Finiti i bagordi delle vacanze e con la tintarella e il gran caldo che ormai sono solo piu' un ricordo, tuffiamoci nell'ormai imminente autunno facendo un giro dei cinema dall'altra parte del mondo.
Il buon caro e vecchio lontano oriente, per lo piu' ignorato dalla distribuzione di massa che pero' sforna ogni anno tanti bellissimi titoli di ogni genere: action, horror, thriller, polizieschi e cosi via.
Il nostro viaggio comincia con tre ottimi film, forse non capolavori del genere ma comunque titoli validissimi e ottimi esponenti di un mestiere cinematografico indubbiamente superiore a quello occidentale, il piu' delle volte.
Dove altrove infatti vediamo prodotti americani o americaneggianti fatti di montaggio supersonico e storielle banali dai personaggi ancora piu' banali, remake su remake di film di successo degli anni 80 e 90, prequel, sequel e reboot fiacchi di saghe storiche a cui si cerca di dare nuova linfa con un semplice e pallido copia incolla digitalizzato nella computer grafica di oggi.
Per non parlare dell'immancabile passerella di supereroi in costume a volte aggregati in film di massa come gli "Avengers" e poi ovviamente sfruttati al massimo uno per uno nei loro singoli spin-off; in quella che ormai sembra soltanto la sagra della disperazione della mancanza di idee che confluisce in un cinema senz'anima serializzato come gli hamburgher di McDonald's.
Tutt'altra linfa scorre invece nelle vene del cinema asiatico, anche in semplici film di genere come quelli che vi andremo a consigliare qui sotto; storie semplici raccontate in modo semplice ma tenendo sempre a mente il vocabolario base del cinema, l'arte del racconto per immagini; anziche' essere sbiaditi videoclip fatti in serie come i blockbuster di cui parlavamo sopra.
Ed ora senza tante altre inutili ciarle ecco a voi i tre film che vi consigliamo oggi, portati sui nostri schermi dal lontano vento dell'est dove sorge il sole ogni mattina.
THE TAKING OF TIGER MOUNTAIN (2014 - Tsui Hark)
Regista sicuramente conosciuto da chi si sia anche solo minimamente interessato al cinema orientale in vita sua, Tsui Hark e' un autore dalla filmografia infinita che comincia fin dai lontani anni 80 col famoso "Bruce Lee dalla Cina con furore".
Passato tra alterne vicende come il bellissimo "A better tomorrow 3", seguito dei famosi film diretti dall'immarcescibile collega cinese John Woo; la sua personale trilogia di "Once Upon a Time in China", anch'essa ormai un cult per i fans del regista; per poi arrivare ai caciaroni (seppur divertentissimi) "Double team" e "Hong Kong colpo su colpo" con Jean Claude Van Damme, all'epoca all'apice della sua fama di muscolo di Bruxelles macinasoldi nei cinema.
Con questo suo "Tiger Mountain" torniamo piu' alle origini, con storie raccontate in un ritmo piu' rilassato che da il giusto tempo e spazio all'evoluzione e i rapporti tra i vari personaggi.
Una sceneggiatura che si basa su un fatto storico raccontato in maniera romanzata nello stile di Tsui Hark, capace di dare al solito un afflato epico al manipolo di soldati protagonisti di questo episodio bellico di frontiera.
Soldati che sono alla ricerca del nascondiglio del cattivissimo Lord Hawk, criminale spietato alla testa di un esercito di malviventi arroccati nel ex rifugio militare di Tiger Mountain.
Una volta scovato il criminale, grazie all'aiuto di alcuni paesani sfruttati e maltrattati dai delinquenti, l'impresa di espugnare il rifugio sembra impossibile.
Sara' poi grazie al coraggio di un soldato che, contravvenendo agli ordini del suo capitano, decide di infiltrarsi tra le fila di Lord Hawk per fungere da Cavallo di Troia della sua distruzione.
Un film che ha il vecchio sapore eroico ma umano di "Quella sporca dozzina", col piccolo gruppo di soldati e infermierina al seguito rifugiati tra i poveri paesani allo stremo delle forze, causa clima dal freddo implacabile e le continue violenze e prepotenze degli uomini di Hawk.
Semplicemente divine tutte le (numerose) scene d'azione, dirette con la solita spettacolarita' ormai navigata di Tsui Hark ma anche sempre con una telecamera posizionata a livello umano, nelle fatiche e sofferenze quotidiane di ogni singono personaggio; costretto a continuare una lotta che sembra gia' disperatamente persa in partenza.
Assolutamente fuori di testa e visivamente quasi fantasy la parte nel rifugio di Tiger Mountain, con una serie di cattivi in costume, comicamente decisi a farsi le scarpe a vicenda e tutti terrorizzati da Lord Hawk e il suo micidiale falco assassino, capace di condannare a morte chiunque per la minima ripicca o insofferenza.
Un altro ottimo film del genietto cinese di cui recentemente abbiamo apprezzato gli ottimi capitoli della saga del "Detective Dee", di cui per merito parleremo a parte sicuramente in altri articoli futuri.
