Come fa il cervello a prevedere le decisioni altrui

Dal Giappone la scoperta dei segnali premonitori.

E’ grazie alle tecniche di risonanza magnetica funzionale che i ricercatori del RIKEN Brain Science Institute (BSI) hanno portato avanti uno studio sulla capacità di prevedere le decisioni e le azioni altrui.

In effetti i ricercatori hanno individuato le aree cerebrali coinvolte in grado di inviare due segnali “premonitori” capaci, a loro volta di codificare in anticipo le “intenzioni” degli altri.

Nelle interazioni sociali, le persone si comportano secondo un proprio insieme di valori e motivazioni che ci sono in massima parte sconosciute. I ricercatori del RIKEN-BSI sono riusciti a descrivere, per la prima volta, il processo secondo cui riusciamo a prevedere le decisioni di un’altra persona e lo hanno fatto attraverso una simulazione mentale della sua mente.

Realizzare tale sperimentazione non è stato facile. La difficoltà maggiore consisteva nel differenziare e separare i segnali cerebrali del soggetto da quelli simulati. 

Shinsuke Suzuki e Hiroyuki Nakahara, Principal Investigator del Laboratory for Integrated Theoretical Neuroscience del RIKEN-BSI ci sono riusciti analizzando con la risonanza magnetica funzionale (fMRI) l'attività cerebrale di alcuni volontari a cui era stato chiesto di effettuare previsioni sul comportamento degli altri sulla base di alcune informazioni. 

Per codificare tali dati raccolti si è provveduto alla creazione di un modello computerizzato in grado di decifrare i segnali cerebrali correlati alla previsione. 

Si è così osservato che vi erano due segnali principali coinvolti:

  • un primo segnale, detto di ricompensa
  • un secondo segnale, detto di azione

il primo segnale è correlato alla stima che ognuno di noi ha riguardo i valori altrui e la ricompensa effettivamente ricevuta. (quella persona è così … quindi … )

il secondo segnale è correlato tra la differenza di quanto atteso e quanto effettivamente l’altra persona fa. ( se quella persona è così … significa che si comporterà così …)

Ovvio che spesso le nostre aspettative del comportamento altrui vengono disattese. 

Per concludere c’è da affermare che il successo della ricerca, ha commentato Nakahara, è l'associazione di modelli matematici applicati alll'imaging cerebrale in particolari situazioni del comportamento umano, una metodologia che potrebbe trovare utili applicazioni nelle ricerche sulle basi neurali delle funzioni sociali.

Specie quelle basate sui pregiudizi e sulle convinzioni.

 

Sergio Audasso - Neurocounselor - Vittimologo

 


Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 04/08/2015