26 agosto 1865: muore a Messina Lorenzo Valerio

Il più insigne esponente della cultura sociale torinese prima del 1848, uomo politico e deputato, a Torino è ricordato da una breve via non rettilinea che collega via della Consolata con via Bligny

Lorenzo Valerio rappresenta il più insigne esponente della cultura sociale torinese, prima del 1848, per poi divenire un importante uomo politico, uno dei più autorevoli esponenti della sinistra parlamentare. Gli storici non gli hanno dedicato molti studi. A Torino, dove è nato il 23 novembre 1810, è ricordato da una breve via, ad andamento non rettilineo, che collega via della Consolata con via Bligny.

La famiglia Valerio è formata dal padre Gioachino, sposato con Giovanna Camilla. Da loro nascono cinque figli: Gioacchino (medico, filantropo, deputato), Lorenzo (uomo politico), Cesare (ingegnere, deputato), Giuseppe (diplomatico) e Marianna. Dei fratelli e della sorella ci siamo già occupati in precedenti articoli. I Valerio non sono ricchi e, nel 1823, i genitori si separano civilmente per colpa del padre che non paga regolarmente gli alimenti alla moglie, costretta a grandi economie e sacrifici per allevare i figli. Questo porterà a un forte legame di solidarietà tra i fratelli e ad un grande amore nei confronti della madre, che morirà a soli 48 anni, nel 1836.

Per gravi difficoltà economiche, a 15 anni, Lorenzo abbandona gli studi e lavora in una manifattura di sete di cui diviene direttore. Al tempo la produzione della seta è una delle principali attività del Piemonte. Simpatizzante per le idee liberali, nel 1831 subisce una perquisizione da parte della Polizia. Nel 1834 si reca a Vienna presso uno zio materno, agente di commercio, e, per conto di questi, come commesso viaggiatore, si reca in Germania, Francia, Ungheria e parte della Russia. Si dedica allo studio delle lingue slave, degli usi e costumi di questi popoli ai quali resterà sempre legato.

Nel 1836, Lorenzo torna in Piemonte e assume la direzione del setificio del banchiere Michelangelo Bertini ad Agliè. Trova la manodopera dedita al bere e al gioco, che non lavora al lunedì e spesso neanche al martedì, rissosa, indebitata. Lorenzo applica riforme all’inizio molto contrastate, in particolare il pagamento delle paghe al lunedì mattina e non al sabato sera. Il cambiamento sarà provvidenziale. Concede alle filatrici di tenere vicini i loro figli, allontana i beoni incorreggibili, sa creare legami di collaborazione con i dipendenti. Fonda una Cassa di risparmio fra gli operai e il primo asilo infantile del Piemonte (1839), seguito da un secondo nel 1842 e da una scuola per le bambine. Quando, a fine 1846, Lorenzo lascia il setificio, nessun operaio è più indebitato e quasi tutti hanno comperato casa e orto. Espone questa sua esperienza nell’opuscolo Igiene e moralità degli operai di seterie, del 1841, che lui distribuisce gratuitamente in Piemonte mentre viene tradotto in francese e ristampato in varie città italiane. Inizia così la sua attività di filantropo laico, promotore del progresso civile, morale, intellettuale, politico del popolo.

Per comprendere il clima in cui i benefattori laici esplicavano la loro impegno nella Torino ante 1848, leggiamo quanto scrive il giurista e politico Luigi Francesco Des Ambrois de Névache (Oulx, 1807 – Roma, 1874): «Sotto il regno di Carlo Alberto le menti erano rivolte verso idee filantropiche.

Gli uomini più illuminati solevano occuparsi delle prigioni e soprattutto del sistema penitenziario, degli asili per l’infanzia e degli ospizi di mendicità. Ma il partito della reazione religiosa (partito clericale) fingeva di considerare le tendenze umanitarie come smorfie profane che sconfinavano nel campo della carità cristiana, come novità futili e pericolose che avrebbero finito per porre la morale al di fuori della religione. Si aveva un bel mettere insieme tutte le garanzie possibili nell’interesse della religione e procurare alle istituzioni il sostegno di ecclesiastici degni: il partito restava ostile a queste innovazioni reclamate dalla civiltà e dal progresso dei lumi. Non le attuava da sé e non voleva che altri lo facessero».

