Il fantasma piuttosto solido

Una curiosa vicenda ottocentesca nelle Valli di Lanzo (di Alessandro Mella)

Nelle Valli di Lanzo antica e consolidata è la tradizione della fisica e delle masche, da sempre usati come giustificativo di fronte a fenomeni, reali od immaginari nel loro manifestarsi, da parte della gente comune.

Qualunque cosa strana si spiegava così, ritenendo di esserne vittime e di doversi liberare del perfido maleficio.

Ma accadde un fatto curioso nella Viù dell’Ottocento quando il paesello alpestre e la valle appartenevano ancora al Regno di Sardegna del giovane Vittorio Emanuele II. Era, infatti, la fine dell’inverno e l’inizio della primavera del lontano 1854 (1).

Tutto iniziò quando in un casolare montano del paesetto si iniziò ad udire fruscii notturni, colpi, rumori anomali ed altri misteriosi ed inspiegabili piccoli fenomeni tali da rendere difficile e penosa la vita di chi la casa l’abitava.

Subito si diede, al curioso fatto, il nomignolo di “Folletto di Viù”.

L’espressione, ovviamente, non intendeva un buffo ometto barbuto e di cappello a punta munito, in verità essa corrispondeva presso a poco al moderno poltergeist.

Uno spiritello dispettoso, fanciullesco, infantile e puerile sotto tutti i punti di vista. Impegnato a fare dispetti e recare disturbo al prossimo per semplice e banalissimo proprio diletto.

La faccenda ebbe vasta eco e la voce corse fino a giungere in città ed a stuzzicare la curiosità della Regia Questura di Torino presso la quale si decise di vederci chiaro sull’insolita e chiacchierata faccenda.

Fu così che un paio di solerti funzionari della stessa presero la via delle valli e, nottetempo, in compagnia dei carabinieri, si presentarono presso la dimora infestata ove con solenne severità misero sotto torchio un giovinotto che vi viveva con la madre.

Chi, dunque, era il vero autore di questi fenomeni sovrannaturali o forse molto molto naturali?

L’arte persuasiva dei bravi poliziotti convinse il ragazzo a vuotare il sacco ed a confessare d’essere lui il famigerato fantasma autore di tante stranezze, poiché istigato dalla madre desiderosa di una buona scusa per lasciare l’abitazione e scendere a Torino verso l’eccitante vita urbana della capitale.

Quel che lasciò perplessi e divertì molto i commentatori della Gazzetta del Popolo fu il vociferare sul fatto che l’ispiratore della faccenda fosse stato un certo D.P., pio sacerdote di santa romana chiesa, dalla fantasia piuttosto vivace:

Quando noi raccontammo la storia del folletto di Viù (folletto che era rappresentato da un ragazzo) accennammo come dentro a quella storia avesse posto anche un prete.

Ora parecchi ci scrivono vita e miracoli di quel tale; noi siamo riconoscenti a questi nostri corrispondesti, ma ci sono certe particolarità così poco edificanti che il giornalista non può esporle.

Evviva la buona condotta dei preti. (2).

A quale attività fosse dedito, oltre ad ispirare fantasmi immaginari, questo prete non è dato saperlo anche se è lecito sospettarlo.

Nondimeno la curiosa faccenda del poltergeist viucese si risolse facilmente.

Il “fantasma” più che far paura tendeva ad averne… della questura!

Alessandro Mella

Note

1) La Gazzetta del Popolo, 66, Anno VII, 15 marzo 1854, p. 3.

2) Ibid., 76, Anno VII, 27 marzo 1854, p. 3.

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Articolo pubblicato il 19/05/2023