Nella mente dei creativi

Come un mal funzionamento mentale ci rende geniali.

 

Il cervello possiede delle caratteristiche in grado di salvaguardare la nostra incolumità.

Una di queste è l’inibizione latente.

L’inibizione latente rappresenta la capacità di filtrare e bloccare gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno come le informazioni. Quelle ritenute irrilevanti per la sopravvivenza vengono catalogate come  inutili dal cervello quindi, saranno ignorate e poste al silenzio. 

L’inibizione latente è estremamente utile al cervello, Il suo discrimine determina l’affollamento o meno delle informazioni presenti e mantenute nella memoria a breve termine. Tale caratteristica protegge la nostra incolumità mentale.

Cosa accade se l’inibizione latente funziona poco? 

In una persona a quoziente intellettuale normale può, nella stragrande maggioranza dei casi, trasformarsi in psicosi.

Diverso invece se il basso livello di inibizione latente lo si trova in un individuo con ampia capacità mnemonica. In questo caso saremo di fronte ad un genio creativo.

Le persone in grado di cambiare il modo di pensare o di vivere dell’umanità grazie alla loro creatività  possiedono  tutte un basso livello di inibizione latente associato  ad un quoziente intellettivo elevato e alla capacità di pensare contemporaneamente a cose diverse.

Per tale ragione, le personalità creative, risultano possedere una mente più incline a filtrare meno le informazioni esterne.

Conseguenza di ciò possono avere visioni, alterazioni cognitive, sbalzi di umore simili ad una sintomatologia schizoide. 

La complessità ed il risolvere problemi all’apparenza incoerenti, fino talvolta, all’ossessione sono elementi essenziali specifici di una persona creativa.

Tuttavia, questo tipo di caratteristiche, fanno emergere la capacità di creare nuove idee.

Il prezzo a cui sono soggetti i creativi con livelli di inibizione latente bassa è la tendenza a sperimentare disturbi dell’umore come ha dimostrato il Dr. Kay Redfield Jamison, scrittore e psichiatra all’Università Johns Hopkins a Baltimora.

 

 

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Articolo pubblicato il 04/06/2016