Varese - Un modello per i Sacri Monti

Si tratta di un complesso di straordinaria bellezza

Vent’anni fa i Sacri monti del Piemonte e della Lombardia sono stati inseriti dall'UNESCO nella lista dei patrimoni dell'umanità. Proponiamo quindi una serie di articoli che ripercorrono la storia e la cultura di queste importanti testimonianze dell’arte e della devozione e create sulla spinta delle istanze sorte in seno al Concilio di Trento.

 

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Come altri Sacri Monti, anche quello di Varese è stato inserito dall’UNESCO, dal 2003, nel Patrimonio dell'Umanità. Si tratta di un complesso di straordinaria bellezza, nel quale il paesaggio e l’arte si amalgamano in un abbraccio travolgente; il luogo fu, già dal medioevo, un punto rilevante nella geografia dei pellegrinaggi e qui ebbe il proprio fulcro nella chiesa di Santa Maria del Monte e quindi nel monastero delle Romite Ambrosiane fondato nel 1474.

Il complesso devozionale strutturato secondo il disegno tipico del Sacro Monte di Varallo venne realizzato a partire dal 1604 e si è concretizzato in un percorso che oggi si snoda per circa due chilometri di acciottolato, trapuntato da quattordici grandi cappelle, spesso strutturate secondo un’impostazione architettonica che dona ad ogni edificio una notevole valenza estetica e una forte autonomia nel rapporto che lo lega all’ambiente e alle altre cappelle.

 

Senza dubbio il progetto del Sacro Monte incontrò grande eco tra la popolazione: infatti le donazioni furono numerose e spesso consistenti. In questo modo la realizzazione fu rapida e ben organizzata: nel 1623 erano infatti già tredici le cappelle terminate.

Nell’ultimo decennio del XVII secolo, tutto il complesso risultava terminato e sostanzialmente nella forma che ancora oggi lo caratterizza: a dominare è soprattutto una sorta di eclettismo manierista, che dona alle cappelle, agli archi e alle fontane un’impostazione sconnessa da ogni regola di omogeneità, ma che consente comunque all’insieme di mantenere una propria identità, ricca di straordinaria limpidezza.

 

“Pare che gli italiani non possano guardare un posto elevato senza desiderare di metterci qualcosa in cima, poche volte l'hanno fatto più felicemente che al Sacro Monte di Varese”, così stigmatizzava  Samuel Butler nel suo libro Alps and Sanctuaries of Piedmont and the Canton Ticino (1881): una definizione molto chiara da parte di un autore che fu un grande ammiratore dei Sacri Monti e che ad alcuni dei nostrani ha dedicato pagine di notevole poesia.

L’area dove attualmente sorge il Sacro Monte fu, come in altri casi analoghi, un luogo nel quale la devozione popolare aveva trovato un humus particolarmente vivo: secondo la tradizione agiografica, nel punto in cui attualmente sorge il santuario dedicato a Santa Maria del Monte (situato al termine del percorso devozionale) sorgeva una cappella che fu costruita, nel IV secolo, come testimonianza della vittoria contro gli Ariani.

 

Non si hanno notizie storiche in questo senso, anche se è invece sicura la presenza in sito di un edificio romanico (XI secolo); è inoltre presente una cripta affrescata che probabilmente era parte di una struttura precedente. È un vano ricavato scavando nella viva roccia dell’altura sulla quale poggia il Sacro Monte; certamente si tratta della parte più antica dell’intero complesso devozionale; i suoi affreschi (XIV secolo) sono contrassegnati da una caratura popolare (Trinità e Natività) ma di indubbio valore storico.

 

Nella metà del XV secolo, intorno al corpo del santuario andò via via infittendosi un gruppo di devote che offriva assistenza ai tanti pellegrini che salivano al santuario: dopo oltre un ventennio di instancabile attività, il papa Sisto IV, autorizzò due donne (Caterina Moggi e Giuliana Puricelli) che da tempo offrivano opera di assistenza al santuario, ad edificare un monastero che sarebbe stato retto dalla Regola di Sant’Agostino. L’iniziativa ebbe un notevole valore, poiché il monastero divenne anche un autorevole collegio femminile fino alla fine degli anni Sessanta del Novecento.

 

In quel luogo le suore costituirono anche un importante centro di restauro delle opere d’arte. Attualmente le Romite del Sacro Monte di Varese osservano un regime di clausura.

All’inizio del XVII secolo, una delle monache del monastero, suor Maria Tecla Cid, suggerì l’idea di un percorso devozionale che avrebbe dovuto collegare Varese al santuario: un’idea che in nuce aveva in sé il germe di quello che sarebbe ben presto divenuto l’attuale Sacro Monte.

 

Il progetto fu sorretto con entusiasmo dal cappuccino Giovanni Battista Aguggiari che si impegnò a fondo, trovando l’appoggio di alcune nobile famiglie lombarde.