Sempre nel 1836, Lorenzo fonda il settimanale «Letture Popolari», giornale cui collaborano distinti studiosi e ha rubriche dedicate ad arti e mestieri. Nei suoi articoli, Lorenzo dimostra profonda umanità e sensibilità ed è capace a scrivere senza retorica, cosa non comune ai suoi tempi. Ad esempio, nel 1840 leggiamo: «C’è delle case che non sono case: la casa del povero è una di quelle». Concetto ribadito nell’opuscolo Igiene e moralità degli operai di seterie, del 1841: «Nulla vi è nella casa del povero che sia di sollievo per la vita, e il bambino vi diventa presto maturo».

Il 27 marzo 1841, le «Letture Popolari» sono soppresse dalla censura del Regno di Sardegna.

Il 12 marzo 1842 la pubblicazione può riprendere col titolo di «Letture di famiglia». Interessante considerare il sottotitolo «Giornale settimanale di educazione morale, civile e religiosa», che pone in prima pagina un motto di Paroletti, parroco in Toscana: «L’ignoranza è la massima e la peggiore delle povertà».

Con tutto questo, le istituzioni filantropiche, nei tempi difficili ante 1848, sono mal tollerate. A Torino, Lorenzo è soprannominato “Caio Gracco”, è accusato di “nobilofobia” per la sua insofferenza verso quei nobili, che col loro anacronistico comportamento arrogante mostrano l’arretratezza della società piemontese.

Nelle «Letture di famiglia» del 1846 troviamo una nota che riguarda l’attività benemerita di due sacerdoti, che lavorano autonomamente nella rispettiva opera: il primo è Don Giovanni Bosco con la collaborazione dei cappellani del Rifugio, teol. Giovanni Borel (1801-1873) e don Sebastiano Pacchiotti (1806-1884), e il secondo, don Giovanni Cocchi (1813-1896), vicecurato dell’Annunziata, che già dal 1840 aveva aperto un oratorio in Vanchiglia. L’articolo è intitolato «Scuole e solazzi (sic!, N.d.A.) domenicali pei poveri».

I Compilatori promettono che «Più tardi le Letture parleranno distesamente di cotesta nuova istituzione, che cotanto onora il Clero torinese», ma non possono farlo. Il periodico viene definitivamente soppresso d’autorità il 27 maggio del 1847, a causa di un articolo ritenuto offensivo per i Gesuiti.

Sempre per educare il popolo, Lorenzo si prodiga a Torino - spesso con la collaborazione del fratello Gioacchino - per creare asili infantili, scuole serali e domenicali destinate ad adulti e bambini, per i pubblici scaldatoi nel freddo inverno del 1844.

Nel 1844 è tra i fondatori dell’Associazione agraria subalpina, che nei suoi congressi, è molto ardita nell’invocare miglioramenti economici e politici in senso liberale. Carlo Alberto ne è protettore considerandola organismo capace di coniugare la nuova cultura agraria con le aspirazioni di unità nazionale. Dal 9 al 12 settembre 1846, si svolge il Congresso dell’Associazione a Mortara, in Lomellina, al tempo nel Regno di Sardegna, con la partecipazione anche di rappresentanti lombardi. Nel banchetto di chiusura, Lorenzo, con audace discorso, saluta Carlo Alberto come il re che, all’occasione, caccerà gli stranieri dall’Italia. Il Presidente dell’Associazione, Filiberto Avogadro di Collobiano, tronca ogni discorso e chiude i lavori. Ma Lorenzo ha interpretato i sentimenti del re: non è molestato dalla polizia. Si sussurra che lo stesso Carlo Alberto abbia bloccato l’azione repressiva.

