Varallo (VC) - Un modello per i Sacri Monti

I Sacri monti del Piemonte e della Lombardia sono stati inseriti dall'UNESCO nella lista dei patrimoni dell'umanità

Vent’anni fa i Sacri monti del Piemonte e della Lombardia sono stati inseriti dall'UNESCO nella lista dei patrimoni dell'umanità. Proponiamo quindi una serie di articoli che ripercorrono la storia e la cultura di queste importanti testimonianze dell’arte e della devozione e sorte sulla spinta delle istanze sorte in seno al Concilio di Trento.

 

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VARALLO: UN MODELLO PER I SACRI MONTI

 

Più antico tra i Sacri Monti europei (1491), Varallo è legato a corda doppia con l’insediamento in quella località di Frati Minori Francescani, a cui si lega anche l’edificazione del convento di Santa Maria delle Grazie.

Promotore, animatore e vero e proprio maître à penser del Sacro Monte di Varallo, padre Bernardino Caimi (1425-1499), francescano che sulla base di un principio di translatio del sacro, ipotizzò di ricostruire in questa località della Valsesia (allora al confine con la terra di Lombardia) i luoghi principali della Palestina. Ciò fu determinato a facilitare l’approccio alla Passione, “teatralizzata” con l’ausilio di un luogo geomorfologicamente ad hoc e con l’apporto di una macchina scenografica dotata di grande pathos.

 

Bernardino Caimi, francescano dell’Antica Osservanza, nel 1478 era stato commissario per il suo Ordine a Gerusalemme; costatando la minaccia turca per i pellegrini in viaggio in Terra Santa, pensò di realizzarne una “copia” in Occidente. Nel 1481 trovò in Varallo e nelle sue alture, il luogo più adatto nel quale allestire quel “teatro montano” che tanta importanza avrà nella storia della devozione.

 

Alla base del Sacro Monte vi è soprattutto l’idea di una “Gerusalemme trasferibile”, un sistema devozionale che coinvolga in una sola struttura pittura, scultura e scenografia, l’architettura e la sacra rappresentazione, producendo un nuovo modello poetico e religioso per avvicinare i fedeli alle verità storicizzabili del messaggio evangelico.

 

Con un atto notarile del 14 aprile 1493, il Sacro Monte di Varallo venne ufficialmente affidato ai Minori Osservanti di San Francesco: forse in quel momento nessuno poteva ancora immaginare quale sviluppo avrebbe avuto quella struttura che, ormai da due anni, stava assumendo una forma sempre più compiuta.

Attualmente, le cappelle sono quarantacinque: alcune delle quali risultano dei veri e propri gioielli dell’arte, in cui scultura e pittura danno vita a un corpus estetico di straordinaria vitalità.

 

La prima cappella a vedere la luce fu quella del Santo Sepolcro: una delle ultime del percorso devozionale (la 43°), sulla costruzione una lapide celebra i committenti e indica la data della realizzazione: 1491.

La morte di padre Caimi, prematura soprattutto per l’economia del progetto del Sacro Monte, lasciò un vuoto notevole che però fu presto colmato dal lavoro di altri due padri francescani profondi conoscitori della Terra Santa: Candido Ranzo e Francesco da Marignano.

 

L’impegno profuso fu notevole se si considera che nel 1514 le cappelle ultimate erano una ventina. Nel 1517 fu realizzata la cappella della Crocifissione: un altro straordinario esempio di notevole livello esecutivo, sia per quanto riguarda l’impianto pittorico, che per la rappresentazione dell’evento ricostruito negli anni seguenti con ottantasette statue di Gaudenzio Ferrari.

 

Il corpus della cappelle più antiche si struttura su un impianto iconografico che evoca i principali luoghi della Palestina: Nazaret, Betlemme, Getsemani, Monte Calvario, Monte Sion, valle di Giosafat.

Una parte di queste cappelle più antiche è ancora rimasta a documentare con straordinaria vitalità un impegno costruttivo e decorativo senza precedenti. Queste le cappelle primitive superstiti all’interno dei seguenti complessi: Nazaret (capp. 2-3), Betlemme (capp. 5,6,7,8), Ultima cena (cap. 20), Crocifissione (cap. 38), Sepolcro di Cristo (cap. 43), Sepolcro della Madonna, Fontana del Cristo risorto.

Ricordiamo che le scene raffigurate non erano collocate seguendo un principio cronologico, ma sfruttando una suddivisione geografica: cioè nelle singole aree si trovano avvenimenti accaduti in quel luogo anche se in tempi diversi.

 

Le altre cappelle, oltre quelle sopravvissute che abbiamo indicato, furono distrutte o subirono rilevanti modifiche e ricostruzioni fino alla seconda metà del XVIII secolo.

Il primo corpus di statue era di legno; in seguito furono utilizzati dei manichini sui quali l’opera dei plasticatori si è concentrato soprattutto sul volto e sulle mani; barba e capelli posticci hanno il ruolo di rendere ulteriormente realistiche queste affascinanti realizzazioni. Si tenga conto che nel passato i fedeli potevano accedere nelle cappelle, divenendo comprimari di una rappresentazione sacra dotata di straordinario potere evocativo.

