Settembre d'Oriente - Parte 4

Quarta e ultima tappa del nostro piccolo tour cinematografico di Settembre tra i tanti piccoli, grandi film sfornati in oriente negli ultimi anni.

Come le volte precedenti cominciamo subito sparando fuori la cartuccia migliore, in questo caso il grande Dante Lam, uno dei piu' strenui esponenti dell'action made in Hong Kong e fratello di cinepresa dei suoi connazionali Tsui Hark, John Woo e Gordon Chan; per il quale comincio' a lavorare come aiuto-regista fin dagli anni 90 in film come "Fight Back to School" e "She Starts the Fire".

Successivamente ci spostiamo ancora verso le produzioni sud-coreane, con due splendidi action/thriller ambientati nel mondo della malavita che possono, di primo acchito, sembrare molto simili ma in realtá si differenziano moltissimo nelle scelte di regia e l'evoluzione narrativa delle storie e dei personaggi.

Due film che confermano la costante ascesa della Corea del Sud in ambito cinematografico, oltre ai titoli consigliati da noi nei precedenti articoli, in una notevole e gustosissima quantita' di film di genere prodotti con ottimo mestiere e sempre capaci di osare dove la moralita' del cinema occidentale non puo' e non vuole andare oltre.

Ed ora diamoci dentro e ciak, motore e azione lasciando brillare di luce propria le tre perle orientali di cui andiamo a parlare ora.


OPERATION RED SEA (2018 - Dante Lam)
La fascinazione di Lam per gli uomini in divisa non e'certo una novita', fin dai tempi di film come "The sniper" e "Operation Mekong", quest'ultimo da noi consigliatovi nel nostro articolo "Ottobre sui generis" dell'ottobre scorso.

In questo caso il regista segue le orme del suo fratello americano Ridley Scott e il suo "Black Hawk Down", partendo da un episodio di guerra realmente avvenuto e romanzandolo in chiave action con un film che nelle quasi due ore e mezza della sua durata e' una lunga giornata di passione sul campo di battaglia.

Cominciando dall'assalto di una nave abbordata dai pirati nell'incipit, l'azione si sposta poi nello Yemen dove un gruppo di cittadini cinesi attende di essere evacuato.

Sparatorie e inseguimenti a tutto spiano, in 140 minuti fianco a fianco delle forze speciali cinesi che lottano senza quartiere per riuscire a sfangare la giornata, in mezzo a un nemico dalla soverchiante superiorita' numerica e un gruppo di civili da proteggere con ogni mezzo.

Uno spettacolo alla lunga un po' frastornante, forse, a forza di botti a tutto spiano per l'inebetito spettatore che comunque non puo' che essere affascinato dall'abilita' e la perizia del mestiere del vecchio Dante nel mettere in scena le varie sequenze.

Come per il film di Scott forse un po' ridondante il militarismo ossessivo di fondo dell'intera vicenda, comunque realistico per chi si e' mai avvicinato alla vita di caserma nelle sue gerarchie e contraddizioni; ma nonostante il quale comunque il regista non si dimentica di tracciare la fondamentale umanita' dei soldati che porta sullo schermo.

Una lunga baraonda bellica che si snoda dall'oceano nel cuore del deserto Yemenita, dalle citta' sconvolte dagli assedi e gli attentatori suicidi, a bordo di elicotteri, carri e mezzi blindati di ogni tipo, droni di assalto contro un nemico forse un po' troppo spersonalizzato ma reso comunque in maniera efficace senza cadere troppo negli stereotipi delle razze e ideologie.

Probabilmente il film piu' costoso della carriera di Lam, forse non il piu' interessante, ma senza dubbio uno spettacolo coreografico di pregevole e indiscutibile fattura, che giá da solo ripaga senza ombra di dubbio il prezzo del biglietto.


A DIRTY CARNIVAL (2006 - Yoo Ha)
Altro film del regista Yoo Ha appena reduce dal successo al botteghino di "Once Upon a Time in High School", girandola tanto cattiva quanto spettacolare di combattimenti sullo sfondo di una scuola sudcoreana, tra insegnati e studenti che si danno botte da orbi dentro e fuori l'orario di lezione.

In questo caso il regista scende piu' a terra seguendo con maggiore credibilita' le gesta quotidiane di un criminale di basso rango (ottimamente interpretato da Jo In-sung) che cerca in tutti i modi di tirare su qualche soldo per la sua piccola banda e per aiutare la sua famiglia sull'orlo dello sfratto.

