CARLO MARIANO SARTORIS: L’amore al tempo del Covid. Messaggi dall’ospedale.

Un elogio al personale ospedaliero e un invito ai “nuovi giovani" nel valutare il valore della famiglia e il vero senso dell’amore.

Lunedì 15 maggio risulto positivo, il covid ha colpito, ha colpito duro.

 

Dopo 5 giorni di cure a domicilio il ricovero è inevitabile perché il batterio ha fame di morte. Chieri: pronto soccorso, subito accolto con molta attenzione, il ricovero è immediato, la professionalità altissima. In pochi minuti, allettato, monitorato e la terapia inizia la sua battaglia tutt’altro che scontata. Questo è l'inizio di un’empatia tra il personale specializzato, coinvolto e gentilissimo e un uomo che sente la vita andare via: interessante esperienza. Quante emozioni sanno darsi appuntamento in pochi, unici e irripetibili momenti. La bellezza del vivere si accompagna alla stanchezza del soffrire e al quasi desiderio di smettere.

 

Angeli nelle loro tute verdi si muovono come fossero alieni venuti da altri pianeti, non manca una carezza, una parola gentile, mentre nelle notti buie scandite dal ticchettio dei macchinari, sembra di essere già partiti in quell’ astronave che ti sbarcherà in un altro mondo.

 

In quel momento arriva l’angelo che incute speranza, vita da Covid e di un corpo paralizzato, aggredito da tutte le parti; vita di un personale che ha visto morire tanta gente e silenziosamente se la porta nel cuore. C’è tanta comprensione in questo ospedale e forse troppa poca riconoscenza da parte del paziente che non è abituato a stare male e che si ribella, insulta e protesta… personale a testa bassa che forse meriterebbe più gratificazione da parte di qualcuno che tira le fila.

 

A una certa ora si sente una voce che arriva, ha un suono familiare, la compagna di una vita, bardata, la lasciano accanto finchè vorrà: parole, sguardi, silenziosi messaggi d’amore, la notte migliore sarà.

 

E poi qualche inciampo, prelievi sbagliati da un disattento, troppo dolore aggiuntivo, non è questo il momento!

E poi le figlie, c’è la famiglia… Speriamo di arrivare a domani.

 

Inizia qui la riflessione su un’altra versione dell’importanza di un’istituzione laica e cristiana, colonna portante della società italiana: la famiglia, talvolta allargata.

 

Quando un figlio sta male, ma male davvero, spesso gli amici se ne vanno e chi soffre al posto loro sono sempre mamma e papà che tutto affrontano, soffrendo in silenzio e con dignità, con il cuore spaccato da qualche disgrazia che cambia la vita di tutti per sempre.

 

Da una stanza vicino si sentono i figli venire a trovare gli anziani allettati e parlare con loro con frasi d’amore che ad ascoltare sciolgono l’anima di chi per caso è soltanto più in là.

Il vero amore salta fuori nell'ospedale quando il rischio del trapasso è dannatamente vicino e allora le lacrime sono vere e sincere, lacrime di figli, di padri, di mogli, di donne smarrite, di chi se ne va. La famiglia vecchia maniera è ancora al centro di umanità, estremo puntello di speranza e di amore, ultimo abbraccio di disperazione.

 

“Giovani dalla visione confusa e/o liquida, nel pieno dello sviluppo e della salute, non cercate lo scontro e ascoltate chi vi ama davvero. Dopo aver letto tutto questo, quando tornate a casa, date un bacio a chi vi vuol bene. E voi genitori fate leggere questo racconto ai vostri ragazzi, fatelo girare sui social, nuova frontiera dell’editoria di qualità…a costo zero e senza intermezzi di pubblicità.

 

                                              ” La vita è bella, ma il corpo è fragile…Felicità…

 

 

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Articolo pubblicato il 25/05/2023