Parlare un’altra lingua cambia la personalità

La lingua che si parla modella il cervello.

Quanto la lingua madre o la lingua appresa influenza la personalità?

A sentire i ricercatori internazionali su questo argomento si direbbe molto.

Alcuni ricercatori dell’Università del Texas hanno fatto una scoperta: i soggetti bilingue cioè gli ispanici – inglesi (USA) diventano più sicuri di sé quando parlano in inglese (USA).

Assumono caratteristiche tipiche della cultura statunitense.

I ricercatori hanno dimostrato che “Quando i partecipanti parlavano in inglese, le loro risposte indicavano maggiore sicurezza di sè e una tendenza a pensare al conseguimento di determinati obiettivi.
Tratti che si rispecchiano negli ideali individualisti degli Stati Uniti molto più che nella cultura messicana, basata sul gruppo, spiega il ricercatore Nairan Ramirez-Esparza.”

Sarà per questo motivo che l’inglese è la lingua più utilizzata negli ambienti aziendali? NdA

L’idea che una lingua cambi la personalità ha radici antichissime. Già nell'800 d.C., Carlo Magno sosteneva che colui che conosceva due lingue, possedeva una doppia anima.

In un articolo pubblicato su The Economist, si cita di un'intuizione di Benjamin Lee Whorf, un linguista statunitense morto nel 1941, il quale sostenne per primo il rapporto fra idioma e visione del mondo e da allora molti studi sull’argomento sono stati effettuati.

Kheit Chen, economista statunitense, in una sua ricerca, fa notare come nel linguaggio cinese non esistano termini verbali per identificare il futuro.

Cosa comporta tutto ciò? I cinesi hanno una propensione al risparmio del 30% superiore ad altre culture che possiedono forme verbali indicanti il futuro. 

Se il futuro è definibile cognitivamente, è lontano dal presente. Questa distanza porta a risparmiare meno. Per la mente c'è tempo prima che arrivi il futuro.

Altra considerazione dimostrata da studi comportamentali risulta essere che, il padroneggiare una seconda lingua, permette di riuscire ad elaborare risposte e capire più velocemente qual è la scelta giusta in una situazione di conflitto. 

Sul versante della moralità invece, se si parla costantemente una seconda lingua, differente cioè dalla lingua madre, vengono meno gli scrupoli morali legati culturalmente alla prima lingua appresa.

Se nella lingua madre esistono concetti simbolo/ morali (vestirsi, manifestare le emozioni, regole galateo, ecc) che mai verrebbero infranti, ma nella seconda lingua, parlata quotidianamente tali concetti sono ribaltati nel loro simbolismo, scompare il senso di colpa nell’agire contro tali concetti.

Se ne deduce che come parliam, così è il nostro modo di visione del mondo e della vita. 

E se cambiassimo le nostre parole quotidiane più utilizzate, cosa accadrebbe nella nostra vita?

 

Sergio Audasso -  Psicosomatista &  Vittimologo

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Articolo pubblicato il 08/03/2016