THE BERLIN FILE (2013 - Seung-wan Ryoo)
Regista non di lungo corso come il precedente, ma comunque molto apprezzato per l'ottimo connubio di dramma e azione in film come "Crying Fist - Pugni di rabbia" oppure "City of Violence".
Seung-wan Ryoo sforna nel 2013 questa piccola chicca action/spy story che non ha nulla da invidiare alle piu' pompate (e pompose) produzioni come l'infinita saga di "007" o altri epigoni simili come "Jason Bourne".
Una storia che parte da un affare tra trafficanti andato in malora e una spia nordcoreana coinvolta suo malgrado in un quadruplo gioco mortale tra i servizi del nord e del sud della Corea, il Mossad israeliano e gli avvoltoi americani della CIA.
Accusato di tradimento dai suoi stessi datori di lavoro, l'uomo capisce di non potersi fidare piu' di nessuno, neppure della moglie stessa che pare abbia venduto informazioni riservate sui contatti dell'agenzia coreana in quel di Berlino.
Un film che alterna sapientemente coreagrafate e articolate scene action ai dialoghi dal montaggio serrato tra i vari capoccioni dei servizi segreti.
Un parco personaggi disposto a calpestare qualsiasi cosa pur di perseguire i propri scopi, infangare poveri innocenti cosi come difendere gli interessi di terroristi e guerrafondai.
Una rappresentazione perfetta anche se in salsa quasi completamente orientale (gli attori sono quasi tutti coreani) ma perfettamente credibile anche se ambientata a Berlino.
La citta' ex simbolo della divisione dell'est e l'ovest, vertice ultimo delle forze che si abbattono sulla sfortunata carriera del giovane spione interpretato dal solito, bravissimo Ha Jung-woo; gia' tra i protagonisti dell'ottimo "The Handmaiden" che vi avevamo consigliato in tempi non sospetti.
Una storia che non risparmia nessuno, politici, poliziotti e militari di qualsiasi grado e bandiera; tutti beatamente a nuoto nel lercio e corrotto mondo dei segreti garantiti dallo stato; tutti senza coscienza ne' remore per le loro azioni e sempre pronti a nascondersi dietro il ditino della "sicurezza nazionale".
Un film perfetto per passare un paio di orette movimentate tra inseguimenti e sparatorie, saggiamente alternate al dipanarsi di una sceneggiatura dove tutti tradiscono tutti e il fine giustifica sempre qualsiasi tipo di mezzo.
NEW WORLD (2013 - Hoon-jung Park)
Da sceneggiatore per il precedente collega di cui sopra, Seung-wan Ryoo, di cui fu la penna per l'apprezzatissimo giallo/poliziesco "The Unjust"; Hoon-jung Park si lancia nella sua seconda regia dopo il suo esordio in costume con "The Showdown" pochi anni prima.
Tutt'altro genere rispetto al precedente questo "New World", sicuramente debitore a film come le saghe Yakuza di Kitano sulla malavita ormai organizzata come una normalissima azienda, tra riunioni e noiose votazioni sugli ordini del giorno.
Un'azienda dove pero' al momento sbagliato e facile affogare nel sangue, come scopre un giovane "numero due" di un boss locale alla morte del capo dei capi delle varie fazioni.
Una morte che lascia vacante un posto al vertice, un posto ambito da tutti e per il quale i piu' spietati hanno gia' il dito sul grilletto pronto a stroncare sul nascere ogni minima pretesa al trono.
Il giovane di cui sopra (Lee Jung-jae) e' pero' in realta' un agente infiltrato da lungo tempo, sfruttato dai suoi capi senza alcuna via d'uscita all'orizzonte.
Braccato dalla stessa polizia che non vuole mollarlo da un lato e in mezzo a una imminente guerra per il potere dall'altra, il poliziotto si trova tra due fuochi nell'epicentro del terremoto, vicinissimo a uno dei membri delle gang piu' folli ma anche desideroso di salire al comando, contro tutti e contro tutto.
Un film incredibilmente elegante, nonostante la violenza sanguinaria di alcune scene, come la guerra tra gang coltellacci alla mano a orde infinite dentro un parcheggio; nonostante cio' anch'essa quasi poetica e commovente nel suo sviluppo e inevitabile epilogo finale.
Splendida la "freddezza" professionale che la fotografia e il montagggio riescono a infondere a ogni scena, in esterni o in interni, durante scene con una semplice inquadratura fissa cosi come le sopracitate (poche ma buone) e sanguinose scene d'azione.
Perfetto nella sua parte il boss del poliziotto, l'antipatico ma simpaticissimo Choi Min-sik, ex faccia nota anche al pubblico occidentale dopo il successo internazionale di "Old boy", convinto di avere in mano tutte le pedine giuste ma che dovra' poi ricredersi con l'aumentare della marea rosso sangue nelle spietatissime stragi del finale.
Un altro esempio del cinema coreano che mette la freccia e sorpassa molti dei colleghi hollywoodiani, nello stile di regia cosi come la messa in scena impeccabile e non ultima anche l'ottima recitazione degli attori, come detto Min-Sik e Lee Jung-jae su tutti.
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Articolo pubblicato il 09/09/2018