L’Uomo senza dubbi

Qualche considerazione in merito alle esternazioni del Presidente della Repubblica

Francamente non comprendiamo la necessità delle continue esternazioni del Presidente della Repubblica su ogni possibile argomento della nostra e altrui contemporaneità.

Non passa settimana che Sergio Mattarella non ritenga opportuno, o addirittura necessario, farci dono del suo pensiero su temi che attingono talvolta alla sua funzione ma che, spesso, ne esulano completamente, opinioni che peraltro non sono sempre condivisibili nonostante provengano da chi dovrebbe rappresentare il comune sentire del popolo italiano.

La Costituzione tace sui poteri di esternazione del Presidente della Repubblica limitandosi a prevedere, fra le funzioni elencate nell’articolo 87, solo quella di inviare messaggi alle Camere.

Appunto, inviare messaggi alle Camere: un atto solenne, non ordinario, altamente meditato, che dovrebbe riguardare temi solenni, non ordinari, altamente meditati. Dalla presidenza Cossiga in poi invece è prevalsa, nelle sale quirinalizie e molto spesso fuori da esse, l’abitudine dei presidenti di dire la loro su qualsiasi argomento, quasi sempre con i toni moralistici, altisonanti, retorici, propri di una narrazione che sovente confonde la serietà dei concetti con una forma di altezzosa assertività.

Di un passato presidente si disse, con sottile umorismo, che riempiva l’aria di parole, e viceversa...

Purtroppo è chiaro che, anche da un punto di vista puramente statistico, più si parla più si corre il rischio di cadere in sciocchezze, inesattezze, veri e propri sfondoni. E i presidenti della Repubblica non sfuggono a questa ferrea legge scientifica (oggi va così di moda...) anche se mediamente si attengono a un’oratoria fatta di luoghi comuni, verità desuete, petizioni di principio, moralismi da oratorio, opinioni da circolo del bridge e qualche volta vere e proprie leggende metropolitane.

Forse proprio per stare nel giardinetto sicuro delle verità condivise -o presunte tali- senza correre i rischi di qualche pericolosa originalità. In fondo anche i ghost writers del Quirinale tengono famiglia.

Questa attitudine non proprio encomiabile ha travolto anche Sergio Mattarella che in questo suo secondo mandato sembra essersi attribuito il ruolo di guida morale e pedagogo della nazione italiana, e anche di alcune altre visto che, sulla sedicente questione climatica, ha trascinato con sé anche i presidenti di Croazia, Grecia, Malta, Portogallo, Slovenia, non proprio nazioni eminenti sul piano internazionale ma ormai calate anch’esse nell’eco-ansia che sembra attanagliare il nostro paese e il nostro tempo.

In base a quale norma o prassi costituzionale Mattarella si sia attribuito il ruolo di climatologo catastrofista non si sa, ma tant’è: tutti dicono quella cosa lì, e anche il nostro Presidente ha ritenuto di leggerci a voce alta, anzi altissima, questo nuovo libro dell’Apocalisse, scritto da chissà chi e disconosciuto da moltissimi uomini di scienza, anche se prevale una granitica opinione mediatica contraria.

D’altra parte tutti noi ricordiamo un’altra esternazione “scientifica” del Presidente quando, in piena psico-pandemia covidaria, affermò stentoreo “Non si invochi la libertà per non vaccinarsi”: un’affermazione sconvolgente in bocca a chi dovrebbe essere il supremo garante costituzionale della nostra libertà, di tutte le nostre libertà. Una frase che, sotto il profilo dell’etica e dell’estetica istituzionale, può essere solo paragonata all’altra, decisamente più indigeribile, “Non ti vaccini, ti ammali, muori...”

Ma erano i tempi in cui anche le menti brillanti cedevano sotto l’urto del terrorismo sanitario, e la vigilanza sulla costituzionalità di certi provvedimenti normativi era molto labile, e il silenzio delle istituzioni in proposito era molto profondo, anche delle istituzioni più alte.

E anche a questo proposito il Presidente ha voluto, pochi giorni fa, offrirci alcune considerazioni decisamente fuori luogo e del tutto insostenibili sotto il profilo costituzionale.

Intendiamo ovviamente l’ostilità dimostrata verso l’istituzione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid, un’ostilità che -travestita con esili considerazioni di ordine giuridico- non riesce a nascondere una sua natura fortemente politica. Dalle parole di Mattarella traspare infatti una precisa e irritata presa di posizione ideologica contro una doverosa scelta del parlamento e contro una sua maggioranza liberamente espressa dagli italiani, presa di posizione che non gli compete, soprattutto se fondata su argomentazioni costituzionali assolutamente mediocri.

L’articolo 82 della Costituzione prevede che le Camere, in piena libertà, possano istituire commissioni d’inchiesta “su materie di pubblico interesse” e “con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria”. Affermare quindi che la commissione sul Covid invada l’ambito del potere giudiziario è del tutto erroneo, anche perché il fine del potere giudiziario è l’accertamento di una verità processuale con l’eventuale irrogazione di sanzioni, mentre il fine del potere legislativo, e dell’istituzione parlamentare nel caso delle commissioni d’inchiesta, è quello di accertare una verità di ordine politico da presentare al popolo sovrano e al suo giudizio, senza la possibilità di irrogare sanzioni.

Appare strano che una simile e ovvia considerazione possa essere sfuggita ai costituzionalisti del Quirinale, i quali avrebbero così proposto al Presidente un testo farlocco che ha esposto la massima carica dello Stato a una figuraccia mediatica e istituzionale difficilmente cancellabile. Ma soprattutto facendo crescere la sensazione che egli non sia più l’arbitro imparziale del gioco politico ma il più accreditato e alto esponente dell’opposizione.

Forse sarebbe l’ora che Sergio Mattarella facesse una seria riflessione sui suoi poteri e, soprattutto, sul suo stile comunicativo basato sulla convinzione di dover dire qualcosa sempre e in ogni occasione con tono oracolare, profetico, monitorio, su cose che poco conosce o conosce per sentito dire o ancora perché così sembra pensare la maggioranza di un’opinione pubblica a sua volta instradata dai grandi mezzi di comunicazione. Dovrebbe inoltre ricordare che l’assenza di dubbi non è indice di saggezza, ma solo di rigidità intellettuale.

Magari andando a rivedere e recuperare lo stile di alcuni grandi vecchi della nostra politica, come un Giovanni Giolitti che, ripreso da un parlamentare di opposizione per aver risposto in modo troppo stringato a una sua interrogazione, disse: “Vengo da una terra dove, quando non si ha più nulla da dire, si smette anche di parlare”.

 

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Articolo pubblicato il 07/08/2023