Di Alessandro Mella
I lunghi e difficili mesi che visse la popolazione italiana tra il settembre 1943 ed il maggio 1945 furono un turbinio di violenza, ferocia, orrore e paura mescolati a sogni e speranze mai del tutto crollati.
I fatti sono noti, da un lato i patrioti delle formazioni della Resistenza tentavano di sconfiggere i tedeschi e gli ultimi fascisti, dall’altra i disperati combattenti e militi delle formazioni della crepuscolare Repubblica Sociale Italiana vi si opponevano.
E tra quelle due visioni e concezioni, del mondo e della vita, si toccarono vette di violenza fratricida terribili. Senza contare, appunto, la presenza anche dell’esercito e delle autorità tedesche che nell’attività di repressione del variegato ma combattivo movimento partigiano mai si risparmiarono.
Furono tanti, quindi, i giovani e giovanissimi che persero la vita in quel momento storico terribile.
Giuseppe Gasparello, figlio di Silvio e di Rosa Latini, era nato a Monselice (Padova) il 2 novembre del 1921. (1)
I casi della vita lo portarono molto lontano dal borgo natio ed egli si trasferì a vivere a Borgaro in provincia di Torino.
Qui nel 1944, forse colto dai “bandi Graziani” per l’arruolamento forzato nell’Esercito Nazionale Repubblicano, decise di unirsi alla Resistenza nei quadri della III Zona SAP fin dal 1° ottobre. Alla vigilia di quell’inverno 1944-1945 che fu terribile per tutti, ma in specie per i partigiani che in quel periodo ebbero anche un ridotto supporto logistico e militare da parte degli Alleati impantanati sulla Linea Gotica.
Si portò bene il nostro Giuseppe e combatté con onestà d’intenti e vigore tant’è che malgrado i pochi mesi operativi fu riconosciuto senz’altro come partigiano combattente.
Passarono i mesi peggiori ma quando tutto pareva essere finito, quando la libertà ormai sembrava certa ed il definitivo crollo del fascismo repubblicano inarrestabile, avvenne il fatto infelice.
Una grande quantità di uomini, mezzi e materiali dell’esercito tedesco stava ormai lasciando Torino e le zone limitrofe ripiegando verso nord nella vana speranza di prendere una qualche via che potesse portare quei militari disperati verso qualche valico utile a riavvicinarsi al territorio tedesco.
Una colonna irruppe in Borgaro, non si sa se per solo bestiale e perverso gusto, se solo per imporre la paura, se solo per disperazione folle, se per qualche equivoco, i militari tedeschi iniziarono a sparare con armi automatiche in ogni direzione. (2)
Ci furono diversi feriti, anche assai giovani, e due vittime. Un civile ed un partigiano e quest’ultimo fu proprio il nostro Gasparello che, rimasto gravemente ferito, dopo poco tempo spirò:
Purtroppo Borgaro si trova proprio sull’itinerario di fuga dei tedeschi e così la situazione muta di colpo nel pomeriggio del 29 aprile. Mentre la popolazione festeggia la raggiunta liberazione, un forte contingente di nemici irrompe nel paese sparando all’impazzata. I colpi uccidono il sappista Giuseppe Gasparello e feriscono gravemente “Talin” (Natale Vesco nda), che perderà un braccio. (3)
Cadde così, inerme e vilmente ferito, il povero giovane Giuseppe Gasparello che aveva votato la sua vita e la sua sorte alla causa della libertà.
Il suo nome vive oggi nel monumento ai caduti di Borgaro, ove riposa, ed in un cippo, in via Diaz, che ne commemora il sacrificio. (4) Un nome che, forse, suonerà sconosciuto a molti ma che dovrebbe esser caro a tutti.
Alessandro Mella
NOTE
1) Commissione Regionale Piemontese per l’accettazione delle qualifiche partigiane, scheda Giuseppe Gasparello tramite il portale Partigiani d’Italia.
2) Il risveglio della Resistenza, Franco Brunetta, Edizioni Il Risveglio, 2010, p. 111.
3) Il Risveglio, 41, Anno LXXVI, 9 ottobre 2014, p. 20.
4) https://www.sullascia.net/notizie/borgaro/2018/un-viaggio-tra-i-cippi-dei-caduti-borgaresi/ (Consultato il 13 gennaio 2023).
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Articolo pubblicato il 10/07/2023