Perché nel 2035 non si venderanno auto elettriche

Una visione alternativa del futuro che verrà e del cambiamento di abitudini imposto alla razza umana

La cronaca quotidiana ci riporta una sequenza di avvenimenti suddivisi per argomento di cronaca, di politica internazionale, di attualità e così via. Si tratta di notizie per lo più destabilizzanti, che compresse in un unico insieme ci restituiscono l’immagine di un futuro quantomeno incerto. Dunque, l’errore di fondo che sta trascinando le varie forme di vita ospitate dal nostro magico pianeta verso il pericolo di una estinzione di massa, è quello di continuare ad analizzare in modo disgiunto il progressivo incidere di varie forme antropiche che agiscono di concerto su un unico elemento: il pianeta Terra.

L’effetto serra è il primo degli elementi destabilizzanti. Già monitorato all’inizio dell’era industriale, oggi è la principale causa dei cambiamenti climatici e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, ma in forte ritardo per politici, opinionisti e per i responsabili di quei settori energetici che hanno continuato ad attingere fonti di origine fossile dal sottosuolo per trasformarle in elettricità ed altre forme di benessere, ricavandone bollette e inzuppando l’atmosfera di CO2 . 

I dati della NASA relativi al 2022 informavano gli abitanti del pianeta che, nonostante si fosse trattato dell’anno più caldo mai registrato, sarebbe stato ricordato come il più fresco degli anni a venire, con una proiezione in aumento di temperatura che si fermava al 2050. L’anno in corso non ha deluso le previsioni e gli elementi atmosferici si sono presentati più arrabbiati che mai, ricordandoci certe responsabilità che tardiamo ad ammettere e ad affrontare con una “metamorfosi delle abitudini della nostra razza” (Guido Veronesi).

L’avanzare della siccità, del riscaldamento globale, dello scioglimento dei ghiacci e di tutti quei fenomeni che hanno modificato i millenari ritmi della natura, continuano a essere affrontati a “macchia di coccinella”, metafora che intende indicare l’entità di una seria azione ambientalista rispetto all’entità dell’Olocausto che ci sta correndo incontro, presentandoci il conto di altre azioni antropiche che vengono affrontate quasi sempre come se fossero separate e non somma di fenomeni il cui risultato è la minaccia alla sopravvivenza della vita sul pianeta.

Il disboscamento non accenna a diminuire nonostante l’ormai declamata necessità di non erodere terreni boschivi, entità non rinnovabili. Gli incendi liberano immensi volumi di CO2 compressi nei vegetali, unica fonte di ossigeno, ma un coordinamento per la salvaguardia delle foreste è in perenne, colpevole ritardo. L’ingordigia e l’ignoranza dei potenti si manifesta osservando tanto i nuovi villaggi “stile chalet” che stanno sorgendo a Sauze d’Oulx, divorando spicchi della magica foresta del “Gran Bosco”, quanto la commovente resistenza degli Adivasi, abitanti delle foreste turche, uomini, donne e anziani che si legano agli alberi gridando: “non sapete quello che state facendo”, e si fanno picchiare dagli agenti turchi mentre proteggono un’immensa distesa verde destinata a ingrandire la miniera di carbone a cielo aperto PEKB.

Dunque, senza voler insistere su quanto la superficie del pianeta Terra stia subendo un’accelerazione di selvaggio sfruttamento, anziché di una presa di coscienza globale, l’attenzione al futuro che verrà si sposta ai venti di guerra che non accennano a placarsi, mentre a livello economico e geopolitico, l’accerchiamento e l’isolamento di una vecchia Europa dalla coscienza sporca si sta manifestando sempre più chiaramente, seppur in tono sottovalutato.

Quindi, mentre la guerra in Ucraina minaccia centrali nucleari che potrebbero ricordare all’emisfero Nord quanto Chernobyl sia tuttora un mostro in imprecisata attività, la tensione si sposta dalla Bielorussia al confine polacco, un’escalation che porterebbe a un punto di non ritorno. Altrettanto, dall’altra parte del mondo. Gli USA hanno fornito 150 milioni di dollari in armamenti all’isola di Taiwan, mentre dalla Corea del nord Kim Yong-Un non smette di giocare con missili intercontinentali. Non sono giocattoli costruiti per diletto.

Questi ed altri gli squillanti segnali che ammoniscono la razza umana. Occorre cambiare registro e farlo in fretta. È qui che si inserisce la Green economy, il business pubblicitario dell’eco compatibile, del prodotto sostenibile, della tegola fotovoltaica… L’errore storico della valutazione economica ci allontana da una verità: l’accelerazione di una condizione di vita non sostenibile ci sta correndo incontro come un treno lanciato in corsa… La Cina tempestata da furibondi temporali ha visto le inondazioni varcare le porte di Pechino… In realtà, quanto tempo ci resta?

Secondo profeti e studiosi, il calendario Maya si interrompe al 2025, ma questa è archiviata come bufala dalla controriforma della verità ufficiale. Di ben altro spessore è il ticchettio sempre più frenetico dell’orologio dell’apocalisse, creato da uno staff di scienziati nel 1947 e quindi, sempre aggiornato. Gli algoritmi analizzati dal famigerato orologio oggi ci ammoniscono: mancano 90 secondi alla fine del mondo. Mai lo spazio della lancetta dei minuti si era avvicinato così tanto al tragico punto di non ritorno rappresentato dal mezzogiorno.

Ora, mentre i 90 secondi sono oggetto di dibattito tra i soliti scienziati, genio e sregolatezza dello sviluppo tecnologico che ha fagocitato il mondo, l’autore di questa pur superficiale analisi maturata durante lunghe notti in un ospedale, alle prese con la bellezza e la fragilità della vita, e con la nera prospettiva della morte, momentaneamente sopravvissuto, gira al lettore un’altrettanto semplice domanda: “se soltanto una parte di tutte codeste minacce epocali che stanno aggravando le condizioni di vita del pianeta Terra, è un pericolo reale, a cosa serviranno ritardatarie decisioni nate già sbagliate sotto il segno del business economico?”.

Una su tutte è l’incomprensibile corsa europea all’evoluzione di potenti e costose auto elettriche, decretando la fine del motore endotermico a partire dal 2035. Fesseria antiinquinamento imposta a meno del 10% della razza umana. Se le previsioni NASA sono corrette, tra 12 anni avremo vissuto il 12º periodo estivo più caldo di sempre. L’auto elettrica è la soluzione per invertire la tendenza?

Chiaramente no! Invece, chi si comprerà i bolidi elettrici da 200 kW e per andare dove? In questo luglio da cani con 50° di temperatura, sia dalla costa est degli USA che dall’aeroporto di Olbia, gli inquinanti jet carichi di turisti sono rimasti al suolo. A cosa servirà mettere al bando i motori a combustione interna? Tra 12 estati saremo ancora vivi o il pianeta Terra, stanco delle nostre angherie avrà in qualche modo trovato una combinazione antropico-astrale per scrollarci di dosso?

Ovviamente tutto questo è solo un’opinione, una presuntuosa supposizione pseudo intellettuale e blandamente scientifica, un’osservazione poco ottimistica che inciamperà di certo in qualche errore. Dunque chiedo scusa al lettore per ogni sbaglio a cui il tempo mi metterà di fronte. E chiedo scusa anche al costruttore, che auto elettrica sia! Pare essere scattante, piuttosto veloce & dotata di un efficiente climatizzatore…

 

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Articolo pubblicato il 04/08/2023