Diego Rosa al Giro d'Italia, il campione e la sfortuna a pedalare insieme
Diego Rosa questa mattina, dopo una notte di riposo riparte ottimista e sorridente

Eroica vicenda umana del nostro forte alfiere piemontese

Quando ho incontrato Diego Rosa, giovane realtà del ciclismo italiano, era un pomeriggio di primo autunno dell'anno scorso. Subito ho intuito quel che era fin troppo evidente. Ero davanti a un ragazzo pulito, sincero, educato, quanto mai determinato, innamorato del suo sport, intelligente e umile, quasi in soggezione davanti alla mia impossibilità di pedalare ormai, eppure aperto e sorridente alle mie ciance.

 

Un ragazzo tutto cuore, bicicletta e simpatia che mi ha narrato il suo progetto sportivo: crescere senza fretta né trucchi, e presentarsi ancora più pronto al suo secondo e prossimo Giro d'Italia. Gli brillavano gli occhi. Al momento del commiato gli ho detto: pedala un po' anche per me, sorridendo ha annuito.

 

Diego Rosa, fuoriclasse di Corneliano d'Alba, pochi giorni fa stava inseguendo il suo sogno rosa quando, a pochi chilometri da Montecassino è stato coinvolto nella rovinosa caduta che ha atterrato molti corridori del gruppo. Da quel momento è iniziata una storia che non può restare nel silenzio.

 

Diego ha una ferita tremenda, un buco sotto al ginocchio da far paura, ma risale in sella e raggiunge il traguardo. Il dolore è lancinante, ma la voglia di correre è più forte. Tre punti di sutura, il giorno dopo si riparte, spingendo senza pietà su quell'articolazione che fa sempre più male. Alla fine della tappa si scoprirà che la lesione è infiammata fino all'osso. La ferita verrà pulita, disinfettata, è il turno degli antibiotici e del dolore a freddo.

Quasi non dorme, il morale vacilla.

 

La corsa non aspetta, al mattino Diego non riesce a camminare, ma è tutto l'anno che si sta preparando per il Giro, non si può fermare adesso! Parte la tappa, prime montagne, Diego è uno scalatore, sa che non ce la può fare eppure spinge, spinge su una gamba sola, resta indietro, è bianco in volto, l'ammiraglia si avvicina, perché continuare? Invece no, Diego resiste, rientra in una fuga, ma con troppi chilometri ancora davanti, sempre più lunghi, sempre più pesanti.

 

L'ultima salita lo vede indietro a lottare col dolore più che con la pendenza. Gli ultimi chilometri sono l'inferno, il traguardo non arriva più. Alla fine della tappa sono passati 20 min dall'arrivo dei primi. Forse il distacco brucia più della ferita profonda fino all'osso, ma è dentro il tempo massimo, martedì potrà ripartire. È l'unica cosa che conta.

 

Lunedì è giorno di riposo, di sonno, si spera che domani tutto sia migliore. L'obiettivo ora si è fatto più piccolo, arrivare in fondo sarà la corsa da vincere,  più dura della strada è quella contro il male.

 

Storia d’uno sport di sacrificio e di un ragazzo che sta onorando il suo essere uomo prima ancora che sportivo. Storia in fondo romantica, di quelle che si sentivano una volta. Il futuro è incerto, ma tifiamo per lui, cerchiamolo nel gruppo, numero 28, bicicletta Bianchi, la squadra: Androni-Venezuela.

 

I cronisti citano sempre gli stessi, ma il ragazzo non era certo al Giro per caso.

È forte in salita, forte e caparbio, sa quello che vuole e certamente sentiremo ancora parlare di lui. Da piemontesi, spingiamolo, tifiamo anche ciclismo, noi uomini da stadio, bar, gazzetta e solite bandiere.

Ciclisti, chilometri e sudore, maschere di sofferenza, storie di ragazzi innamorati della bicicletta, rischiano l'osso, non fanno capricci, hanno negli occhi l'avventura, non bisticciano tra loro, si rispettano pur nella rivalità e il cartello dell'ultimo chilometro li vuol vedere tutti, sani e salvi, anche se esausti, sudati e sofferenti.

Forza Diego, piemontese fino all'osso consumato, tappa dopo tappa forse ce la farai a dispetto del male e della iella. Il tuo Piemonte ti aspetta, giovedì e venerdì avrai da lavorare. Pedala campione! Comunque vada hai già vinto più di una sfida. Non ti mancherà di certo un'altra occasione!

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Articolo pubblicato il 21/05/2014