 

Il legno, che ebbe in padre Marignano un autentico maestro, fu via via abbandonato quanto, con Gaudenzio Ferrari, si affermò l’uso della terracotta. All’innovazione sul piano tecnico si affiancò anche una notevole ristrutturazione del linguaggio, nel quale la pittura acquisiva un ruolo sempre meno subalterno, anzi si rivelava come un apporto autonomo e staccato dalla limitante funzione scenografica.

 

Nel primo decennio del XVI secolo, quando ormai Gaudenzio Ferrari aveva lasciato il cantiere del Sacro Monte, il progetto per un ordinamento dell’intero complesso venne affidato a Galeazzo Alessi (1512-1572). Quest’architetto perugino, ridefinì il complesso devozionale, strutturandolo come una sorta di città sacra, modellato sullo schema rinascimentale della “città ideale”.

 

Abbiamo conferma del suo intento nell’opera manoscritta Libro dei Misteri, dal quale si evince una topografia della Nuova Gerusalemme che dalla Porta Maggiore giunge alla cappella del Santo Sepolcro, passando attraverso le varie fasi della vita e della Passione di Cristo (unica variante la prima cappella dedicata ad Adamo ed Eva). L’itinerario risulta scandito da piazze, palazzi e strutture destinate ad assegnare all’intero complesso l’aspetto di una città con il grosso corpus di cappelle ascritto in un’area relativamente ristretta.

 

Dal 1569 al 1593 (quando Alessi lasciò il sacro Monte), furono realizzate altre cappelle; non sempre è però facile risalire con precisione all’identità degli artisti che vi operarono. Allo stato attuale degli studi, è possibile stabilire che a Varallo furono impegnati in vari periodi i seguenti artisti:

 

Scultori

 

Giuseppe Arrigoni (1722); Bartolomeo Badarello di Campertogno (1587-89); Dionigi Bussola; Giovanni d'Enrico (1602-40); Gaudenzio Ferrari (1507-28); Giacomo Ferro (1629-38); Luigi Marchesi (1826); Giacomo Paracca di Valsolda, detto “il Bargnola” (1588-89); Michele Prestinari (1590-95); Gaudenzio Soldo di Camasco (1671); Jean Wespin (1599-1602).

 

Pittori

 

Domenico Alfano di Perugina (1587-89; 1599-1600); Gabriele Bossi (1584-85); Antonio d'Enrico (1615-17; 1627); Melchiorre d'Enrico (1614-19); Giovanni Battista e Giovanni Mauro della Rovere (1590-98); Giovanni e Giuseppe Danedi, detti “fratelli Montali” (1666-76); Gaudenzio Ferrari (1507-28); Pier Francesco Gianoli di Campertogno (1678-79); Pier Celestino Gilardi (1880); Melchiorre Gilardini detto “il Ceranino” (1637-47); Giovanni e Girolamo Grandi (1670); Bernardino Lanino (1540); Giulio Cesare Luini (1544-45); Pier Francesco Mazzucchelli (1607-14); Cristoforo Martinolio detto “il Rocca” (1620-22; 1640-1642); Antonio Orgiazzi, (1779-80); Fermo Stella da Caravaggio (1557).

 

Il progetto dell’Alessi fu comunque ridimensionato da Carlo Borromeo, che volle un Sacro Monte “meno laico”, privo di eccessive ridondanze estetiche e soprattutto dominato da una forte semplicità esecutiva. Insomma, un progetto che non offrisse il fianco alle critiche riformiste.

Dall’ultimo decennio del XVI secolo, fu rilevante l’intervento di Carlo Bascapè (1550 - 1615), dal 1593 vescovo di Novara. Una figura che ritroveremo anche in altri Sacri Monti, infatti il suo ruolo fu determinate poiché, per molti aspetti, continuò l’opera di Federico Borromeo. È noto per aver scritto la prima biografia su san Carlo e la storia della diocesi novarese; il suo impegno pastorale fu orientato in direzione dell’applicazione della Controriforma nelle campagne e nelle valli.

Nei successivi quarant’anni, a Varallo furono realizzate la piazza della chiesa, il complesso del palazzo di Pilato, la “Piazza dei tribunali” con le omonime cappelle di Caifa e Erode; inoltre vennero approntate, accanto alla cappella della Crocifissione, quelle dell’“Affissione alla croce” e della “Deposizione”. Fu anche dato inizio al cantiere della nuova basilica, poi ultimato intorno alla metà del XVII secolo. In quel periodo il Sacro Monte acquisì una fisionomia definitiva, con una struttura che significativamente riprendeva la struttura urbanistica pensata dall’Alessi, anche se il complesso delle cappelle potrà dirsi finito nel 1737, con il completamento della cappella dedicata all’incontro di Cristo con il gran sacerdote anziano, Anna.

Dal periodo del suo completamento, fino alla metà del XX secolo, il Sacro Monte è stato oggetto di interventi e ampliamenti, che hanno arricchito la struttura urbana sul piano estetico e funzionale, oltre ad apportare varianti e miglioramenti a livello urbanistico, al fine di rendere il complesso devozionale di Varallo sempre più monumentale e contemporaneamente più fruibile.

 

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Articolo pubblicato il 18/08/2023