Enrico Federico Jest, pioniere della fotografia in Piemonte, con il figlio Carlo, gestisce a Torino una delle ditte più affermate per la realizzazione di strumentazioni e attrezzi per fisica, chimica, ottica, meteorologia, geodesia, che vengono forniti in particolare alle facoltà scientifiche dell’Università di Torino ma anche ad altre università del regno sardo e a  licei piemontesi.

Al tempo, Jest è indicato come “macchinista della R. Università”, carica che mantiene dal 1814 al 1849.

Jest sperimenta per primo con successo la dagherrotipia a Torino.

Il suo primo esperimento fotografico, che ritrae la chiesa della Gran Madre, è eseguito l’8 ottobre 1839, con un apparecchio costruito insieme al figlio Carlo e ad Antonio Rasetti, come il primo apparecchio fotografico italiano.

Il dagherrotipo fornisce una unica copia positiva, non riproducibile, su una lastrina di rame argentato.

A parte il fatto che il procedimento chimico per ottenere questa immagine comportava l’uso di vapori di mercurio nocivi per la salute, con i primi obiettivi, le immagini si formavano sulla lastra come riflesse.

In studio si poteva in parte ovviare, componendo la scena con alcuni trucchi, senza inserire degli scritti, che sarebbero apparsi capovolti.

Ma con i panorami questo non era possibile.

Ecco perché il dagherrotipo della Gran Madre appare alla rovescia: ci mostra infatti il campanile della chiesa sulla sinistra anziché sulla destra, come è nella realtà.

Va ancora detto che Enrico Federico Jest, nel 1840, ha pubblicato la traduzione del manuale di Louis Daguerre ed ha così fornito le basi teoriche per la diffusione della dagherrotipia.

Malgrado tutti questi meriti, a differenza di altri protagonisti della storia mondiale della fotografia, Enrico Federico Jest, noto soltanto agli addetti ai lavori, è ignorato a Torino tanto più che non ci è rimasta nessuna fotografia che lo ritragga!