Domodossola - Un modello per i Sacri Monti

Due frati cappuccini, Gioachino da Cassano e Andrea da Rho, furono i promotori del Sacro Monte Calvario

Vent’anni fa i Sacri monti del Piemonte e della Lombardia sono stati inseriti dall'UNESCO nella lista dei patrimoni dell'umanità. Proponiamo quindi una serie di articoli che ripercorrono la storia e la cultura di queste importanti testimonianze dell’arte e della devozione e create sulla spinta delle istanze sorte in seno al Concilio di Trento.

 

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Quello di Domodossola è per molti aspetti un gran bel Sacro Monte, anche se il tempo ha visibilmente influito sull’eterogeneo complesso di cappelle e sull’apparato plastico che dà luce e vita alla ricostruzione degli eventi descritti.

Due frati cappuccini, Gioachino da Cassano e Andrea da Rho, furono i promotori del Sacro Monte Calvario: del loro fervore ci ha lasciato traccia Giovanni Matteo Capis (1617-1681) – che provvide al reperimento dei fondi necessari alla realizzazione – in un documento inedito conservato nell’archivio del Sacro Monte così sintetizzato da Tullio Bertamini:

 

“La tradizione vuole che questi due frati predicassero la Quaresima nella collegiata di Domo nell’anno 1556 e che tanto infiammassero il clero e il popolo alla devozione a Cristo Crocefisso da indurre la Comunità a realizzare la grandiosa e impegnativa opera del Sacro Monte calvario. L’idea partì dunque dai frati Cappuccini, ma fu raccolta e attuata dalla Comunità ossolane che ne sostenne tutto l’impegno” (Il Sacro Monte calvario di Domodossola, Verbania 1980).

 

Il cantiere fu aperto nel 1657: il progetto prevedeva la ricostruzione della Via Crucis che da Domodossola sale lungo le pendici del monte Mattarella. Poco più di trent’anni dopo, sulla  vetta venne edificato il santuario. Nel corso degli anni il complesso devozionale ha subito numerosi restauri e rifacimenti quindi, a seguito dell’ampio arco cronologico caratterizzante la sua realizzazione, oggi si presenta dominato da una notevole differenza tipologica, espressa soprattutto sul piano architettonico.

 

Il primo monumento a prendere forma fu l’arco d’ingresso: una certificazione del valore monumentale attribuito al complesso devozionale che, fin dall’inizio, trovò ampio seguito tra la popolazione. Significativamente, fu concessa un’indulgenza plenaria di quaranta giorni a quanti, nei giorni festivi, avessero prestato la loro opera di manovalanza nel cantiere della “fabbrica del Calvario”.

 

Si trattava soprattutto di ripulire l’area dalle macerie del vecchio castello e provvedere allo scavo per le fondamenta. Le prime tre cappelle furono ultimate nel 1666. Nel frattempo, si procedeva alla realizzazione del santuario, posto al culmine del percorso ascensionale del Sacro Monte. L’edificio, barocco, raccoglie tre cappelle che costituiscono un unico blocco con la struttura architettonica del santuario: nel presbiterio è raffigurata l’“Agonia di Cristo”; sul lato sinistro si trova la “Deposizione” e su quello destro la “Visione della Croce” (che originariamente doveva contenere l’“Adorazione dei Magi”).

 

È del 1667 l’oratorio della Madonna delle Grazie, nel quale trova una degna cornice un antico affresco tradizionalmente considerato miracoloso e che era collocato su un pilone devozionale.

Certamente rilevante, a Domodossola, l’intervento di Dionigi Bussola, già attivo a Orta e Varallo e qui chiamato da Giovanni Matteo Capis.

 

Il Bussola si dimostrò all’altezza del lavoro assegnatogli, esprimendo il suo notevole talento in alcune cappelle: “Gesù caricato della croce” (II cappella);  “Incontro di Gesù con la madre” (IV cappella); “Cristo morente sulla croce” (XII cappella); “Deposizione” (XIII cappella); “Cristo morto” (XIV cappella); alcune statue della cappella del “Paradiso”; “Cristo risorto” e le statue dei “Profeti nel santuario”; l'“Angelo annunciante” e la “Vergine nella Santa Casa di Loreto”.

 

Con la morte di Capis e di Bussola, nella fabbrica del Sacro Monte di Domodossola operarono altri artisti (Giuseppe Rusnati e Giovanni Sampietro), che non riuscirono però ad assegnare al complesso quell’identità e omogeneità che si evince nel lavoro dell’esperto Dionigi. Dal 1710, per altre mezzo secolo, il cantiere conobbe un periodo di stallo nel quale non furono aggiunte altre cappelle.

 

A partire dal 1768, dopo un breve intervento di Lorenzo Peracino di Cellio, fu attivo Pier Maria Perini che edificò due cappelle – “Pie donne” e “Terza caduta” – e operò in quella della “Crocifissione”. Dopo dieci anni subentrò il comasco Stefano Salterio, che contribuì al riordino e al completamento di alcuni edifici.

L’abbattersi della tempesta napoleonica travolse anche il Sacro Monte di Domodossola, che fu abbandonato dai padri Cappuccini fino al 1828, quando il complesso venne risollevato con la presenza di Antonio Rosmini.

 

Nel 1883 il Sacro Monte Calvario fu ufficialmente affidato ai Padri Rosminiani, che contribuirono in modo determinate al completamento di questa importante e originale testimonianza della fede e dell’arte. Le quindici cappelle lasciano intravedere nitidamente le loro differenze: frutto di un’opera costruttiva che richiese molto tempo; a ciò si aggiunga che qui operarono personalità artistiche contrassegnate da modelli poetici e potenzialità tecniche di diverso valore.

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Articolo pubblicato il 07/09/2023