogallo il controllo di tutti i territori "dai capi di Boujdour e Nam attraverso tutta la Guinea e oltre fino alla costa meridionale" e concedesse inoltre all'Ordine di Cristo l'autorità ecclesiastica in questi stessi territori, il che significava che non vi sarebbero state costituite diocesi, ma che l'autorità normalmente esercitata dal vescovo sarebbe stata esercitata dall'Ordine.

Fin qui siamo tuttavia in linea con la tendenza denotata dalle altre bolle enunciate. Fatto nondimeno degno di nota è che all'enumerazione dei territori concessi al Portogallo viene aggiunta alla fine la frase "senza interruzione fino alle Indie" (usque ad Indos). Questa frase è intrigante perché implicherebbe che già nel 1456 i portoghesi prevedessero di poter raggiungere navigando l'India o le Indie, una trentina d'anni prima della scoperta ufficiale del Capo di Buona Speranza (1487) e del continente americano (1492).

Che forse la Storia non ci sia stata raccontata nella maniera più attendibile? Ai posteri l’ardua sentenza! A noi, tuttavia, esseri viventi contemporanei, il dubbio sorge veemente.

                                          

                                                                         luca rosso

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Articolo pubblicato il 17/05/2023