La FED lascia i tassi fermi ….. per ora

La Federal Reserve incrocia le braccia in attesa di tempi migliori

Ieri sera il FOMC (Federal Open Market Committee, braccio operativo della Fed) ha deciso infatti di lasciare invariato il costo del denaro al minimo storico, in prossimità dello zero, cioè allo 0,25%, prendendo ancora tempo a causa della crisi dei Paesi emergenti, del rallentamento dell'economia mondiale e della conseguente volatilità registratasi sui mercati.

"I recenti sviluppi dell'economia e della finanza globale possono frenare l'attività economica ed esercitare ulteriori pressioni al ribasso sull'inflazione nel breve termine", recita lo statement che accompagna la decisione di politica monetaria.

Non che la Banca più potente del mondo non avesse accarezzato l'idea di ricominciare ad alzare i tassi per la prima volta in nove anni (il costo del denaro sosta invece in prossimità dello zero dal 2008), comunque.
Nella conferenza stampa seguita all'annuncio, la Chairwoman Janet Yellen ha infatti dichiarato che nella due giorni di incontri culminata ieri sera la Fed ha discusso la possibilità di alzare il costo del denaro, ma "data la debolezza all'estero e il calo delle aspettative sull'inflazione ha preferito rimandare".

Ad ogni modo, ha poi aggiunto, l'outlook non è stato modificato in modo significativo e continua a essere previsto un miglioramento dell'economia e del mercato del lavoro americano. Per questo la "grande maggioranza" dei membri del FOMC continua a prevedere che un aumento del costo del denaro "potrà essere appropriato" entro la fine dell'anno.

La Yellen ha inoltre spiegato che la Banca Centrale americana ha deciso di prendere più tempo per valutare gli sviluppi internazionali, ma un aumento dei tassi nelle prossime riunioni, compresa quella del 27-28 ottobre, "resta una possibilità".

Quanto al mercato del lavoro e all'inflazione, due dei fattori che più pesano sulle decisioni di politica monetaria, la numero uno della Fed ha spiegato che il mercato del lavoro sta migliorando, anche se la partecipazione alla forza lavoro resta sotto il trend, mentre i prezzi sono al momento "ben al di sotto del target della Fed del 2% a causa del rafforzamento del dollaro e del declino delle quotazioni energetiche".

Intanto le statistiche USA continuano a dipingere un'economia in crescita ma con qualche passo falso. Al super PIL del secondo trimestre e ad un mercato del lavoro in buona salute (nonostante la delusione per gli occupati di agosto) si contrappongono dati allarmanti quali il calo della produzione industriale, le difficoltà del manifatturiero e il crollo della fiducia dell'Università del Michigan.

L'ultimo Beige Book, infine, ha parlato di crescita da "modesta" a "moderata" rilevando però che il super dollaro, il crollo delle quotazioni petrolifere e il rallentamento della Cina potrebbero mettere sotto pressione la manifattura americana (cosa che si sta puntualmente avverando).


Fonte: Borsaitaliana.it

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Articolo pubblicato il 18/09/2015