Le prime riforme del re Carlo Alberto sono datate 30 ottobre 1847. È abolita la censura sulla stampa e riformata la Polizia, provvedimenti accolti con entusiasmo a Torino e in tutto il regno.

Il 4 marzo è concesso lo Statuto. Cesare Balbo presiede il primo ministero costituzionale. Lorenzo fonda a Torino il quotidiano «La Concordia» il cui primo numero è del 10 gennaio 1848. Ne è direttore e il suo giornale è la bandiera delle sinistre, insieme al «Messaggere Torinese», fondato e diretto dall’altro esponente del gruppo, Angelo Brofferio. Nel febbraio 1848 «La Concordia» conta 2.000 abbonati, scesi a 1.500 alla fine del 1849.

Sempre nel 1848, Lorenzo è eletto deputato al Parlamento subalpino per il collegio di Casteggio (oggi in provincia di Pavia), che gli resta fedele in tutte le legislature, fino alla VI. È un dinamico e combattivo deputato della sinistra parlamentare. Dopo la disastrosa guerra del 1848, accusa coloro che ritiene responsabili della sconfitta militare. Dapprima sostiene la politica di Vincenzo Gioberti. È poi avversario politico di Cavour. Quando «La Concordia» cessa le pubblicazioni, Lorenzo fonda «Il Progresso» e poi «Il Diritto», sempre voce della sinistra piemontese. Pur avversario politico di Cavour, gli si avvicina nell’imminenza della Seconda Guerra d’Indipendenza: come deputato approva le fortificazioni di Casale Monferrato, la Marina militare a La Spezia, il trattato di Parigi; i pieni poteri al governo per la guerra del 1859.

Nello stesso anno, il governo Rattazzi lo nomina Commissario del Re per la provincia di Como, incarico mantenuto anche quando Cavour ritorna al governo nel gennaio 1860. Il 12 settembre 1860, Lorenzo è nominato Commissario nelle Marche, dove rimane fino al 19 gennaio 1861. Deve applicare l’infelice decreto del governo che sopprime le province di Fermo e Camerino, destando enorme scontento. Istituisce varie scuole e, nel 1861, l’Osservatorio Meteorologico Sismologico di Pesaro che porta il suo nome. Iniziano a manifestarsi i segni della malattia che gli sarà fatale. Il 30 novembre 1862 è nominato Prefetto di Como e Senatore del Regno. Nominato nel 1865 prefetto a Messina, chiede di poter prima passare le acque a St. Moritz nell’Engadina, dove l’anno precedente ha avuto un miglioramento di salute. Ma il ministro dell’Interno deve sollecitarne la partenza perché la Sicilia è minacciata dal colera e a Messina ci sono tumulti. Arriva nel luglio 1865, malato, ma si impegna fin da subito e riesce a dominare la situazione. Si aggrava però la sua malattia e muore il 26 agosto.

Ci piace concludere questo ricordo di questo nostro concittadino, ingiustamente dimenticato, con la frase scritta al momento della morte da un redattore de «Il Giornale Illustrato», di Firenze: «Per fare l’elogio degli uomini quali Valerio, non si deve fare altro che raccontarne la storia».

 

Nota

Di Lorenzo Valerio si è occupato il professor Adriano Viarengo che ha curato la pubblicazione del Carteggio 1825-1865 a partire dal 1991 ed è autore del libro Lorenzo Valerio. La terza via del Risorgimento 1810-186 (Carocci, 2019).

Amilcare Carlotti, Lorenzo Valerio, Torino, 1872. Elogio per l’inaugurazione del monumento nell’Istituto di Belle Arti in Urbino.

Luigi Francesco Des Ambrois de Névache, Note e ricordi inediti, 2011.

Pompeo Gherardi, Lorenzo Valerio. Cenni biografici, Urbino, 1868.

S., Lorenzo Valerio, Il Giornale Illustrato, n. 37, 16-22 settembre 1865.

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Articolo pubblicato il 26/08/2023