Un gioiello millenario - Santa Maria di Spinerano

Di Alessandro Mella

A qualche chilometro da Torino e ad una manciata dall’aeroporto di Caselle, facilmente raggiungibile in auto, sorge il bel paesello di San Carlo Canavese. Una comunità con secoli di storia e le cui vicende sono state spesso intrecciate a quelle della vicina, ed alle volte “ingombrante”, Ciriè:

San Carlo di Ciriè (1608 ab.) Noto comunemente sotto il nome di Vauda di Ciriè, da cui dista 6 chilometri; giace in pianura nord ovest di Torino, in territorio bagnato dai torrentelli Fisca e Banna e fertile di frumento, segale e grano turco, gelsi, fieno e vino. Belle casa, scuole e filande. (1)

Proprio a Ciriè ed a San Carlo sorgono due magnifiche testimonianze dell’architettura ed arte romaniche nel Canavese. Due cappelle millenarie le cui vicende storiche e la cui bellezza hanno qualcosa di quasi leggendario:

Ed è appunto in tale epoca, cioè intorno al mille, che devono essere sorte le chiese di S. Martino e di S. Maria di Spinerano, poco discosto dall’abitato di Ciriè, che oggi noi ammiriamo fra i più conservati monumenti di stile bizantino-romanico. (2)

Per San Carlo Canavese la chiesina di Santa Maria di Spinerano è non solo una preziosa testimonianza storica ma anche una vera icona. Un’immagine che richiama il senso d’appartenenza alla comunità, un orgoglio vero e tale da avere risvolti araldici.

Nel seno della pieve di San Maurizio l’edificio fu innalzato a partire dall’XI secolo nel cuore del Medioevo. In origine esso era composto da tre navate di cui due con abside ed una con il piccolo ma grazioso campanile. (3) Già nel XII secolo la sua esistenza fu testimoniata da documenti relativi ai possedimenti dell’antica e celeberrima abbazia torinese di San Solutore.

Fu successivamente annoverata tra le proprietà dell’abbazia di San Mauro e munita delle risorse necessarie a garantirsi il sostentamento in tempi, indubbiamente, tutt’altro che facili.

Divenne, tuttavia, di fondamentale importanza l’arrivo di un francescano, Domenico Pago della marca d’Ancona, il quale, nel vivere per un certo periodo in rifugio presso l’edificio, si preoccupò di favorire alcune migliorie ed in particolare la ritinteggiatura ma, soprattutto, la realizzazione del magnifico ciclo d’affreschi che ancora oggi è in gran parte visibile all’interno. (4)

Fino al XVII secolo compreso la chiesina fu un riferimento importante per le comunità locali delle valli ma il suo impiego andò scemando quando venne edificata la prima cappella di San Carlo nel cuore del nascente paese e leggermente più a monte.

Pochi prima che la furia rivoluzionaria investisse anche il Piemonte, verso fine Settecento e precisamente tra il 1771 ed il 1789, si provvide ad eliminare le absidi ed a realizzare una nuova volta per volontà del vescovo Rorengo di Rorà. Fu nel 1840 che la struttura passò tra le proprietà della parrocchia sancarlese ma solo nel 1890 il Ministero della Pubblica Istruzione avviò una campagna quinquennale di restauro. A quest’opera si interessò anche, con la consueta attenzione e sensibilità, Alfredo d’Andrade di cui lo scrivente documento parte delle vicende umane tempo fa.

Nel 1911 la cappella venne proclamata monumento nazionale e nel 1922 riconsacrata e restituita non solo ai cultori dell’arte e della storia ma anche al culto dei fedeli. (5)

Una nuova campagna di restauro fu avviata negli anni ‘10 del nostro secolo con il completamento del primo ciclo di tutela nel 2016. (6) Nello stesso anno, in settembre, si tenne un convegno di grande importanza per illustrare i lavori compiuti sull’opera grazie ad un comitato dedicato con il concorso dell’amministrazione comunale e di molti benemeriti. (7)

Alessandro Mella

Note

1) La Patria – Geografia dell’Italia, Volume II Provincia di Torino, Gustavo Strafforello a cura di, Utet, Torino, 1891, p. 146.

2) Notizie storiche di Ciriè, Angelo Sismonda, 1924, p. 53.

3) Cenni storici sul comune e la parrocchia di San Carlo Canavese, don Giovanni Boasso, Tipografia Giovanni Capella, Ciriè, 1960, p. 71.

4) Gli affreschi, di pregevole fattura, rappresentano tra l’altro una madonna con bambino circondata tra un trionfo di santi e dagli apostoli. Il ciclo fu firmato dal Magister Dominicus de la marca d’Ancona.

5) Parte di queste notizie sono tratte dal pannello descrittivo posto nei pressi del monumento.

6) L’iter progettuale venne avviato nella primavera del 2013 per l’interessamento dell’allora parroco don Paolo Burdino e fu articolato in due lotti successivi di intervento. Il primo riguarda il restauro conservativo degli esterni medievali, con abside e campanile, e il secondo riguarda il ciclo di affreschi interno, quattrocentesco, realizzato a opera di Domenico Pago della Marca d’Ancona. L’impegno di spesa complessivo ammonta a 135mila euro circa. Ad avviare il primo lotto degli affreschi interni è l’attuale amministratore parrocchiale, padre Raffaele Prencipe, grazie a un contributo di 40mila euro della Compagnia di San Paolo che copre, in parte, l’intervento. Ci si accinge, intanto, ad attivare una raccolta fondi per rendere possibile l’avvio anche del secondo lotto che interesserà la parte esterna della chiesetta. (…) E anche il Comune si impegna a contribuire. «Sicuramente faremo la nostra parte – assicura il sindaco, Ugo Papurello – La chiesetta è un tassello significativo del patrimonio artistico e architettonico di San Carlo. Fa parte della nostra storia, inserita anche nello stemma del Comune». (Il Risveglio, 38, Anno LXXVII, 1° ottobre 2015, p. 24).

7) È stata una cerimonia di grande impatto culturale e storico, quella organizzata sabato 24 settembre dal comune di San Carlo e dal comitato festeggiamenti per il millenario di Santa Maria di Spinerano. (…) Lo scopo dell’iniziativa era quello di festeggiare il millenario della chiesetta, ma anche presentare i lavori di restauro degli affreschi eseguiti dal 2015 e terminati a giugno 2016. (…) «è stato attuato il minimo intervento per conservare l’opera d’arte così come ci è pervenuta. Abbiamo dato priorità d’intervento alla conservazione con interventi circoscritti. Abbiamo fatto una lettura omogenea dell’opera d’arte che appariva alterata per abrasioni, ritocchi e sporco. In un primo impatto gli affreschi apparivano banali e carenti, ma in seguito (dopo aver pulito le figure) abbiamo notato la complessità dei dipinti. Il pittore (ad oggi non è ancora chiaro chi sia) dipingeva con molta cura utilizzando una tavolozza di colori minima. Accostato a questo c’era anche un’altra pennellata più rozza e appartenente forse ad una seconda man» hanno spiegato le responsabili del restauro Anna Maria Gilio e Costanza Maria Tibaldeschi. (Il Canavese, 28 settembre 2016, p. 20).

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Articolo pubblicato il 05/07/2023