Deciso a tutti i costi di fare il salto di livello nella sua organizzazione, ma con il suo capo che sembra essere poco riconoscente dei suoi sforzi, il giovane si rivolge direttamente al boss piu' anziano, nei guai a causa di un procuratore distrettuale che sembra non volergli dare tregua.

Assieme al suo braccio destro decide quindi di occuparsi personalmente della questione, riuscendo finalmente a ottenere un ruolo molto piu' redditizio all'interno della sua compagine malavitosa.

Ma quando dopo una sbronza confida l'omicidio a un suo amico sceneggiatore e regista in cerca di ispirazione, l'uomo vede la sua vita, quella dei suoi uomini e la sua famiglia in pericolo alla notizia che questi vuole addirittura farne un film.

Un plot giustamente diviso tra la violenza delle risse da strada, la brutalita' degli omicidi e le vessazioni dei malviventi contro i cittadini indifesi; contro la parte piu' personale del personaggio tra la sua famiglia, la sua "banda famiglia" e una serie di vecchi compagni di scuola con cui cena regolarmente ma che lo temono e respingono per la sua vita criminale.

Riuscita l'impresa di unire il dramma alle scene action, piene di combattimenti spettacolari a mani nude o l'arma bianca, con la dura vita dei ghetti sudcoreani e l'indifferenza e la corruzione delle forze dell'ordine, decise a mettersi in moto solo quando a essere in pericolo e la vita dell'amico regista ormai diventato una celebrita'.

Una grande piccola storia da non perdere per gli amanti dei thriller criminali e un'altra tacca incisa sulla telecamera per il sempre piu' riuscito curriculum del regista Yoo Ha.


BITTERSWEET LIFE (2005 - Kim Ji-woon)
Arriviamo probabilmente al film piu' emozionante del trittico di oggi, quello che meglio riesce a unire l'intensita' dei personaggi assieme al mirabolante mestiere action del regista dietro la macchina da presa.

Parliamo in questo caso di Kim Ji-woon, autore di fantastici horror psicologici come "Two Sisters" e "I Saw the Devil" oltre che poi di fantastiche giostre action divertenti come il fuori di testa "Il buono, il matto, il cattivo" o "The last stand", il primo omaggio orientale al cinema Leoniano e il secondo invece riuscito ritorno sugli schermi del ex "Governator" Arnold Schwarzenegger.

In questo caso abbiamo come protagonista il freddo e distaccato manager/criminale interpretato da Lee Byung-hun, braccio destro del potente boss locale e gestore di un lussuosissimo locale frequentato dalla peggiore feccia della citta'.

L'uomo sembra essere un affermato e immancabile membro della gang fino a che non disobbedisce all'ordine del capo di fare fuori la sua amante, per il quale inizialmente faceva da autista, accompagnatore e guardia del corpo.

Inizia a questo punto la dolorosa espiazione della colpa per il protagonista, rinnegato dai suoi ex compagni e lasciato alla merce' dei suoi nemici da un boss che non gli perdona la disonoratissima disobbedienza.

Spaccato criminale di rara eleganza e accuratezza, sia nelle atmosfere delle scenografie che nei tagli di luce e inquadratura con cui il regista illumina questo mondo spietato e senza calore ne' amore o compassione, un mondo dove l'unico raggio di luce e speranza e rappresentato dalla donna (anch'essa tutt'altro che incolpevole) per il quale l'uomo riesce finalmente a provare un palpito di passione.

Come detto un film che probabilmente riesce a racchiudere al meglio tutte le capacita' dell'ottimo Kim Ji-woon, con scene d'azione girate minuziosamente e con gran classe, le giuste inquadrature sui volti degli attori che con poche ma azzeccate espressioni riescono a dare la giusta carica di pathos ad una storia, altrimenti, gia' vista e rivista tante altre volte; ma riproposta coraggiosamente ancora in uno stile molto ricercato e particolare che riesce a separarla dal mucchio dei film omologhi del genere.

Uno dei maggiori e piu' interessanti registi uscito negli ultimi anni dal lontano oriente, di cui ovviamente consigliamo anche l'ultimo "L'impero delle ombre", intrigante spy story di amore e odio e tradimenti sullo sfondo dell'occupazione cinese della Corea durante gli anni venti.

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Articolo pubblicato il 30/09/2018