E così, nel 1604, venne chiesto all’architetto Giuseppe Bernascone, detto “il Mancino”, di realizzare un progetto che prevedesse la costruzione di una serie di cappelle sui Misteri del Rosario; venne così avviata la “Fabbrica del Ss. Rosario”.

 

La struttura urbanistica-devozionale di Varese è suddivisa in tre blocchi di Misteri, scanditi da tre archi, che contengono ognuno alcune cappelle:

Misteri gaudiosi: Annunciazione; Visitazione; Natività; Presentazione al tempio; Disputa con i dottori;

Misteri dolorosi: Getzemani; Flagellazione; Coronazione di spine; Salita al Calvario; Crocifissione;

Misteri gloriosi: Resurrezione; Ascensione; Discesa dello Spirito Santo; Assunzione.

 

Tra la sesta e la settima cappella vi è una piccola struttura, di modesta fattura rispetto al resto del complesso, ancorata alla parete rocciosa e che intende riprodurre la grotta nella quale Caterina da Pallanza e Giuliana da Busto condussero una vita eremitica prima di fondare, nel 1474, il monastero delle Romite Ambrosiane. L’impianto plastico che raffigurare le due sante segue le linee tipiche che caratterizzano le raffigurazioni delle altre cappelle; le statue sono in terracotta ed opera di Francesco Silva.

 

Come già indicato, i lavori seguirono il progetto senza grossi intoppi e fu così che tredici cappelle risultavano già completate entro il 1630; nel 1698, tutto il complesso era definitivamente terminato. Una costruzione a tempo di record, se si pensa a quanto sono stati spesso lunghi i tempi che hanno preceduto il completamento di uno degli altri Sacri Monti vicini.

 

Tutto venne comunque condotto senza nulla togliere al valore artistico e alla necessità di adeguarsi alle prerogative controriformiste: sappiamo infatti che Federico Borromeo, nel 1612, dopo una visita pastorale a Varese, realizzò i Decreti con i quali veniva disciplinata la realizzazione dei Sacri Monti. Ad esempio, il Borromeo indicava che “le figure di rilievo siano di grandezza d'un terzo più del naturale, di buon disegno, ben cotte et giudiziosamente colorite”.

 

Numerosi gli artisti che operarono a Varese: alcuni attivi anche in altri Sacri Monti, anche se non sempre si tratta di personalità note, andate oltre la storiografia locale.

Ne ricordiamo qualcuno.

Francesco Silva (1560-1643), autore delle statue di quindici delle cappelle di Varese, operò anche a Ossuccio e Locarno.

 

Giovanni Battista (1560-1627) e Giovanni Mauro Della Rovere (1575-1640), detti “I Fiammenghini”, attivi a Varallo, a Varese hanno realizzato gli affreschi della navate laterali del santuario.

Del varesino Pier Francesco Mazzucchelli, detto “Il Morazzone” (1573-1626) abbiamo già detto nel capitolo “Arte e catechismo visivo”, ricordiamo che iniziò a lavorare alla cappella del Santo Rosario nella basilica di San Vittore in Varese, nel 1609 affrescò la cappella della Flagellazione al Sacro Monte di Varese.

Giovan Battista (1587-1668) e Giovan Paolo Recchi (1606-1686) dipinsero l’ottava e la nona (solo Giovan Paolo) cappella del Sacro Monte di Varese.

 

Bartolomeo Ghiandone (1603-1676), che dipinse gli affreschi della Fontana della Samaritana e quelli della sesta cappella. Le sue orme furono seguite dal figlio Agostino e poi dai nipoti.

Giovanni Ghisolfi (1623-1683) allievo di Salvator Rosa, da cui trasse un proficuo insegnamento, dipinse gli affreschi della quarta cappella.

 

Giovanni Battista e Giovanni Francesco Lampugnani ( Giovanni Battista 1653), legnanesi, a Varese realizzarono gli affreschi della chiesa dell’Immacolata Concezione e della dodicesima cappella.

Giovan Battista (1643-1718) e Gerolamo Grandi (1658-1718), dopo aver lavorato a Varallo e Orta,

operarono nella tredicesima cappella di Varese.

Stefano Maria Legnani detto “Il Legnanino” (1661-1713) affrescò la cappella dell’Ecce Homo, quell’Assunzione e la pala raffigurante il “Commiato di Cristo” del santuario varesino.

Pietro Gilardi (1679-1733), operò principalmente in Lombardia e a Varese realizzò gli affreschi della quattordicesima cappella.

 

Giuseppe Rusnati (1713), autore di alcune statue dei Sacri Monti di Domodossola e Orta, a Varese eseguì le statue di San Francesco e San Domenico del primo arco e l’altare maggiore del santuario.

Anche Renato Guttuso (1911-1987) lavorò al Sacro Monte di Varese lasciando un bel murales “La fuga in Egitto” per la terza cappella.

 

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Articolo pubblicato il 18/09/2023