Neri Marcorè al teatro Colosseo a Torino

Lunedì 18 e martedì 19 gennaio con "Quello che non ho"

Nel 1963 con "La rabbia" poema filmico che intreccia analisi politica a vibrante invettiva, Pier Paolo Pasolini costruisce una personale visione del mondo di quegli anni insieme lucida e beffarda, affettuosa e spietata. Racconta un'epoca di grandi utopie, di boom economico ma pure l'inizio, almeno in embrione, di "una nuova orrenda preistoria", figlia del consumismo più sregolato e della distruzione dell'etica e del paesaggio; un mondo che corre ciecamente verso la modernità e che fatica a coniugare sviluppo e progresso.

Da questa libera ispirazione nasce “Quello che non ho”, uno spettacolo, in scena lunedì 18 e martedì 19 gennaio 2016 alle ore 21 nel teatro Colosseo di via Madama Cristina 71 a Torino, che cerca di interrogarsi sulla nostra epoca, in equilibrio instabile tra ansia del presente e speranza nel futuro. Saranno storie emblematiche, quasi parabole del presente, che raccontano (anche in forma satirica) nuove utopie, inciampi grotteschi e civile indignazione. A questo tessuto narrativo si incroceranno le canzoni di Fabrizio De Andrè, poesie in musica che passano dalle ribellioni, le beffe, le ballate e i sarcasmi giovanili, alla provocazione politica e alla visionarietà dolente delle "anime salve" e dei perdenti contemporanei.
 
Nelle ultime stagioni Neri Marcorè ha molto frequentato il teatro musicale, esplorando Gaber e i Beatles e costruendo spettacoli che guardano sia al teatro civile che alla bizzarra giocosità del surreale. Con Quello che non ho siamo di fronte ad un anomalo, reinventato esempio di teatro canzone che, ispirandosi a due giganti del nostro recente passato (De Andrè e Pasolini) cerca di costruire una visione personale dell'oggi. Un tempo nuovo e in parte inesplorato in cerca di idee e ideali.

“Come può un artista, un intellettuale, raccontare a chi non l’ha vissuto, cosa è stato il nostro tempo? Una volta chiesero a un direttore d’orchestra, Furtwangler: “Quanto dura il concerto di Mozart che lei dirigerà stasera?” E il direttore rispose: “Per lei dura quarantadue minuti, per chi ama la musica dura da 300 anni”. Stiamo producendo orrori e miserie, ma anche un tempo dentro al tempo fatto di opere meravigliose, quadri, musica, libri e parole. Eredità e testimonianza della civiltà umana sono le frasi di Leonardo: “seguiamo la fantasia esatta”, di Mozart “siamo allievi del mondo”, di Rameau “Trovo sacro il disordine che è in me”, di Beckett “non siamo che figura e sfondo”, di Monet “voglio un colore che tutti li contenga” fino alle utopiche provocazioni di Pasolini “E’ venuta ormai l’ora di trasformarsi in contestazione vivente”.

 

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Articolo pubblicato il 17/01/2016