«Tentò di trarre a riva il cadavere di un giovanetto, annegato nelle acque fredde e vorticose del torrente Fandaglia»
A Corio, nel Canavese, 135 anni or sono, è tempo di vacanze estive. Fra i villeggianti si trova anche il cavalier Vasco, maggior generale in ritiro, che da qualche giorno ospita il nipotino di undici anni, Giovannino Fresia.
Nella sera del 14 luglio 1888, il cavalier Vasco, come un nonno preoccupato, si rivolge al brigadiere Pasquale Tancredi, comandante della locale stazione dei Carabinieri.
Il loro dialogo è così ricostruito dal giornale Il Carabiniere del 27 gennaio 1889:
- Brigadiere, permette una parola?
- Comandi pure, signor generale, son qui pronto ai suoi ordini.
- Non le nascondo di essere un poco agitato. Lei conoscerà quel mio nipotino undicenne [...] Egli, amantissimo di escursioni, contro ogni nostro divieto, spesso si allontana in cerca di fiori. Adesso un ragazzetto mi ha recato il suo cappello di paglia, dicendomi di averlo rinvenuto [...] sotto il Ponte Fandaglia. Dio mio! fosse accaduta mai qualche disgrazia a quel mio nipotino! fosse precipitati, giù nel fiume! È uscito di casa verso le 2, già siamo alle 8 e non si vede ancora tornare. Un’assenza così lunga non si è mai verificata.
- Si tranquillizzi, signor generale, andremo noi subito in cerca e vedrà che lo troveremo.
Il brigadiere Tancredi si mette subito alla ricerca del ragazzo, insieme ai carabinieri Egidio Monti, Gio. Battista Ughetti e Felice Lupano. Giungono al Ponte Fandaglia (*) ed esaminano le sporgenze rocciose muovendosi su e giù per il greto del torrente.
Il carabiniere Moretti fa notare al suo superiore che molto probabilmente il ragazzo si sia inerpicato per raccogliere dei fiori su per lo strapiombo che sovrasta il Fandaglia e vi sia precipitato dentro. Poi aggiunge:
- lo, brigadiere, mi svesto e mi tuffo.
- Ma qui si hanno più di tre metri d’acqua, poi l’acqua è freddissima e noi siamo sudati.
- Che importa? vede, son già bello e svestito.
Così dicendo, il coraggioso carabiniere si tuffa e scompare, poi torna a galla, senza risultati. Nuota più in là, si rituffa, riemerge di nuovo, sempre senza risultati. Prova per una terza volta e così porta in superficie e poi a terra il cadavere del povero Giovannino che ha rinvenuto sul fondo.
Lasciamo la conclusione di questa triste vicenda al già citato giornale Il Carabiniere, il quale - sia pure con linguaggio ormai datato - ci informa che:
Grandemente ammirato fu dal generale e dall’intera popolazione il sublime atto di coraggiosa filantropia. La famiglia della vittima con ogni mezzo insistette perché il valoroso militare accettasse da lei una rimunerazione in danaro, ma ciò fu impossibile.
Ben altro premio attendeva il carabiniere Moretti, già noto per altre azioni coraggiose; lo attendevano l’encomio solenne del suo colonnello e la proposta della medaglia d’argento al valor civile.
In effetti, con Regio Decreto del 21 febbraio 1889, su proposta del Ministero dell’Interno, il Re Umberto I concede la Medaglia d’Argento al Valor Civile al carabiniere Egidio Moretti, e ad altri militari, come premio di coraggiose e filantropiche azioni compiute con evidente pericolo di vita.
Un episodio certo doloroso della villeggiatura a Corio di quasi un secolo e mezzo fa, che abbiamo voluto rievocare non solo per il giusto riconoscimento dell’eroismo del Carabiniere Moretti, ma come momento della microstoria locale oggi probabilmente ormai dimenticato.
(*) Il Fandaglia è un torrente che origina a Corio e ne percorre il territorio che si getta nel Malone fra Barbania e Front. Il ponte che lo scavalca compare in numerose cartoline. Da notare che nella motivazione della medaglia d’argento è scritto erroneamente «torrente Fondaglio».
Fonte.
Il Carabiniere, 27 gennaio 1889, N. 4.
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Articolo pubblicato il 14/07/2023