Flat tax

Tassa piatta all’orizzonte della riforma fiscale

Sono solo 23 gli Stati del mondo in cui vige un sistema di “flat tax”. In 14 di essi c’è una solo aliquota; 3 prevedono due aliquote, ma con la prima uguale a zero; nei restanti 6 le aliquote “flat” sono differenziate per tipi di reddito.

Con la indicazione dei singoli Stati, questo è quanto sciorinato da Giacomo Ricotti, Capo del Servizio assistenza e consulenza fiscale della Banca d'Italia, nella audizione tenuta di recente in Senato sulla proposta di legge "Delega al Governo per la riforma fiscale". Da soli, i dati anticipano le prevedibili successive considerazioni su questo tipo di sistema impositivo sui redditi delle persone fisiche il quale, in teoria, prevede una aliquota unica e nessuna deduzione né alcuna detrazione.

Una decina d’anni fa la “flat tax” era adottata in una quarantina di Paesi, Federazione Russa compresa, e vige oggi in Paesi che, per lo più, sono considerati in via di sviluppo. Non è tale l’Italia, in cui l’attuale Governo, partecipato anche dal partito di Berlusconi, pare orientato a sostituire la nostra IRPEF, che prevede ora una tassazione progressiva per scaglioni di reddito, con una “flat tax”, che era stata proposta per la prima volta nel 1994 proprio da Berlusconi.

I sostenitori ritengono che un sistema impositivo di “flat tax” sarebbe molto facile da applicare e potrebbe ridimensionare la pressione fiscale, in Italia tra le più alte al mondo, e consentire quindi alle famiglie un maggiore potere di acquisto. Peraltro, applicandolo anche alle imprese sarebbe utile per ridurre l’evasione fiscale, che vede il nostro Paese forse come secondo per sommerso, dopo la Grecia. Con una aliquota “flat”, infatti, non vale la pena imbrogliare, sostiene Alvin Rabushka, padre della tassazione ad aliquota fissa, già consigliere economico di Reagan e professore dell’università di Stanford, il quale conclude che quando l’aliquota si innalza invece, purtroppo conviene.

I detrattori son convinti che la “flat tax” favorirebbe i ricchi e porterebbe ad un crollo delle entrate tributarie. Ritengono peraltro la “flat tax” contraria al principio di progressività della imposizione fiscale, stabilito dall’art. 53 della nostra Costituzione.

Ribattono però i sostenitori, che anche con la “flat tax” la progressività del prelievo fiscale è assicurata da un sistema impositivo con soltanto due, tre aliquote basse, integrato da deduzioni e detrazioni spettanti non indistintamente a tutti ma in modo regressivo, fino ad azzerarsi, con l’aumento del reddito del contribuente. Se così sarà, saremo testimoni di una rivoluzione copernicana nel corso della quale saremo pure attori o forse anche semplici comparse, se esentati da imposizione per redditi minimi.

Aliquote “flat”, integrate da deduzioni e detrazioni modulate adeguatamente, dovrebbero dunque portare all’equo prelievo personale previsto dalla Delega fiscale. Ma non c’è oggi alcun algoritmo previsionale dai risultati attendibili: si dovrà marciare a vista monitorando la riduzione dei prelievi sui contribuenti da sempre in regola e intensificando la lotta alla evasione per far emergere e quindi tassare i redditi nascosti.

Si deve comunque pensare a una diversa ripartizione del prelievo complessivo e per questo, dice Ricotti, l’onere tributario andrebbe spostato dai fattori produttivi alle rendite e ai consumi.


 

Si vales, vàleo.

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Articolo pubblicato il 26/05/2023