Pensiero accelerato parte 2

Un disturbo nascosto e veicolato

 

Il pensiero accelerato ha, in ambito scientifico, un suo nome specifico: tachipsichismo.

Rientra tra i disturbi formali del pensiero. Significa che il disturbo colpisce la forma e il ritmo della creazione del pensiero senza intaccarne il contenuto.

Il  tachipsichismo rappresenta, e passatemi il neologismo, un “cognitodromo” dove le idee e i contenuti ideativi si inseguono al pari dei bolidi in un gran premio di formula 1.  

Conseguenza? Comunicazione inefficace, causa l’eccessiva produzione di idee tanto da ingorgare, fino al blocco totale, l’azione verbale. Ma c’è di più.

Nel tachipsichico la produzione e il consumo di energia sono rapidi: di conseguenza, le cellule cerebrali sono ricche di neurotrasmettitori a basso peso nelle giunzioni sinaptiche, la velocità nella formazione delle neuro associazioni diviene più rapida, e quindi la modalità del pensiero, è notevolmente accelerata. 

I cambiamenti ai quali siamo stati sottoposti dalla tecnologia, l’accelerazione dei ritmi stimolo / risposta, la modificazione del nostro vissuto temporale (tutto subito), l’impazienza legata alle aspettative temporali, il dirottamento delle nostre funzioni cognitive verso un’idea di velocità e di distrazione dal presente, la costruzione del senso di mancanza e, per finire, della paura, sono solo alcune delle cause del pensiero accelerato.

Il senso si mancanza e il diffondere la paura ampliano il tachipsichismo.

Il disagio e la paura provocano da una lato la ricerca immediata di una soluzione e dall’altro tachicardia con distorsione della visione della realtà (vedi mio articolo; il cuore può impedire al cervello di vedere) quando le due accelerazioni entrano in sintonia.

Se si ha distorsione della realtà non si pensa, si è pensati.
Ed è una delle tecniche migliori di manipolazione di massa utilizzate.

Con il tachipsichismo viene rubato il tempo e il pensare.

Ricordo che la fretta è il pane dell’ansia.

La cura?

Riappropriarsi del nostro tempo, stabilire le priorità,
discernere tra ciò che è urgente e tra ciò che è importante,
pensare un po’ a noi stessi per amare di più gli altri,
smettere di essere vissuti rincorrendo il prossimo impegno ma cominciare a rivivere la nostra vita. 

Tutto questo per non fare la fine di molti umani descritti dal mio amato filosofo Kierkegaard che dice:

“Gli uomini hanno il dono della parola non per nascondere i pensieri,
ma per nascondere il fatto che non li hanno.

 

 

Sergio Audasso - Neurocounselor.

 

 


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Articolo pubblicato il 27/05/2016