La stressoressia nuovo disturbo alimentare.

Chi colpisce e come difendersi.

La percentuale si alza di anno in anno in chi manifesta i sintomi della stresoressia.

Ad essere maggiormente colpite sono le donne 25 e i 45 anni,  - ma non sono le sole - laureate, con famiglia, impegnate a fare carriera e ad affermarsi professionalmente, che si nutrono di lavoro e non trovano più il tempo per mangiare e curare il proprio benessere.

Ed è proprio questo il disturbo: l’assenza di appetito dovuta allo stress.

Principalmente sono donne incapaci di staccare la spina e che si impegnano, senza riuscirvi, di conciliare la soddisfazione professionale e la famiglia.

Così accade che si mangi sempre meno, anche perché non se ne ha il tempo, incominciando, per questo motivo, a dimagrire.

Tale fenomeno, tuttavia non è compreso come fenomeno di sintomatologia relativa al cibo, anzi. In chi soffre, senza saperlo, di stressoressia, il fatto di dimagrire è elemento motivante, incoraggia a continuare sulla stessa strada e a perseguire l’obiettivo del successo, poiché l’aspetto fisico rappresenta il suo primo biglietto da visita.

La persona stressoressica tende a consumare pasti sempre più miseri o addirittura ad evitare di farli, in quanto il cibo diventa un accessorio superfluo da ignorare progressivamente.

In questo modo si determinano notevoli diminuzioni di peso e seri scompensi organici. A lungo termine gli effetti di simili comportamenti potrebbero evidenziarsi con scompensi di minerali, vitamine e malattie conseguenti.

Come difendersi?

Quando si comincia a non provare più piacere nello stare insieme ai propri cari intorno ad una tavola e a scambiarsi idee, scherzi, trovare soluzioni a problematiche domestiche, si è nella zona di allarme.

Se si è vittime di tale sensazione è bene:

guardarsi allo specchio

stabilire le proprie priorità relazionali

domandarsi se ne vale la pena.

 

Fatto questo, se ci si sente ancora vulnerabili alla sensazione di inutilità del cibo e alla stressoressia, è bene recarsi da un esperto.

 

Sergio Audasso - Neurocounselor - Vittimologo

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Articolo pubblicato il 25/08/2015