Stabat Mater. Creazione per sei voci e un duomo – Faber Teater e Antonella Talamonti

Inserito nella rassegna “Laudes Paschales”, il concerto-spettacolo è un commovente viaggio tra i lamenti di dolore di diverse tradizioni pasquali italiane

Entrare in un luogo peculiare come la Real Chiesa di San Lorenzo di Torino con la (non) luce serale ha già di per se un potere di suggestione unico; entrarvi e ascoltare sei voci che ne fanno vibrare gli spazi, accompagnando l’ascoltatore in un altro territorio, sfiora la magia.

E’ questo ciò che è accaduto ai numerosi spettatori-ascoltatori che lo sorso martedì 11 aprile hanno avuto il privilegio di essere presenti nella chiesa torinese per Stabat Mater. Creazione per sei voci e un duomo del gruppo teatrale chivassese Faber Teater e Antonella Talamonti.

Inserito nella decennale rassegna delle Laudes Paschales, appuntamento seguito con partecipazione dai torinesi per prepararsi all’arrivo della Pasqua, Stabat Mater è un’esperienza acustica studiata per muovere le emozioni dell’ascoltatore attraverso il suono. Centrale il tema del dolore, fondamentale per la cultura cattolica, che la Settimana Santa permette di contemplare, di viverlo collettivamente.

Antonella Talamonti, autrice delle musiche e della drammaturgia musicale, grazie a un lavoro di ricerca, studio e registrazione delle varie declinazioni dei “riti” delle Settimane Sante in diverse zone d’Italia, facendo proprio il concetto di trasformazione di luoghi quotidiani in funzione di queste celebrazioni collettive, ha concepito un’esperienza in cui il singolo potesse condividere il proprio dolore con la comunità, in assenza di solitudine, per viverlo, superarlo e riprendere a vivere, la stessa idea della rinascita insita nella festività della Pasqua.

Le musiche sono tutte originali composizioni di Antonella Talamonti; i testi, insieme ai due della tradizione liturgica, il Miserere e lo Stabat Mater di Jacopone da Todi, sono ripresi da tradizioni diverse, sempre in riferimento alla Settimana Santa, e includono: Sette Ispadas de Dolore, della tradizione sarda, due canti dell’arbereshe, la lingua degli albanesi trapiantati in Italia nel XV secolo, il Crucifige in volgare sempre di Jacopone e un brano originale di stringente attualità, sulle madri dolorose della guerra che si vedono quotidianamente. Lo spettacolo è stato infatti dedicato alle vittime della Siria.

Stabat Mater, scritto nel 2007 per essere eseguito nel Duomo di Chivasso, è stato portato nel corso degli anni in diverse location (tra i quali una fattoria e una grotta), studiando l’acustica del luogo, provando il repertorio e spostando le direzioni del suono a seconda di come rispondevano i diversi spazi e del certo tipo di atmosfera che si intendeva evocare con i vari pezzi. Stabat Mater è dunque opera di due parti, i cantori e i compositori da una parte e, in questo caso, la chiesa come cassa armonica dall’altra. Anche con l’intento di conoscere un edificio non per le sue pietre o la sua luce ma per come suona, idea che si è unita al desiderio di far fare un’esperienza emotiva di risoluzione del dolore; un rito condiviso tra i celebranti (i cantori) e gli ascoltatori, dove lo spazio è protagonista quanto la musica.

 

I sei cantattori di Faber Teater, Marco Andorno, Francesco Micca, Lodovico Bordignon, Sebastiano Amadio, Paola Bordignon e Lucia Giordano, ottimi interpreti dalle eccellenti doti vocali, nella triplice veste di mediatori di esperienza, officianti del rito e tramiti del suono hanno celebrato questo speciale cerimoniale inserendosi nello spazio con le loro voci; dapprima non visibili agli spettatori, partendo dal coro si sono poi spostati in diversi ambienti dell’edificio sacro, dall’altare al corridoio centrale, dal pulpito alle cappelle laterali, sino alla coinvolgente chiusura nel vestibolo antistante la chiesa, dove gli ascoltatori sono stati raccolti passando per un corridoio di voci. Il movimento dei cantori ha fatto sì che il suono avvolgesse chi ascoltava per un’esperienza interiore e spirituale, profondamente emozionale ed emozionante. Anche per i non credenti. 

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Articolo pubblicato il 16/04/2017