Racconto: " Ave Caesar! Morituri te salutant"

Dalla finzione alla realtà il passo è breve

Ave Caesar! Morituri te salutant

Lou Williams aveva sfondato con il suo mestiere di regista.
I film in costume erano andati forte negli anni '50, quando tutta Hollywood pareva si fosse trasferita a Roma per girarli, il più noto dei quali era il film vincitore di numerosi premi Oscar "Ben Hur". 

Col passare degli anni però i film "Peplum" erano scaduti in lungometraggi di serie b, come quelli con Steve Reeves nei panni di Maciste. Erano tramontati i tempi in cui i film storici facevano cassetta, e la gente preferiva quelli della “ Nouvelle vague” francese, gli italiani veristi e di Federico Fellini che vendevano molto bene anche all' estero. Poi cominciarono quelli del “ Costume all' italiana” che diedero notorietà e tanti soldi ad Alberto Sordi, Marcello Mastroianni e Ugo Tognazzi, e fecero epoca nelle sale italiane negli anni '60 e parte degli anni '70.

Lou andava all' Harry's bar di Via Veneto e a Trastevere a cena, ma non era nemmeno più riconosciuto dai suoi fans del passato.

Con uno scatto d'orgoglio passò a filmare spot pubblicitari, dove sperava di dire ancora la sua perchè, in fondo, era un bravo regista.

Nell'ultimo spot girato, aveva organizzato una scena in cui un gladiatore ne uccideva un altro per pubblicizzare un dopobarba, alla presenza dell' imperatore in ottime condizioni di forma e dall' aspetto fisico gagliardo ed invitante per molte donne. Gli era stato richiesto dallo sponsor della pubblicità il massimo realismo possibile, e così il regista si diede da fare per accontentarlo. Non poteva permettersi di fallire, compromettendo il suo futuro diventato già incerto con i chiari di luna di quegli anni, diventati normali nel mondo della celluloide.

Come da copione, il gladiatore vincente avrebbe dovuto chiedere il responso sul destino dell' avversario all'imperatore che, perfettamente rasato e profumato, non avrebbe concesso clemenza al perdente ... per lui, un  povero gladiatore con la barba incolta e sporco di terriccio. La scena si sarebbe dovuta concludere con un tripudio di folla per la decisione fatale dell' imperatore, che sfoggiava il suo bel viso perfettamente rasato e radioso, esaltando così il prodotto pubblicizzato.

Qui avvenne un fatto raccapricciante: alla scena finale dello spot, nel corso del combattimento al gladiatore vincente era stato messo in mano un gladio vero al posto di quello scenico di legno, e la ferita prodotta sull' avversario era reale. Il regista aveva incautamente supposto che gli attori non avrebbero colpito l' avversario vibrando colpi troppo forti e che, facendo usare un' arma tagliente, la eventuale ferita prodotta sarebbe stata leggera rendendo più realistica la scena, aumentando così l' interesse degli spettatori. Il fendente portato da uno dei due invece era stato letale. Il morituro venne trasportato in ospedale, ma qui morì dissanguato.

Naturalmente il fatto ebbe gravi ripercussioni - anche penali - per il regista che non venne perdonato sia dalla società che per quanto riguarda il prosieguo della sua già lunga ed accidentata carriera. Lou era già pronto per filmare un altro spot in cui doveva girare una scena di una battaglia, ma si dovette fermare in quanto era stato sottoposto a fermo cautelare. Il contratto sarebbe stato comunque rescisso anche nel caso di ferite superficiali: il rischio di vedere un eccidio era reale nel momento clou dello scontro, e nessuno avrebbe più scommesso un soldo bucato sul regista troppo realistico, e così assetato di successo da diventare un uomo privo di scrupoli. 

Si, Lou Williams era stato un bravo regista di film, ma fino a quando non dimostrò la vera natura del suo essere.

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Articolo pubblicato il 18/01/2017